Una vicenda di violenza domestica durata due anni ha riempito le pagine della cronaca di Cirié e Ivrea. Claudia, madre single, ha trovato la forza di denunciare l’uomo che ha trasformato la sua casa in un luogo di paura e umiliazioni. Gli episodi di aggressione sono stati ripetuti, anche davanti alla figlia Marta, testimonianza silenziosa di un clima insostenibile. Nel 2025 il tribunale ha deciso per un patteggiamento, ma la richiesta di giustizia piena resta aperta.
Il racconto di claudia: una convivenza segnata dalla violenza fisica e mentale
Claudia ha incontrato l’uomo anni fa, in un momento della sua vita già difficile; entrambi originari dell’Ecuador, la familiarità del luogo ha fatto credere a un possibile legame di fiducia. Invece l’uomo ha iniziato presto a manifestare comportamenti violenti, sfociati in schiaffi per motivi di gelosia. Da lì è partita una catena di violenze: pugni, offese e distruzione di oggetti. Gli insulti copiosi e durezze verbali sono diventati normali, e si sono intrecciati con accuse di tradimento e controllo ossessivo. L’uomo non si limitava solo a colpire Claudia, ma anche a minacciarla e umiliarla davanti ai figli, con parole pesanti rivolte in particolare a Marta, che ha assistito impotente a ogni aggressione.
Gli episodi di violenza si sono moltiplicati, così come le restrizioni imposte. Claudia doveva bloccare i contatti familiari, subire limitazioni negli spostamenti e nella comunicazione con gli altri. In una circostanza, la donna si è rifiutata di consegnargli il telefono; a quel punto lui l’ha aggredita prendendola per i capelli e scaraventandola con forza contro la porta, provocandole ferite giudicate guaribili in pochi giorni. Non sono mancati interventi medici e ambulanze chiamate per portarla in ospedale, soprattutto a causa di una lesione grave alla milza, conseguenza di un pugno violento. Quell’episodio ha lasciato segni evidenti sul corpo e sulla mente di Claudia e della figlia, costretta a vivere in una casa che era diventata una vera e propria prigione.
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Le indagini e l’azione della procura di ivrea
Le indagini, condotte dalla Procura di Ivrea, hanno raccolto testimonianze, referti medici e fotografie che hanno dimostrato la continuità delle molestie e delle violenze. L’uomo, residente a Cirié, è stato sottoposto a misure cautelari di allontanamento immediato dalla casa, con divieti precisi di avvicinamento a Claudia e alla figlia e di dimora nel comune. Le prove raccolte hanno confermato le parole della vittima, mostrando una serie di comportamenti aggressivi e intimidatori, spesso rivolti anche in presenza della piccola Marta. Gli inquirenti hanno ricostruito un quadro di tormento e sofferenza psicologica, in cui la presenza di Claudia e della figlia era sottoposta a continue minacce e umiliazioni.
Il tribunale ha avuto modo di valutare l’impatto di questo percorso sulla vita delle vittime. La condizione psicologica di Marta è ancora in fase di valutazione, considerati gli effetti di un ambiente così pesante e destabilizzante. L’esame delle prove ha evidenziato la portata grave e reiterata della violenza, definita non solo fisica ma anche morale, con continui tentativi di isolamento e controllo. Ogni episodio di aggressione portava a ferite, sia visibili che invisibili, lasciando uno strascico difficile da superare per madre e figlia.
La decisione del giudice e il patteggiamento del 2025
Dopo due anni di sofferenza e indagini, l’udienza preliminare si è conclusa con una decisione che ha diviso le parti coinvolte. Il giudice Lucrezia Natta, accogliendo la richiesta della difesa, ha approvato un patteggiamento da due anni, tre mesi e dieci giorni, con pena sostituita da lavori socialmente utili. Questa decisione ha suscitato delusione nella parte civile, rappresentata dall’avvocato Filippo Amoroso, che aveva chiesto una pena più severa per sottolineare la continuità e la gravità della violenza domestica. Secondo la difesa delle vittime, la reiterazione delle condotte e il quadro manipolatorio richiedevano una risposta più netta della giustizia penale.
Il risarcimento versato dall’imputato alle vittime è stato di 3.000 euro, una somma giudicata troppo bassa rispetto alle richieste avanzate, che superavano i 40.000 euro. La parte civile ha già annunciato la volontà di procedere in sede civile per ottenere un risarcimento più adeguato ai danni morali e materiali subiti da Claudia e Marta. La difesa dell’uomo, guidata dall’avvocata Flavia Pugliese del Foro di Torino, ha evidenziato la disponibilità del suo assistito a impegnarsi in lavori sociali e a seguire un percorso di recupero, cercando di dare un segno di cambiamento e responsabilità.
Claudia ha spiegato di aver denunciato soprattutto per tutelare sua figlia. Ha voluto evitare che Marta crescesse con l’idea che insulti e violenze fossero parte di un rapporto affettivo, e con la convinzione che un pugno potesse giustificarsi nell’amore. Quel coraggio ha fatto emergere un caso che, nonostante il patteggiamento, resta evocativo delle difficoltà che molte donne affrontano anche oggi, in contesti familiari che dovrebbero invece garantire protezione e sicurezza.