L’avvocato difensore di semplice è tornato a parlare nel corso di una recente intervista, ribadendo con fermezza la fiducia nell’innocenza del proprio cliente. Al centro delle sue dichiarazioni, la critica verso alcune scelte investigative e i metodi adottati dagli inquirenti. Un quadro di sospetti e diffidenze che emerge dalla sua versione, con un richiamo esplicito al valore dei periti coinvolti nella causa.
Il punto di vista del legale sulla fiducia nei periti
Il difensore ha espresso in modo chiaro la fiducia piena nei periti nominati dagli inquirenti, definendo il loro operato “al mille per mille“. In questo senso, riconosce la professionalità e la competenza tecnica degli esperti che hanno preso parte all’analisi dei fatti. Questo aspetto rappresenta, secondo lui, la base solida su cui si può costituire un sistema giudiziario equo.
Nonostante la stima per i periti, il legale sottolinea come l’attuale procedura d’indagine non lasci margini concreti per difendersi. La formulazione dell’accusa, infatti, utilizza una formulazione “in concorso” che pare escludere ogni possibilità di spiegazione alternativa o di condivisione delle responsabilità in modo sfumato. Questo elemento, percepito come “ingannevole“, mette in difficoltà il difeso e pregiudica la posizione della difesa senza lasciare spazio a varianti diverse da quella accusatoria.
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Le criticità sollevate sull’indagine e i metodi adottati
L’avvocato ha messo in rilievo diversi punti critici relativi alla conduzione dell’inchiesta. In particolare, ha descritto come “insidiosa” tutta la fase investigativa, fin dall’inizio. Secondo la sua testimonianza, la scelta degli inquirenti di far rifare le impronte digitali al proprio assistito utilizzando l’inchiostro, sarebbe stata fuori luogo e poco trasparente.
Questa decisione sarebbe invece indice di un atteggiamento poco corretto e da “slealtà” da parte di chi conduce l’indagine. La richiesta di utilizzare un metodo tradizionale rispetto all’acquisizione delle tracce digitali o biometriche più moderne, avvelena il clima processuale e ingenera dubbi che nessun difensore può ignorare. L’impressione è quella di una gestione non lineare e con costante sospetto verso la difesa, ritenuta poco affidabile nella narrazione dei fatti ufficiali.
Gli effetti psicologici dell’indagine sulla difesa
Il legale non ha trascurato di parlare delle conseguenze psicologiche che questo quadro di incertezza e sfiducia produce sul proprio assistito. Ha citato senza mezzi termini che “si spiegano anche gli incubi”, a indicare come la pressione e la tensione derivanti dall’indagine abbiano avuto riflessi evidenti sullo stato emotivo della persona sotto accusa.
Questa tensione si intreccia con la percezione di una procedura ostile e piena di trappole, dove ogni mossa è sotto la lente d’ingrandimento e dove la mancanza di fiducia reciproca si fa sentire pesantemente. Il rapporto tra inquirenti e difesa, così raccontato, sembra compromesso da un clima di sfiducia reciproca che si riflette non solo nelle dichiarazioni formali ma anche nello stato emotivo del soggetto indagato, proiettato in una situazione di disagio profondo.