Frode in trentino-alto adige, veneto e lombardia: manodopera a costo ridotto grazie a fatture false e società fantasma

Frode in trentino-alto adige, veneto e lombardia: manodopera a costo ridotto grazie a fatture false e società fantasma

Un sistema di fatture false e società inesistenti ha fornito manodopera a basso costo a imprese della grande distribuzione e lavorazione carni in Trentino-Alto Adige, Veneto e Lombardia, coinvolgendo oltre 850 lavoratori irregolari.
Frode In Trentino Alto Adige2C Frode In Trentino Alto Adige2C
Un'indagine ha scoperto un sistema fraudolento che, tramite fatture false e società inesistenti, ha fornito manodopera a basso costo a imprese della grande distribuzione e lavorazione carni in Nord Italia, coinvolgendo oltre 850 lavoratori irregolari e causando profitti illeciti per circa 14 milioni di euro. - Gaeta.it

Un sistema di reclutamento di manodopera a basso costo, messo in piedi con l’uso di fatture false e società inesistenti, ha dato manodopera a imprese della grande distribuzione e della lavorazione delle carni in trentino-alto adige, veneto e lombardia. Tre persone, tra cui due imprenditori e un consulente fiscale, sono state arrestate e sono al centro di un’inchiesta che ha portato alla luce una rete complessa di frodi e norme violate legate a contratti di lavoro fittizi.

Il meccanismo della frode e il ruolo dei principali indagati

Le indagini, avviate dalla Guardia di finanza di Bolzano e coordinate dalla Procura locale, hanno scoperto un meccanismo che ha permesso di abbattere il costo della manodopera attraverso un ampio giro di fatture false. La rete era ideata da due imprenditori, uno residente in alto adige e l’altro di origine campana, affiancati da un consulente fiscale di Napoli. Insieme hanno creato un sistema finalizzato a reclutare lavoratori a basso costo da impiegare in aziende committenti grazie a contratti di appalto non reali.

Il ruolo dell’imprenditore altoatesino

L’imprenditore altoatesino aveva il compito di procacciare commesse alle cooperative di manodopera, collocandosi come intermediario tra gli indagati campani e le imprese che avevano bisogno di manodopera. I contratti d’appalto stipulati risultavano fittizi, per nascondere la reale natura dei rapporti lavorativi e offrire manodopera a prezzi molto bassi.

La struttura a più livelli del sistema e le società “scatole vuote”

Gli investigatori hanno evidenziato come il sistema si articolasse su diversi livelli, coinvolgendo molteplici soggetti. Alla base della piramide erano presenti varie ditte individuali, create per pochi mesi e intestate a persone con poche risorse finanziarie. Queste società, definite “scatole vuote”, avevano il solo scopo di emettere fatture false, in cambio di qualche centinaio di euro pagati agli intestatari formalmente responsabili.

Cooperative come serbatoio di manodopera

Le fatture generate da queste ditte venivano utilizzate per giustificare la presenza di lavoratori impiegati tramite cooperative, che rappresentavano il secondo livello del sistema. Queste cooperative fungevano da serbatoio di manodopera e proponevano prezzi molto bassi, oltre a produrre documentazione contabile farlocca per consentire gli illeciti.

Oltre 850 lavoratori impiegati irregolarmente e i numeri della frode

Le indagini hanno accertato che oltre 850 lavoratori sono stati impiegati con contratti irregolari nei tre territori. I lavoratori, in molti casi, erano somministrati senza tutele reali e con condizioni al di fuori degli standard previsti dai contratti collettivi.

Tra fatture false emesse e movimenti di denaro legati al sistema, il totale supera gli 80 milioni di euro. I profitti illeciti, calcolati dagli inquirenti su più livelli della catena, si aggirano intorno ai 14 milioni di euro. La complessità delle operazioni, con società che apparivano in apparenza legittime ma senza alcuna attività reale, ha permesso di riciclare i guadagni anche attraverso società fantasma estere.

Le conseguenze per le aziende committenti e le violazioni contrattuali

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, molte imprese della grande distribuzione e della lavorazione delle carni hanno tratto vantaggio da questo sistema. Queste aziende, bene consapevoli dei contratti di appalto di manodopera fittizi, hanno potuto aggirare obblighi legati ai contratti collettivi nazionali del lavoro.

“Eludendo i vincoli normativi su ferie, permessi e malattia dei lavoratori, le imprese hanno evitato oneri amministrativi legati all’assunzione diretta, ricavando risparmi consistenti anche in termini fiscali.” Molto importante era il vantaggio derivante dai crediti Iva legati alle fatture per operazioni inesistenti, annotate dalle cooperative coinvolte.

Indagini in corso e stato degli arresti

I tre principali responsabili della frode si trovano agli arresti domiciliari a seguito delle indagini coordinate dalla Procura e supportate dalla Guardia di finanza. Altre 29 persone risultano indagate nell’ambito dell’inchiesta.

L’operazione ha portato alla luce una rete complessa di società e cooperative collegate, tutte ritenute strumentali all’inganno, che ha richiesto mesi di lavoro investigativo. “Il caso tiene alta l’attenzione sulle modalità di gestione della manodopera in alcuni settori chiave del nord Italia e su come i controlli finora adottati possano essere migliorati.”

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