L’Italia si trova ad affrontare una crisi demografica senza precedenti, con un tasso di natalità ai minimi storici e una popolazione destinata a diminuire drasticamente nei prossimi decenni. In questo scenario, il governo Meloni ha adottato una serie di interventi per stimolare la crescita demografica e supportare le famiglie, ma tra promesse, incentivi momentanei e provvedimenti insufficientemente coordinati, il quadro complessivo resta frammentato e confuso. Giancarlo Giorgetti sta ora tornando sull’argomento con nuove proposte, che vogliono essere più strutturali, ma dietro ci sono ancora molte incertezze.
La proposta di giancarlo giorgetti sulle detrazioni fiscali per le madri
Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia, ha rilanciato lo slogan “meno tasse a chi fa figli” con una proposta concreta inserita nella nuova legge di Bilancio. L’idea è quella di introdurre una “super detrazione” per le madri, che parta da 2.500 euro per il primo figlio e cresca fino a 5.000 euro per ogni figlio successivo. Si tratterebbe quindi di un aiuto fiscale consistente, pensato per alleggerire il carico economico sulle famiglie con figli. Questa iniziativa era già stata discussa per l’anno scorso sotto forma di un “quoziente familiare” per le detrazioni, che però non era entrata in vigore per motivi di budget .
Un approccio più strutturale per l’offerta di lavoro femminile
La differenza con il precedente progetto sta nell’effetto atteso sull’offerta di lavoro femminile. In una recente audizione, Giorgetti ha sottolineato la volontà di adottare un approccio più “strutturale, integrato e lungimirante”, con misure semplificate che accompagnino le famiglie. A suo avviso, questa “super detrazione” potrebbe incentivare le donne a rientrare o restare nel mercato del lavoro, diversamente dal quoziente familiare sull’Irpef che avrebbe avuto l’effetto contrario, scoraggiando in parte l’occupazione femminile.
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Restano però dubbi su come trovare le risorse necessarie e su come questa misura si integrerà con i provvedimenti già in vigore. Serve attendere ulteriori sviluppi, ma la proposta rappresenta un tentativo di consolidare un supporto più stabile per la natalità, a differenza delle iniziative temporanee sperimentate finora.
Incentivi temporanei e politiche poco coordinate: gli interventi del governo meloni finora
Le politiche fin qui adottate dal governo Meloni contro la denatalità mostrano una mancanza di coordinamento e continuità evidente. Con qualche eccezione, come l’adeguamento dell’Assegno unico per i figli all’inflazione e l’aumento dei fondi per nuclei più fragili o numerosi, la maggior parte degli interventi si è basata su incentivi sporadici e dai risultati discutibili.
L’iva sui prodotti per l’infanzia: un taglio temporaneo e inefficace
Nel 2023, ad esempio, il governo ha abbassato l’Iva su latte per l’infanzia, pannolini e seggiolini per auto passando dal 22% e 10% al 5%. L’operazione, dal costo di circa 180 milioni di euro, aveva un forte impatto mediatico ma è durata poco: nel 2024 l’Iva è tornata sui livelli precedenti. Le ragioni addotte hanno riguardato il fatto che lo sgravio non era arrivato pienamente alle famiglie, ma solo in parte trattenuto dalle aziende produttrici.
Questa decisione ha creato un cortocircuito, perché su altri beni, come le opere d’arte o le ostriche, l’Iva è stata ridotta o mantenuta bassa, mentre prodotti essenziali per i bambini sono stati trattati come beni di lusso. Il risultato è stata una percezione di incoerenza nelle scelte fiscali, senza che le famiglie più bisognose riuscissero a beneficiare davvero.
Accanto a queste misure, si sono viste “bandierine” sparse qua e là, con provvedimenti annunciati e poi rapidamente modificati o cancellati. La sensazione è che gli incentivi finora siano serviti più a fare notizia che a incidere sulle scelte delle famiglie.
La marcia indietro sulla decontribuzione e i continui cambiamenti delle agevolazioni per le madri lavoratrici
Uno dei capitoli più travagliati delle politiche di sostegno alla natalità riguarda le agevolazioni per le lavoratrici con figli. Nel 2024, la legge di Bilancio ha introdotto una decontribuzione per le madri con almeno due figli, che avrebbe comportato il taglio integrale dei contributi fino a un tetto di 3 mila euro l’anno, con un beneficio reale calcolato di circa 1.700 euro annui. Questa misura avrebbe dovuto durare un anno per chi ha due figli e tre anni per chi ne ha tre.
Modifiche improvvise al sostegno per le madri lavoratrici
Pochi mesi dopo però, il governo ha modificato drasticamente questo provvedimento. Il ministro del Lavoro Marina Calderone ha annunciato la sostituzione della decontribuzione con un bonus di 40 euro mensili, erogato in un’unica rata a dicembre, che si traduce in 480 euro annui contro i precedenti 1.700. La modifica è stata comunicata a metà anno e riguarda solo le lavoratrici con due figli, escludendo quelle con tre. Il prossimo anno invece dovrebbe tornare la decontribuzione, ma il valore e le modalità restano ancora un’incognita.
Questi repentini cambiamenti allontanano la possibilità di costruire un sistema solido di sostegno al lavoro femminile e alla genitorialità. Aggiungono confusione e rendono difficile programmare per le famiglie, che si trovano a dover seguire provvedimenti che cambiano di anno in anno, senza un disegno preciso e duraturo.
Il contesto demografico italiano, tra numeri in calo e previsioni preoccupanti
Il dato più grave resta senza dubbio quello demografico. Nel 2024, il tasso di natalità italiano è sceso a 1,18 figli per donna, il minimo storico. Allo stesso tempo, il numero delle donne in età fertile si riduce ogni anno. Nel 2023 sono nati appena 370 mila bambini, quasi 200 mila in meno rispetto al 2008.
I dati Istat indicano che la popolazione nazionale minerà da 59 milioni di abitanti attuali a circa 54,8 milioni entro il 2050. Si tratta di una contrazione che potrebbe avere ripercussioni profonde sull’economia, sulle pensioni, ma anche sulla società nel suo insieme.
Negli ultimi anni molti paesi europei e non hanno investito in programmi di supporto a famiglie e natalità. I risultati però non sono sempre stati all’altezza delle aspettative, segnalando come il fenomeno sia complesso e influenzato da molte variabili.
In Italia, la difficoltà a costruire una risposta continua e organica penalizza ulteriormente le famiglie che si trovano a fare i conti con un sistema fiscale mutevole e con agevolazioni che cambiano con il vento politico.
Un sistema di incentivi instabile riduce l’impatto delle politiche per la natalità
L’esperienza italiana dimostra che misure temporanee e bonus annunciati ogni anno non bastano per invertire la tendenza al calo delle nascite. Le famiglie tendono a fare i figli nei momenti in cui sono già pronte, e questi incentivi spesso agiscono solo come un premio per decisioni già prese.
L’alternanza di regole, il poco coordinamento tra trasferimenti diretti, servizi e supporto al lavoro femminile, impedisce di costruire una rete che faciliti davvero la genitorialità nel lungo periodo. Senza stabilità le famiglie rischiano di restare in un limbo, pesano insieme ai costi crescenti senza ricevere certezze dalle istituzioni.
La situazione italiana resta quindi un banco di prova sulle difficoltà che comporta far fronte al cambiamento demografico con strumenti frammentati e poco collegati. Mancano segnali chiari di una politica organica e duratura che possa aiutare le donne e le famiglie nel momento centrale della loro vita.