Il tema delle fibrosi polmonari continua a porre sfide importanti per il sistema sanitario italiano. Alla recente presentazione al Senato di un documento dedicato alla situazione attuale, sono emersi dati sulla ricerca e i problemi ancora aperti nella gestione di queste malattie rare e complesse. Ecco cosa è stato illustrato in un incontro promosso dalla senatrice Elena Murelli e quali sono le prospettive che si delineano per i pazienti nel nostro paese.
Il documento sulle fibrosi polmonari e la coalizione istituzionale
A Roma, al Senato della Repubblica, è stato illustrato il paper intitolato «Le fibrosi polmonari: un bisogno di salute pubblica insoddisfatto». Il documento nasce dal lavoro di un gruppo multidisciplinare composto da rappresentanti di società scientifiche, associazioni di pazienti e referenti delle istituzioni. L’iniziativa, promossa dalla senatrice Elena Murelli, ha concluso un percorso partito nel 2024, che ha costruito una coalizione multistakeholder per affrontare le problematiche attorno a queste patologie.
Il progetto di advocacy ha previsto diversi tavoli di lavoro volti a redigere un testo condiviso. Il documento offre una fotografia chiara della patologia, indicando il suo impatto sulla vita dei pazienti e mettendo in luce le criticità nel sistema di cura. Tra queste, è centrale la complessità e la frammentarietà del percorso diagnostico e terapeutico, che necessita di interventi concreti per garantirne l’efficacia.
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Il lavoro pone l’accento sulla necessità di una strategia integrata che consenta a clinici, istituzioni e pazienti di collaborare meglio. Attraverso un confronto continuo su bisogni e soluzioni, il documento intende spingere per una risposta più organica da parte di tutta la rete sanitaria e sociale coinvolta. L’esperienza comune della coalizione rappresenta un modello utile per sensibilizzare l’opinione pubblica e le decisioni politiche.
Boehringer ingelheim e il ruolo della ricerca nelle terapie
La ricerca farmaceutica si conferma un pilastro importante nella lotta alle fibrosi polmonari. Boehringer Ingelheim è protagonista in questo campo, con un impegno che supera i dieci anni dedicati allo sviluppo di nuovi farmaci per la fibrosi polmonare idiopatica e la fibrosi polmonare progressiva . Queste malattie, rare e croniche, pesano molto sulla qualità e la durata della vita dei malati.
L’azienda ha investito risorse considerevoli in programmi di studio nel nostro paese. In Italia sono attivi una decina di studi clinici e circa 20 centri specialistici di pneumologia e reumatologia partecipano a questa ricerca. Il coinvolgimento del sistema sanitario italiano è quindi rilevante su scala mondiale, confermando la vocazione del paese nella sperimentazione medica in questo ambito.
L’ultima novità arriva dalla presentazione al congresso della American Thoracic Society a maggio, dove sono stati mostrati i risultati degli studi di fase III fibroneer™-IPF e fibroneer™-ILD. Questi studi hanno coinvolto il nerandomilast, un nuovo farmaco orale in via di sperimentazione, che agisce come inibitore preferenziale della fosfodiesterasi 4B. L’obiettivo erano i pazienti con IPF e PPF, con o senza trattamento antifibrotico di base.
I risultati, pubblicati sul New England Journal of Medicine, hanno mostrato che il farmaco ha raggiunto l’endpoint primario, cioè la riduzione significativa del deterioramento della capacità vitale forzata . Questa misura rappresenta un indicatore chiave della funzionalità polmonare. Si tratta di un passo avanti importante per rallentare la progressione della malattia e migliorare le prospettive dei pazienti.
Diffusione delle fibrosi polmonari e dati epidemiologici in italia
Il peso delle fibrosi polmonari sulla popolazione mondiale è rilevante. Si stima che nel mondo circa 9,2 milioni di persone soffrano di forme combinate di IPF e PPF. La gravità di queste patologie emerge dall’aspettativa di vita, soprattutto per chi è affetto da IPF, dove il tempo medio a disposizione dopo la diagnosi può essere di soli 3 anni. Questo dato pone la fibrosi polmonare tra le condizioni respiratorie più severe, con impatti paragonabili ad alcune forme tumorali.
In Italia, le cifre confermano la criticità della situazione. Ogni anno si contano circa 5 mila nuove diagnosi di IPF, mentre il numero totale di pazienti attivi è intorno alle 20 mila persone. Questi numeri impongono una gestione capillare e una rete assistenziale attrezzata per garantire l’accesso alle cure, visto che la malattia richiede un monitoraggio continuo e interventi specialistici appropriati.
L’alta prevalenza di pazienti in condizioni delicate crea una pressione costante sul sistema sanitario, che deve continuare a migliorare nell’offrire risposte adeguate, evitando ritardi e difficoltà nel percorso diagnostico. La condivisione di dati aggiornati resta essenziale per pianificare risorse e organizzare servizi capaci di rispondere ai bisogni concreti.
Criticità del percorso diagnostico e assistenziale
Nonostante i progressi nella ricerca e la consapevolezza crescente, il percorso di cura per i pazienti con fibrosi polmonari in Italia resta complicato. Il documento presentato alla stampa ribadisce che l’iter diagnostico richiede tempi lunghi, spesso anche anni, a causa dei sintomi aspecifici che caratterizzano le fasi iniziali della malattia. Questi ritardi possono compromettere le possibilità di intervento precoce, che è fondamentale per rallentare l’evoluzione della fibrosi.
Anche dopo la diagnosi corretta, non mancano difficoltà. L’accesso ai centri specializzati risulta spesso ostacolato da una distribuzione territoriale diseguale e dal sovraccarico di queste strutture. Le zone meno servite soffrono una carenza di punti di riferimento per la gestione di pazienti complessi, costringendo molti a spostamenti lunghi o a lunghi tempi di attesa.
Un ulteriore problema riguarda la scarsità di specialisti qualificati. Pneumologi e reumatologi, figure chiave nella diagnosi e nell’assistenza, risultano insufficienti rispetto alla domanda crescente. Questa carenza incide sulla qualità e tempestività degli interventi.
Il quadro si complica per l’assenza di linee guida nazionali e di percorsi diagnostico-terapeutici standardizzati. Senza strumenti uniformi, la gestione della fibrosi polmonare varia a seconda delle strutture e delle regioni, generando disomogeneità nell’offerta assistenziale. La necessità di un coordinamento più forte tra istituzioni e strutture è evidente per migliorare la qualità della vita dei pazienti.
Il documento invita a riflettere proprio su queste mancanze e spinge per una organizzazione capillare che includa formazione degli operatori, diffusione di protocolli condivisi e una rete di centri equilibrata, in grado di garantire una presa in carico reale sul territorio.