Efficacia di zanubrutinib in combinazione con venetoclax per la leucemia linfatica cronica: risultati aggiornati dallo studio sequoia

Efficacia di zanubrutinib in combinazione con venetoclax per la leucemia linfatica cronica: risultati aggiornati dallo studio sequoia

I risultati dello studio Sequoia mostrano che la combinazione di zanubrutinib e venetoclax migliora significativamente la sopravvivenza libera da progressione in pazienti con leucemia linfatica cronica, inclusi quelli ad alto rischio genetico.
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Lo studio Sequoia mostra che la combinazione di zanubrutinib e venetoclax offre una significativa sopravvivenza libera da progressione e risposte profonde in pazienti con leucemia linfatica cronica, anche in quelli ad alto rischio genetico. - Gaeta.it

Nell’ambito della leucemia linfatica cronica , nuove evidenze mettono in luce i risultati ottenuti con zanubrutinib, un inibitore di Bruton tirosin-chinasi, in combinazione con venetoclax. I dati provengono dallo studio globale Sequoia di fase 3 e sono stati presentati durante il congresso annuale dell’American Society of Clinical Oncology tenutosi a Chicago. L’attenzione si concentra in particolare su pazienti con caratteristiche di malattia ad alto rischio genetico, una popolazione che spesso risponde poco ai trattamenti convenzionali.

Efficacia e sopravvivenza libera da progressione nei pazienti con leucemia linfatica cronica in prima linea

I risultati del braccio D dello studio Sequoia mostrano che la combinazione di zanubrutinib e venetoclax raggiunge una sopravvivenza libera da progressione significativa in pazienti con leucemia linfatica cronica in trattamento di prima linea. Questo dato è rilevante perché include anche pazienti portatori di mutazioni genetiche ad alto rischio, spesso esclusi da molti studi clinici. La combinazione ha prodotto risposte profonde, con un 59% di pazienti che ha raggiunto il tasso di malattia minima residua non rilevabile nel sangue periferico a un livello di sensibilità di 10^-4.

La ridotta carica residua di malattia si associa direttamente a maggiori probabilità di remissioni durature, un aspetto cruciale per una patologia cronica come la CLL. I pazienti definiti ad alto rischio sono spesso soggetti a progressioni rapide e risposte limitate. Qui invece, gli esiti positivi sono in linea con quelli osservati in pazienti più giovani e senza fattori genetici sfavorevoli, sottolineando l’efficacia della combinazione terapeutica su un ampio spettro di condizioni. Un aspetto interessante riguarda la possibilità per alcuni soggetti di interrompere il trattamento precocemente dato il raggiungimento dei criteri di uMRD, restando comunque stabili in remissione clinica senza terapia attiva.

Impatto delle mutazioni genetiche ad alto rischio in leucemia linfatica cronica e risposta al trattamento

La leucemia linfatica cronica si caratterizza per una marcata variabilità clinica, derivante anche da alterazioni genetiche specifiche. La presenza della delezione 17p o della mutazione Tp53 viene riconosciuta come uno dei maggiori fattori predittivi di scarsa risposta a diverse terapie. Nel braccio D dello studio Sequoia, quasi il 43% dei pazienti con queste mutazioni ha ottenuto uMRD entro il ciclo 16, mentre il 60% vi è arrivato entro il ciclo 28. Questi dati testimoniano un beneficio rilevante anche in una sotto-popolazione che storicamente presenta risposte limitate con lo standard terapeutico.

Nel complesso, quasi l’88% dei pazienti con del e/o mutazioni Tp53 trattati con zanubrutinib e venetoclax è rimasto libero da progressione a 36 mesi. Questi risultati rivelano un cambiamento significativo nella gestione di un gruppo di pazienti complesso. Il mantenimento della remissione senza progressione rappresenta un indicatore importante della qualità del controllo della malattia e della durata del beneficio terapeutico. Il protocollo dello studio prevede criteri rigorosi per la sospensione del trattamento, basati sul monitoraggio della malattia residua e sullo stato clinico, offrendo ai pazienti l’opportunità di periodi senza terapia.

Caratteristiche e diffusione della leucemia linfatica cronica con focus sulle mutazioni di rischio

La CLL è una neoplasia di cellule B mature che nasce nel midollo osseo, dove i linfociti B anomali proliferano e si diffondono nel sangue periferico e nei tessuti linfoidi. Si tratta della forma di leucemia più comune negli adulti, rappresentando circa un terzo dei nuovi casi di leucemia. La malattia può presentarsi con vari gradi di aggressività, influenzati da alterazioni genetiche che condizionano il decorso clinico e la risposta ai farmaci.

Statistikamente, circa il 50% dei pazienti porta alterazioni genetiche associate a prognosi negativa, come la delezione 17p, la mutazione di Tp53 o la mancata mutazione di Ighv. Questi fattori rendono più difficile controllare la malattia con le terapie abituali. Per questo motivo, lo sviluppo di regimi che possano agire efficacemente anche su questi sottogruppi rappresenta un obiettivo primario della ricerca clinica. Lo studio Sequoia ha incluso volontari con queste caratteristiche con l’intento di valutare l’effetto di zanubrutinib e venetoclax in una popolazione ampia, senza esclusioni basate su fattori genetici ad alto rischio.

Aggiornamenti e prospettive nella ricerca sulla leucemia linfatica cronica

La ricerca e gli aggiornamenti clinici su questa patologia sono strettamente monitorati per costruire linee guida che possano garantire alle persone malate trattamenti più mirati e personalizzati. Trattamenti in grado di ridurre il rischio di recidive e prolungare la sopravvivenza rappresentano un passo importante verso la gestione duratura della malattia.

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