Antonio De Pace, infermiere di Furci Siculo in provincia di Messina, è stato condannato all’ergastolo per l’omicidio della fidanzata Lorena Quaranta, avvenuto il 31 marzo 2020 durante la prima ondata della pandemia di Covid-19. La condanna è stata confermata dalla quinta sezione penale della Corte di Cassazione, che ha respinto il ricorso presentato dalla difesa contro la sentenza d’appello emessa lo scorso novembre dai giudici di Reggio Calabria.
Il processo e le fasi giudiziarie che hanno portato alla sentenza definitiva
Il caso giudiziario di De Pace si è sviluppato in più fasi a partire dal tragico evento del marzo 2020. La prima sentenza di condanna all’ergastolo per omicidio volontario risale a un primo grado di giudizio, ma il procedimento ha subito diverse evoluzioni dal momento che la Corte di Cassazione ha annullato la pena, almeno per la parte relativa alla mancata concessione delle attenuanti generiche.
La difesa aveva chiesto di riconoscere queste attenuanti, sostenendo che De Pace si trovava in uno stato di grave stress legato al periodo pandemico. Nella prima fase della pandemia Covid, infatti, molti operatori sanitari erano sottoposti a forti pressioni psicologiche e lavorative. La Corte di Cassazione ha accolto questo aspetto e ha rimandato il processo a Reggio Calabria per un nuovo esame.
Leggi anche:
La conferma in appello e la decisione finale della cassazione
Successivamente, il tribunale di appello ha rigettato quelle motivazioni legate allo stress da pandemia e ha confermato la condanna all’ergastolo per De Pace. La quinta sezione penale della Cassazione ha quindi esaminato la nuova decisione e non ha trovato elementi sufficienti per modificare o attenuare la pena.
Questo percorso ha reso la sentenza definitiva: De Pace dovrà scontare il carcere a vita senza alcuna attenuante che possa ridurne la condanna.
l’omicidio di lorena quaranta durante il periodo critico della pandemia
Il delitto è avvenuto nella cittadina di Furci Siculo, sulla costa ionica della provincia di Messina, in una giornata che ha segnato uno dei tanti drammi personali legati al lockdown e alle restrizioni della prima ondata di Covid-19. Lorena Quaranta, giovane donna, è stata strangolata da De Pace, suo compagno e operatore sanitario.
Quel periodo è stato pesante per molti, ma anche drammatico per De Pace, come riportato nel processo, senza che però si riconoscesse sufficiente quel contesto per giustificare una riduzione della pena o attenuanti qualunque. La difesa aveva precisato che l’infermiere fosse psicologicamente sotto pressione, tra emergenze mediche e un ambiente lavorativo di forte tensione, ma i giudici non hanno accolto questa linea difensiva.
L’efferato omicidio di Lorena ha dunque mantenuto la sua gravità agli occhi della legge, senza attenuazioni legate a condizioni esterne. Il femminicidio si inserisce nella triste statistica degli atti di violenza contro le donne che vengono analizzati a livello nazionale. Qui è rientrato nel quadro giudiziario come un caso in cui fattori personali e di relazione hanno prevalso senza necessità di giustificazioni psicologiche.
Le motivazioni della corte di cassazione e la conferma della pena
Nel rigettare il ricorso, la Cassazione ha confermato l’impianto accusatorio originario e ha sottolineato come la condotta di De Pace non possa trovare attenuanti nella circostanza della pandemia, soprattutto riguardo allo stato di stress indicato dalla difesa.
La sentenza di novembre dei giudici di Reggio Calabria aveva già chiarito che lo stato psicologico dell’imputato, per quanto gravato dalle difficoltà del momento, non bastava a giustificare o scusare l’omicidio volontario. La Cassazione ha sostenuto che lo stress da pandemia non si può automaticamente tradurre in condizioni attenuanti per gesti di violenza grave e volontaria.
L’ergastolo confermato lascia quindi fermo il principio di responsabilità penale ricorrendo esclusivamente ai fatti e all’azione criminale. La procedura giudiziaria, iniziata con il primo processo, ha rivelato come le strutture giudiziarie si siano mosse con attenzione alle circostanze, ma sempre con il rigore necessario per azioni di questa gravità.
Il verdetto della quinta sezione penale sancisce la chiusura definitiva di questa vicenda criminale che ha colpito profondamente la comunità di Furci Siculo e oltre, in un periodo storico già segnato dalla pandemia e difficoltà sociali varie.