Funerali a monreale per i tre giovani vittime della sparatoria: l'omelia dell'arcivescovo isacchi

Funerali a monreale per i tre giovani vittime della sparatoria: l’omelia dell’arcivescovo isacchi

A Monreale, la comunità si unisce nel lutto per le vittime Salvatore Turdo, Andrea Miceli e Massimo Pirozzo; l’arcivescovo Gualtiero Isacchi invita a un cambiamento contro la violenza crescente.
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A Monreale si sono tenuti i funerali struggenti di tre giovani vittime di una sparatoria, con l’arcivescovo Isacchi che ha lanciato un appello contro la violenza, invitando a un cambiamento profondo basato sulla fede e sulla giustizia divina. - Gaeta.it

A Monreale si è svolta una celebrazione funebre struggente per le tre giovani vittime della sparatoria avvenuta nella notte tra sabato e domenica. La comunità si è stretta attorno al dolore delle famiglie e degli amici, in un clima di lutto e riflessione. L’arcivescovo Gualtiero Isacchi ha pronunciato un’omelia che ha richiamato alla necessità di un cambiamento radicale contro la violenza che ormai invade ogni spazio.

La cerimonia funebre tra dolore e partecipazione collettiva

La cattedrale di Monreale ha ospitato i funerali di Salvatore Turdo, Andrea Miceli e Massimo Pirozzo, tre ragazzi uccisi poco distante dal duomo durante la sparatoria. Le bare bianche, accompagnate dalle foto dei giovani, sono state accolte da un lungo applauso da parte della folla presente. Tante persone, numerose e silenziose, si sono raccolte in preghiera e commozione, mentre decine di striscioni e fotografie adornavano l’ingresso della cattedrale.

Tanti amici indossavano magliette con le immagini dei tre ragazzi, a testimonianza del legame e della tristezza condivisa. Il lutto cittadino ha imposto la chiusura di tutti i negozi e bar in segno di rispetto e cordoglio. Alla cerimonia hanno preso parte anche i membri della Confraternita del Santissimo Crocifisso, vestiti di bianco, di cui facevano parte i due cugini Salvo e Andrea. In prima fila i genitori e i familiari diretti, visibilmente colpiti dal dolore, hanno seguito la celebrazione.

Parole dell’arcivescovo nella cerimonia

L’arcivescovo ha iniziato il discorso con parole piene di dolore e angoscia, ma anche di fede. Ha riconosciuto che davanti a questa tragedia la mente appare offuscata, ma si è rivolto a Dio chiedendo conforto. L’omelia ha posto l’accento sulla gravità della situazione sociale, dove la violenza sembra senza freni: «Non sappiamo più parlare, dobbiamo urlare; non sappiamo più dialogare, dobbiamo inveire; non sappiamo ascoltare, dobbiamo imporci».

L’omelia dell’arcivescovo isacchi: il grido di una città colpita dalla violenza

Monsignor Isacchi ha evidenziato come la violenza sia diventata un contagio che non risparmia nessun luogo o comunità e ha chiesto una “radicale inversione di marcia“. Ha invitato i presenti a riflettere partendo dal vangelo e dalla fede in Cristo, rappresentata dal Santissimo Crocifisso, simbolo di speranza e salvezza a Monreale da quattro secoli.

Riflessione sulla violenza e il cambiamento

L’arcivescovo ha ricordato come la croce rappresenti non solo salvezza ma anche uno scandalo, che ci pone davanti alla realtà di un’ingiustizia pesante. Le morti di Andrea, Salvatore e Massimo spingono a chiedersi perché tanto dolore e tanta violenza.

Interrogativi sulla giustizia e il ruolo della fede dopo la tragedia

In strada, qualche sera prima, il grido di giustizia aveva attraversato Monreale più volte. Di fronte a Dio, però, Isacchi ha sottolineato che non basta la giustizia umana, definita come la volontà di dare a ciascuno ciò che gli spetta. I cristiani chiedono una giustizia superiore, quella di Dio, che richiede anche un cambiamento personale verso la vita e la salvezza di tutti.

La giustizia è una scelta che coinvolge tutti, soprattutto i giovani: essere giusti significa promuovere la vita buona che si oppone a violenza e solitudine.

Un messaggio di conforto, memoria e speranza per le famiglie colpite

L’omelia si è poi rivolta direttamente alle famiglie delle vittime, ne ha nominato i nomi, sottolineando il dolore profondo condiviso da tutta Monreale e da altre città italiane. La fede ha offerto una certezza: Andrea, Salvatore e Massimo hanno incontrato Cristo crocifisso e risorto e ora vivono in una vita senza fine.

La celebrazione eucaristica, ha ricordato l’arcivescovo, è memoria della morte e risurrezione di Gesù e indica la strada su cui siamo chiamati a camminare. La preghiera si è rivolta a Dio, padre misericordioso che accoglie tutti i figli, affidando i giovani alla pace eterna e chiedendo conforto per i genitori e i fratelli.

Il messaggio finale ha coinvolto anche i ragazzi e le famiglie rimaste, perché la preghiera diventi un legame di pace e speranza, nella prospettiva di un incontro futuro nel paradiso che ora è la casa delle vittime.

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