Il Fondo Nuove Competenze ha già mostrato un impatto concreto nella formazione professionale, puntando soprattutto su settori tecnologici e servizi alla persona. Nei primi mesi del 2025, sono stati stanziati circa 700mila euro per finanziare corsi e percorsi formativi in aziende di ogni dimensione. La domanda però ha superato di molto le risorse messe a disposizione, confermando la forte richiesta di aggiornamento e specializzazione da parte delle imprese e dei lavoratori.
Il ruolo del fondo nuove competenze nella formazione delle imprese e dei lavoratori
Secondo quanto dichiarato da Romano Benini, esperto del Ministero del Lavoro, il Fondo ha già supportato migliaia di interventi formativi. L’obiettivo principale resta quello di adattare le competenze degli occupati alle richieste del mercato, spesso cambiate da innovazioni tecnologiche e nuove esigenze produttive. Il Fondo si è rivelato uno strumento capace di intercettare le necessità delle aziende, soprattutto in ambiti come l’intelligenza artificiale e le nuove tecnologie, che influenzano in modo consistente il lavoro quotidiano.
Formazione: un metodo efficace per la competitività
Benini ha sottolineato che aggiornare le competenze attraverso la formazione è un metodo efficace per migliorare la competitività e stimolare la crescita delle imprese. Il coinvolgimento è stato ampio e le iniziative hanno interessato tanto grandi imprese quanto piccole realtà locali. Con questo approccio, si punta a mantenere il legame tra occupazione e sviluppo, adeguando le capacità professionali alle trasformazioni del sistema produttivo.
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L’estensione del fondo alle assunzioni di disoccupati e l’attenzione al territorio
Una delle novità introdotte dal Fondo Nuove Competenze riguarda la possibilità per le aziende di utilizzare le risorse anche per formare disoccupati prima dell’assunzione. Questa misura ha già permesso l’ingresso di oltre 7.000 nuovi lavoratori nel mercato del lavoro, con un percorso formativo calibrato sulle esigenze specifiche dei datori di lavoro. L’obiettivo è facilitare l’inserimento professionale, riducendo le distanze tra domanda e offerta di lavoro.
Disparità regionali e sfide territoriali
Tuttavia, Benini ha evidenziato una disparità tra regioni del nord e del sud del Paese, con maggiori difficoltà nelle zone meridionali e nelle aree interne per accedere a questi percorsi formativi. Per questo motivo, ha richiamato la necessità di adottare strategie che valorizzino le risorse locali e distribuiscano in modo più equilibrato le opportunità di crescita. La sfida rimane quella di colmare il divario territoriale per garantire pari condizioni di sviluppo su tutto il territorio nazionale.
L’importanza di un approccio territoriale per superare i divari formativi
Le difficoltà legate alle differenze territoriali emergono con forza nelle politiche di formazione. Le regioni del Sud Italia e le aree meno urbanizzate faticano a offrire corsi adeguati, e la scarsità di fondi e infrastrutture accentua il problema. Secondo Benini, si tratta di un fattore che rischia di rallentare la crescita complessiva e di alimentare squilibri importanti nel mercato del lavoro.
Adottare un approccio basato sul territorio significa quindi progettare interventi mirati e sostenere le imprese nelle zone più fragili. L’idea è estendere le opportunità formative a chi ha meno accesso, dando la possibilità di innalzare le competenze senza dover necessariamente spostarsi o rinunciare a entrare nel mercato del lavoro qualificato. Lo sviluppo di politiche attive deve tener conto di queste differenze per non lasciare indietro nessuna area del Paese.
Il Fondo Nuove Competenze continua a rappresentare un punto di riferimento per la formazione in Italia. La sfida più grande resta quella di equilibrare risorse e domanda, e di assicurare che il beneficio arrivi a tutti, evitando che certi territori rimangano esclusi.