Draghi a Rimini: “Trump ha cambiato la geopolitica, serve un nuovo corso per l’Europa”

Draghi al Meeting Di Rimini 2025 lancia un appello all’unità europea per superare divisioni interne e rilanciare il ruolo geopolitico dell’UE in un mondo segnato da nuove sfide globali.
Draghi A Rimini3A E2809Ctrump Ha Cam Draghi A Rimini3A E2809Ctrump Ha Cam
Draghi a Rimini: la sfida geopolitica post-Trump per l’Europa - Gaeta.it

Al Meeting di Rimini 2025, Mario Draghi ha lanciato un messaggio chiaro: l’Unione europea deve cambiare marcia. L’ex presidente del Consiglio ha sottolineato come l’elezione di Donald Trump abbia segnato una vera svolta negli equilibri internazionali. Ha richiamato l’attenzione sul rapporto che ha curato per la Commissione europea, mettendo in evidenza i limiti dell’Europa nel ruolo geopolitico che oggi ricopre. Durante il suo intervento ha insistito sull’urgenza di unità e nuove strategie per affrontare le crisi globali e la crescente marginalità dell’UE nel mondo.

Draghi e il rapporto sul futuro dell’Europa: un dibattito che non si può più rimandare

Nel 2024, Draghi è stato incaricato dalla Commissione europea di coordinare un rapporto che coinvolge decine di esperti, economisti e ricercatori. L’obiettivo? Trovare una strategia per rilanciare la competitività del continente. Il documento è stato presentato proprio al Meeting di Rimini 2025, diventando la base per una riflessione più ampia sul ruolo dell’Europa. Draghi ha sottolineato che il rapporto offre soluzioni concrete, ma ha anche avvertito che i tempi per realizzarle non saranno brevi. Il suo appello è stato chiaro: “senza un ‘stringiamoci tutti insieme’ l’Unione rischia di andare in pezzi di fronte alle sfide esterne.”

Il rapporto non parla solo di economia, ma mette al centro la necessità di ripensare la posizione geopolitica europea, soprattutto alla luce di eventi che hanno scosso le certezze accumulate nel tempo. La frammentazione da combattere riguarda sia la politica interna sia la capacità dell’UE di presentarsi unita di fronte alle emergenze globali. Draghi ha evidenziato quanto sia difficile per l’Europa farsi davvero ascoltare nei grandi conflitti e nella diplomazia internazionale, dove spesso resta in secondo piano.

Trump e la svolta nelle relazioni transatlantiche: l’Europa deve guardare a sé stessa

Per Draghi, l’elezione di Donald Trump nel 2016 ha cambiato radicalmente gli equilibri geopolitici. La presidenza Trump ha portato all’introduzione di dazi e barriere commerciali che hanno colpito direttamente l’Europa, costringendo Bruxelles a rivedere strategie basate su un rapporto con gli Stati Uniti fino ad allora considerato stabile. Inoltre, l’amministrazione americana ha spinto per un aumento della spesa militare europea, imponendo un approccio più deciso sulla difesa comune. Questo ha fatto scattare una riflessione profonda: l’Europa deve ripensare la propria posizione e cercare nuove forme di cooperazione e sicurezza.

Sul fronte geopolitico, la politica estera americana sotto Trump ha rotto con decenni di alleanze consolidate. Il rapporto con gli Stati Uniti si è complicato e ha costretto i Paesi europei ad agire con maggiore autonomia. Draghi ha spiegato che questa svolta ha aumentato la consapevolezza della necessità di una politica estera europea più unita e attenta agli interessi del continente. Oggi è chiaro che l’Europa non può più affidarsi completamente agli Stati Uniti per giocare un ruolo globale.

L’Europa ai margini delle crisi globali: la sfida della sovranità

Durante il suo intervento a Rimini, Draghi ha messo in luce il ruolo marginale che l’Europa sta giocando in molte crisi internazionali. Ha citato in particolare il conflitto in Ucraina e la crisi a Gaza come esempi in cui l’UE è stata più spettatrice che protagonista. Nonostante conti circa 450 milioni di consumatori e un peso economico importante, l’Unione fatica a trasformare questi numeri in una vera forza geopolitica. Una situazione che la espone a rischi concreti, soprattutto di fronte a potenze come la Cina, che adotta una strategia aggressiva e sfrutta la dipendenza europea in settori chiave, come quello delle terre rare.

Draghi ha sottolineato che “non basta più contare solo sulla forza economica.” Per mantenere peso e ruolo, l’Europa deve sviluppare capacità politiche, militari e diplomatiche che vadano oltre le divisioni interne. Tornare a un senso di unità non sarà facile, perché ogni Paese ha tempi e priorità diverse, ma è l’unica strada per evitare isolamento o marginalizzazione definitiva. Draghi ha tracciato un quadro chiaro, senza nascondere le difficoltà, ma ha lanciato un appello a una risposta comune e decisa.

L’appello finale: l’Europa deve fare squadra

L’ex premier ha chiuso il suo intervento con un messaggio diretto: l’Europa deve imparare “a andare d’accordo”, superando le differenze e i tempi diversi che ogni Paese vive. Per Draghi, la coesione non è un optional, ma una condizione indispensabile per affrontare un mondo che è cambiato. Le indicazioni contenute nel rapporto, che indicano quali settori rafforzare e dove puntare gli investimenti, sono strumenti preziosi. Ma senza una volontà politica condivisa rischiano di restare solo buone idee.

La svolta imposta dagli eventi geopolitici richiede all’UE un cambio di passo immediato. Draghi ha messo in evidenza le divisioni passate e l’incertezza che ancora rallenta le decisioni più delicate. Ha chiesto senso pratico e responsabilità. “Se l’Europa vuole evitare di restare subalterna nel nuovo ordine mondiale, deve rispondere insieme.” A Rimini, un uomo di Stato ha ricordato quanto sia fondamentale affrontare questa sfida con serietà, realismo e determinazione, senza illusioni.