Giovani italiani: meno della metà nutre speranza nel futuro tra crisi economica e incertezze lavorative

Giovani italiani: meno della metà nutre speranza nel futuro tra crisi economica e incertezze lavorative

Un’indagine dell’Università Cattolica per l’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo evidenzia il calo della speranza tra i giovani italiani, soprattutto donne e residenti nel Nord-Est, influenzato da crisi economica e lavoro.
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Un’indagine dell’Università Cattolica rivela che meno della metà dei giovani italiani tra 18 e 34 anni guarda al futuro con speranza, soprattutto le donne e chi vive nel Nord-Est, con lavoro e volontariato che aumentano il sentimento di fiducia. - Gaeta.it

I giovani in Italia faticano a guardare al futuro con fiducia. Una realtà che emerge da una recente indagine condotta dall’Università Cattolica per l’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo, che ha analizzato i livelli di speranza tra i 18 e i 34 anni. Le tensioni internazionali, la crisi economica e le difficoltà nel trovare un lavoro stabile influiscono pesantemente su questo sentimento. I dati mostrano un quadro a tratti preoccupante, soprattutto per le giovani donne e per chi vive nel Nord-Est del paese. L’indagine si collega a tematiche importanti, come quelle affrontate dal Giubileo 2025 promosso da Papa Francesco.

Speranza tra i giovani: un sentimento in calo, soprattutto tra le donne

L’indagine ha rivelato che meno della metà dei giovani italiani si sente speranzosa sul futuro. Questa percentuale si riduce ulteriormente tra le ragazze. Elena Marta, docente di psicologia sociale all’Università Cattolica, ha sottolineato come questo dato sia particolarmente significativo, dato che la fascia d’età analizzata coincide con un periodo in cui normalmente si nutrono sogni e progetti per la vita. Il calo della speranza ha un riflesso diretto sul benessere psicologico, emotivo e sociale dei ragazzi. Chi si dichiara più speranzoso riferisce un livello di soddisfazione complessivo più alto rispetto a chi mostra pessimismo o sfiducia. Il dato va dunque letto come indicatore di uno stato di disagio che supera la semplice delusione e impatta sulla qualità della vita quotidiana.

La ricerca ha coinvolto 2001 giovani italiani, ascoltati tra il 17 febbraio e il 3 marzo 2025. La raccolta dati ha permesso di confrontare le risposte per genere, area geografica e ruolo lavorativo, mettendo in luce differenze persistenti ma non sempre evidenti nelle statistiche ufficiali.

Differenze geografiche: il nord ovest più speranzoso, il nord est meno ottimista

Analizzando le risposte dei giovani rispetto all’area di residenza, emerge un quadro in cui il Nord-Ovest si distingue per una percentuale leggermente più alta di giovani che dichiarano di sentirsi molto speranzosi, con un 47,6%. Seguono il Sud e le isole , il Centro e, infine, il Nord-Est . Le differenze sono contenute ma indicano una certa variabilità nella percezione del futuro, dove proprio il Nord-Est – che in passato si è mostrato come zona più prospera – sembra oggi meno fiducioso.

Questo risultato mette in discussione l’idea diffusa che il benessere economico attuale si traduca sempre in ottimismo per il domani. Nel Nord-Est, infatti, una serie di fattori economici e sociali recenti, come la stagnazione di alcune attività produttive e i cambiamenti nei mercati del lavoro locali, potrebbero influire sulla minore fiducia verso il futuro.

Al Sud, la speranza sembra essere poco diversa che altrove, nonostante sia tradizionalmente considerata una delle aree con maggiori difficoltà economiche e sociali. Questo potrebbe suggerire che la presenza di comunità più strette o reti di supporto sociale svolga un ruolo nel mantenere viva una certa speranza, anche in contesti più complicati.

Lavoro e volontariato: elementi che influenzano il sentimento di speranza

Il rapporto tra attività lavorativa e speranza appare centrale nei dati emersi. I giovani che hanno un lavoro mostrano punteggi medi più elevati nella scala della speranza rispetto a chi è disoccupato o inattivo. L’occupazione non solo rappresenta una fonte di reddito, ma contribuisce anche a costruire un senso di appartenenza, identità e prospettiva sul futuro.

L’analisi ha evidenziato un ulteriore elemento: il ruolo del volontariato. I giovani che svolgono attività di volontariato, sia continuativa sia saltuaria, presentano livelli di speranza più alti rispetto a chi non ha mai partecipato o chi ha abbandonato questa attività. Il volontariato sembra offrire una dimensione di impegno sociale che si traduce in una maggiore fiducia nel futuro. Partecipare a iniziative comunitarie, avere occasioni di confronto e contribuire attivamente alla società stimola un senso di utilità e connessione con gli altri, aspetti che rafforzano la speranza.

In sintesi, il lavoro e la partecipazione sociale rappresentano due fattori chiave nella formazione del sentimento di speranza tra i giovani italiani. Il loro ruolo va considerato nelle strategie volte a contrastare l’incertezza e a riconsegnare fiducia alle nuove generazioni.

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