Fbi di Kash Patel, aumento dei test della macchina della verità e tensioni nel personale

Fbi di Kash Patel, aumento dei test della macchina della verità e tensioni nel personale

Da febbraio 2025, sotto la guida di Kash Patel e Bongino, l’Fbi ha intensificato l’uso del test della macchina della verità per monitorare la lealtà interna, causando dimissioni e un clima di sospetto tra gli agenti.
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Dal febbraio 2025, sotto la guida di Kash Patel, l'FBI ha intensificato l'uso del poligrafo per monitorare la lealtà interna, generando un clima di sospetto, dimissioni e critiche per politicizzazione e repressione del dissenso. - Gaeta.it

Da febbraio 2025, con l’arrivo di Kash Patel al vertice dell’Fbi, l’agenzia ha intensificato notevolmente l’uso del test della macchina della verità. Questa pratica, solitamente limitata a casi gravi di possibile tradimento o inaffidabilità, ora si allarga anche a questioni interne legate alla lealtà verso la direzione. Diversi funzionari sono stati sottoposti al poligrafo con domande dirette anche sulla loro opinione su Patel e sul suo operato.

Aumento delle domande sul direttore patel durante i test della macchina della verità

Fonti riportate dal New York Times spiegano che a decine di persone, durante il poligrafo, è stato chiesto se avessero mai parlato male o gettato discredito sul direttore Kash Patel. La domanda sembra mirata a monitorare il dissenso interno oltre al normale controllo di sicurezza. Tuttavia, non è chiaro quante fossero le persone interrogate su questo punto specifico.

Controversie e richieste insolite in fbi

Tra i casi emersi, anche la controversa richiesta di Patel di ottenere un’arma di servizio, insolita data la sua posizione non operativa. Di questo si è parlato molto e la notizia è stata diffusa ai media. Alcuni ex agenti e funzionari del bureau denunciano queste pratiche come un modo per soffocare ogni critica e mantenere una rigida fedeltà personale verso la dirigenza.

James Davidson, ex agente con 23 anni di esperienza nell’Fbi, ha ricordato che la lealtà di un agente dovrebbe essere rivolta alla Costituzione e non ai singoli vertici. Per lui e altri, chiedere se si è parlato male del direttore è un metodo che rischia di trasformare il bureau in un ambiente dove il dissenso viene punito duramente.

Dimissioni e turnover crescenti nel bureau sotto la guida di patel

Il rafforzamento di Patel e del suo vicedirettore Bongino ha coinciso con un aumento delle dimissioni e degli allontanamenti fra i vertici e i funzionari più esperti. Prima del cambio di leadership, l’agenzia aveva già subito pressione da nomine politiche legate all’era Trump, che portarono alcuni dipendenti a lasciare o a essere messi in congedo per indagini pendenti.

Secondo fonti interne citate dal New York Times, circa il 40% degli agenti chiave in varie sedi distaccate ha lasciato il bureau o è stato riassegnato. Questo fenomeno è stato monitorato nel dettaglio dal giornale, che ha evidenziato come la nuova amministrazione abbia modificato profondamente la struttura del personale.

Clima di paura e sospetto nel bureau

Gli ex funzionari raccontano di un clima di paura e di sospetto, con molti che temono ritorsioni per aver fatto indagini ritenute poco gradite alle alte sfere. Alcuni hanno lasciato anche prima di subire azioni dirette, spaventati dalle possibili conseguenze di decisioni prese da Patel o Bongino.

Il ruolo controverso del test della macchina della verità nell’fbi

In generale, i test poligrafici non sono considerati affidabili come prove ammissibili nei tribunali, ma restano usati nelle agenzie di sicurezza per verifiche su incarichi sensibili o autorizzazioni. Sotto la guida di Patel e Bongino, però, l’Fbi ha adottato un uso molto più aggressivo del poligrafo rispetto al passato.

Fonti riportano almeno un caso in cui un agente è stato messo in congedo amministrativo e poi richiamato appositamente per il test di macchina della verità. Alcuni vedono questa pratica come uno strumento di pressione che crea una crescente diffidenza tra colleghi e fa crescere la tensione interna.

L’uso del poligrafo per verificare chi può aver parlato male di Patel ha generato paura. Anche se tecnicamente la domanda potrebbe fare parte di un “controllo” fisiologico per verificare veridicità, la sua presenza stessa alimenta sospetti su un Fbi fortemente politicizzato.

Il caso di michael feinberg e la politicizzazione delle indagini interne

Il caso di Michael Feinberg, ex agente di punta dell’ufficio Fbi di Norfolk, Virginia, mette in luce le difficoltà vissute da alcuni agenti. Feinberg è stato minacciato di dover sostenere il test della macchina della verità per la sua amicizia con Peter Strzok, ex veterano del controspionaggio poi licenziato per messaggi negativi su Donald Trump.

Strzok era coinvolto nell’inchiesta sulle presunte collusioni tra la campagna elettorale di Trump e la Russia, e risulta nella cosiddetta “lista dei nemici” stilata da Patel, pubblicata nel libro ‘Government Gangsters’. Non è chiaro come la direzione dell’Fbi abbia scoperto questa amicizia, ma per Feinberg era diventato un punto critico.

Sul blog Lawfare, Feinberg ha descritto come Dominique Evans, il suo nuovo superiore a Norfolk, gli avesse detto che gli sarebbe stato chiesto di sottoporsi al poligrafo su questo punto. Feinberg ha raccontato che la competenza specialistica veniva sacrificata per motivi politici e ideologici. Per mantenere il suo posto avrebbe dovuto umiliarsi e giurare fedeltà personale ai nuovi leader, ma ha deciso di dimettersi.

Il clima interno al bureau raccontato da ex e attuali agenti descrive un’agenzia attraversata da sospetti e incertezze, in cui le misure disciplinari e i controlli sembrano rivolti più a difendere la leadership che a garantire la sicurezza nazionale.

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