Il tribunale di Parma ha emesso la sentenza di primo grado nel procedimento contro Luca Marola, fondatore di Easyjoint e figura centrale nella diffusione della cannabis light in Italia. L’imprenditore era imputato per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, a seguito di una vasta operazione delle forze dell’ordine condotta nel luglio 2019. Nel corso delle indagini, le autorità avevano sequestrato ingenti quantità di infiorescenze di cannabis light nei negozi legati a Marola. La sentenza ha stabilito l’assoluzione per entrambi i capi di imputazione con la formula “il fatto non sussiste”.
La vicenda giudiziaria di easyjoint e le accuse contro luca marola
La vicenda giudiziaria di Luca Marola parte da un’operazione congiunta avvenuta a fine luglio 2019, coordinata da carabinieri, polizia e guardia di finanza su disposizione della Procura di Parma. Le forze dell’ordine avevano messo sotto la lente diverse attività commerciali nel territorio emiliano, specializzate nella vendita di prodotti a base di cannabis light, ovvero con contenuti di Thc inferiori ai limiti di legge.
Easyjoint, fondata da Marola, era uno dei principali obiettivi dell’indagine. Nei suoi negozi le forze dell’ordine avevano recuperato quasi 650 chili di infiorescenze, materiale sequestrato con l’accusa di detenzione ai fini di spaccio. La procura aveva prospettato un quadro in cui la cannabis light veniva gestita con modalità non conformi alle regole che regolano questi prodotti, considerandoli sostanze stupefacenti. L’inchiesta ha coinvolto numerosi dipendenti e altre realtà commerciali, ma la posizione di Marola è stata centrale fin dall’inizio.
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La requisitoria del procuratore capo e la disposta assoluzione in aula
Nel corso dell’udienza, il procuratore capo di Parma, Alfonso d’Avino, ha sostenuto la richiesta di una pena detentiva di 4 anni e 10 mesi, oltre a una multa di 55 mila euro. La rappresentanza dell’accusa ha puntato molto sul presupposto che, nonostante il basso contenuto di Thc, i prodotti di Easyjoint costituissero comunque sostanze stupefacenti vendute illegalmente. Il processo si è focalizzato sulla distinzione normativa e tecnica tra cannabis light legale e droghe illecite, un confine spesso dibattuto nel nostro ordinamento.
La difesa ha invece articolato la sua strategia sulla legittimità dell’attività commerciale e sulla conformità della merce alle normative vigenti. I consulenti tecnici e documenti presentati hanno evidenziato come le infiorescenze sequestrate rispettassero le soglie di Thc previste dalla legge per essere considerate prodotti legali. Alla fine, il tribunale ha accolto la tesi difensiva, dichiarando che “il fatto non sussiste” rispetto alle accuse mosse.
Le dichiarazioni di luca marola e l’impatto sulla cannabis light in italia
A decisione emessa, Luca Marola ha commentato l’esito con dure critiche al percorso giudiziario. Ha ricordato il danno economico subito dalla propria azienda, che ha perso un valore di magazzino stimato in due milioni di euro. Marola ha denunciato la lunga attesa e le difficoltà vissute in questi sei anni di procedimento, definendoli “surreali”.
La sua posizione di storico attivista radicale lo porta a sottolineare la necessità di una riforma della giustizia con particolare attenzione alla responsabilità civile dei magistrati. Ha insistito sull’importanza di agire contro gli abusi della magistratura inquirente, alla luce della sua esperienza personale. Il caso Easyjoint resta una delle vicende più rilevanti nella storia recente della regolamentazione della cannabis light in Italia e rappresenta un punto di riferimento nel dibattito legislativo e giudiziario.