Un episodio recente a Pescara ha acceso i riflettori sulla mancanza di assistenza per la fauna selvatica nella regione. Un gruppo di cittadini ha soccorso un pullo di gabbiano in difficoltà, bloccato sulla spiaggia per quasi 24 ore a causa di ami da pesca. La situazione si è complicata ulteriormente, poiché il Centro Recupero Animali Selvatici era chiuso e non era in grado di fornire aiuto. Questo evento ha sollevato interrogativi su quale debba essere il protocollo da seguire in tali emergenze e sulla necessità di strutture adeguate per la cura degli animali feriti.
Il soccorso del gabbiano ferito
Il gabbiano è stato trovato sulla spiaggia della riviera Nord di Pescara, con una esca ad otto punte che lo aveva ferito gravemente a zampa, ala e addome. Un gruppo di cittadini, visibilmente preoccupati per le condizioni dell’animale, ha subito deciso di intervenire. Non avendo accesso a un centro di recupero disponibile, hanno contattato il veterinario Vincenzo Olivieri, che si è offerto di prestare le prime cure in forma privata. L’intervento del veterinario è stato decisivo: ha rimosso gli ami e ha medicato le ferite dell’uccello.
Il salvataggio ha avuto il supporto di una delle cittadine coinvolte che, dopo aver tentato di contattare il numero unico di emergenza 112, è stata informata della necessità di coinvolgere un veterinario privato. Anche i Carabinieri forestali hanno confermato che il Cras non accoglie più animali feriti e può fornire solo indicazioni generali. La mancanza di una struttura di soccorso attiva per animali in difficoltà ha portato a una situazione di confusione e preoccupazione.
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Criticità del sistema di recupero della fauna selvatica
Le dichiarazioni del veterinario Vincenzo Olivieri mettono in luce un problema più ampio. Secondo l’esperto, “una città come Pescara, con un bacino di utenza così vasto, non può rimanere senza una struttura di recupero per la fauna selvatica.” Questo episodio ha acceso un campanello d’allerta riguardo il futuro della fauna nella regione e la necessità di garantire risorse per la protezione degli animali in difficoltà.
Nei giorni precedenti, la Stazione Ornitologica Abruzzese aveva già sollevato preoccupazioni riguardo alla sospensione del Cras. Mentre altre regioni d’Italia dispongono di numerosi centri di recupero finanziati e operativi, l’Abruzzo si trova in una situazione di emergenza a causa della chiusura dell’unico centro regionale. Nel 2022, il Cras aveva accolto ben 536 uccelli feriti, evidenziando l’importanza di queste strutture nel servizio alla comunità.
Proposte per un miglioramento strutturale
Dopo l’incidente che ha coinvolto il gabbiano, gli attivisti della Soa hanno deciso di muoversi, presentando una proposta di legge al presidente della Regione Abruzzo e ai membri del consiglio regionale. La loro iniziativa mira a stimolare un coordinamento tra le diverse entità competenti e le associazioni di volontariato per rimettere in funzione il Cras e garantire un’adeguata assistenza agli animali selvatici feriti.
Questa proposta si inserisce in un contesto dove l’Abruzzo, conosciuto per le sue aree protette e la ricca biodiversità, rischia di rimanere indietro in termini di educazione e protezione della fauna selvatica. La necessità di un intervento strutturato e la creazione di centri operativi sono ormai urgenti per evitare che episodi come quello del gabbiano ferito diventino una costante in una regione che dovrebbe pretendere di più per la cura dei suoi animali.