La mobilitazione contro gli attacchi a Gaza e per il riconoscimento dello stato della Palestina ha portato a due manifestazioni distinte, organizzate da schieramenti politici diversi. Nonostante l’obiettivo comune di chiedere la fine delle ostilità e sostenere la soluzione “due popoli due Stati”, le divergenze sulle piattaforme e sui temi affrontati hanno diviso l’opposizione italiana. Le iniziative hanno avuto luogo il 6 giugno a Milano e il 7 giugno a Roma, riflettendo tensioni politiche più ampie dentro il campo progressista.
Due manifestazioni con obiettivi simili ma piattaforme divergenti
A Milano, la manifestazione si è svolta all’interno del teatro Parenti, organizzata da Azione e Italia Viva con gli interventi di Carlo Calenda e Matteo Renzi, che hanno condiviso il palco dopo un lungo periodo di separazione politica. L’evento ha posto particolare enfasi sulla condanna del terrorismo di Hamas e sul contrasto all’antisemitismo, temi ritenuti cruciali dagli organizzatori centristi.
Il giorno seguente, a Roma, si è svolto un corteo da piazza Vittorio a piazza San Giovanni promosso da Pd, Movimento 5 stelle e Alleanza Verdi Sinistra. La piattaforma di questa seconda mobilitazione riprende interamente la mozione unitaria già presentata alla Camera, che contiene richieste come la sospensione dell’accordo di associazione tra Unione europea e Israele, senza però soffermarsi in modo marcato sui rischi legati all’antisemitismo o alla condanna esplicita di Hamas.
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Critiche e divergenze sulle piattaforme
Questa differenza tra le piattaforme ha scatenato una certa critica: i centristi hanno fatto notare che la posizione dei progressisti più a sinistra non è stata integrata con richiami più netti contro Hamas o con una condanna chiara dell’antisemitismo. Carlo Calenda ha sottolineato la mancanza di parti fondamentali come la liberazione degli ostaggi israeliani e il rigetto della distruzione dello Stato israeliano. La scelta di non modificare la piattaforma romana ha alimentato la scissione tra le due piazze, entrambe finalizzate alla pace ma divise sulle comunicazioni.
La partecipazione trasversale dei riformisti e la richiesta di unità
Al di là delle divisioni politiche, una parte significativa del Pd ha deciso di aderire a entrambe le iniziative, mettendo in evidenza una certa apertura verso l’unità sulla questione Gaza. Il senatore dem Filippo Sensi ha espresso l’idea che fosse preferibile una sola grande manifestazione per tutte le opposizioni, capace di mettere insieme i diversi soggetti in campo. Considerando però che non è stato possibile, molti parlamentari hanno deciso di partecipare sia a Milano che a Roma per sostenere il cessate il fuoco.
Tra i deputati e senatori presenti su entrambe le piazze si contano membri di Sinistra per Israele, come Emanuele Fiano, Piero Fassino e Lia Quartapelle, insieme a nomi come Simona Malpezzi, Lorenzo Guerini, Graziano Delrio, Alessandro Alfieri e Giorgio Gori. Paolo Gentiloni ha richiamato l’attenzione sull’importanza di non lasciare spazio a ambiguità nella condanna di Hamas, e sulla necessità di chiedere la liberazione immediata degli ostaggi.
Tentativi di contenere la frammentazione interna
Questa doppia adesione dimostra come alcune anime del Pd tentino di contenere la frammentazione interna e mantenere saldi effetti comuni nella mobilitazione per la pace. La volontà di rappresentare tutte le sensibilità rimane centrale, nonostante le spaccature tra gruppi.
Le differenze nel campo largo sulla questione mediorientale e il peso delle parole
Le due manifestazioni confermano che la politica estera resta fonte di tensioni profondi all’interno della coalizione che raggruppa Pd, M5s e Avs. L’asse tra la leader dem Elly Schlein, il Movimento 5 stelle e Alleanza Verdi Sinistra predilige una linea più vicina alle posizioni anti-militariste e favorevoli a referendum sul lavoro, rimandando in secondo piano i conflitti con il M5s sulle questioni ucraine o relative alla difesa europea.
Il dibattito sul termine genocidio
Le differenze risaltano in particolare nell’uso del termine «genocidio» riferito a Gaza. Il capo del Movimento 5 stelle Giuseppe Conte ha parlato apertamente di «genocidio», definendo la situazione un «scempio dell’umanità» e stigmatizzando chi si oppone alle manifestazioni di solidarietà contro il massacro. Nel Pd questa parola è invece usata con estrema prudenza, anche per evitare tensioni con le comunità ebraiche italiane. Le parole di Conte hanno suscitato attenzione, considerando che nella piazza romana si temeva possa scoppiare qualche momento di tensione.
Questa diversità di giudizio sul conflitto mediorientale mette in luce una fragilità del campo largo, alle prese con la gestione di temi delicati che toccano sensibilità diverse. Il dibattito resta aperto e la composizione politica del fronte d’opposizione non è destinata a risolversi in tempi brevi.