Detenuto di bollate descritto equilibrato uccide collega e si suicida a milano in 48 ore

Detenuto di bollate descritto equilibrato uccide collega e si suicida a milano in 48 ore

A Milano un detenuto del carcere di Bollate ha ucciso una collega e si è suicidato dal Duomo, sollevando dubbi sulle valutazioni psichiatriche e la gestione dei permessi lavoro esterni; il ministro Nordio avvia indagini.
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Un detenuto del carcere di Bollate ha ucciso una collega e poi si è suicidato dalla terrazza del Duomo di Milano, sollevando dubbi sulle valutazioni psichiatriche e i controlli sui permessi di lavoro esterno. - Gaeta.it

Un episodio drammatico ha scosso Milano pochi giorni fa, dopo che un detenuto del carcere di Bollate ha assassinato una collega e poi si è tolto la vita dalla terrazza del Duomo. Il caso ha aperto nuovi interrogativi sulle condizioni di salute mentale e sul sistema di sorveglianza dei detenuti con permessi di lavoro esterno. Il ministro Nordio ha avviato verifiche approfondite, ponendo l’attenzione sulla gestione del caso da parte delle autorità competenti.

I rapporti psichiatrici sul detenuto e il suo profilo lavorativo

Nei rapporti ufficiali provenienti dal carcere di Bollate, Emanuele De Maria appariva come una persona con equilibrio mentale stabile. Le sue condizioni psichiche non mostravano disturbi né scompensi. I documenti sottolineavano come il detenuto avesse instaurato legami affettivi nell’ambito del lavoro interno. L’accesso al lavoro esterno gli era stato concesso proprio in virtù di questo apparente stato di stabilità e affidabilità.

Integrazione apparente e inattesa violenza

De Maria sembrava integrarsi nel contesto lavorativo senza problematiche evidenti, e la possibilità di uscire temporaneamente dal carcere veniva vista come un incentivo positivo. Il quadro descritto non lasciava immaginare l’esplosione di violenza che si sarebbe verificata a breve. Ciò fa sorgere domande sulla capacità delle valutazioni cliniche di anticipare comportamenti così estremi.

La violenza scatenata in meno di 48 ore

Il 51enne detenuto ha violato l’obbligo di rientro, scappando dal lavoro esterno per agire in modo violento contro due colleghe. La prima vittima, Chamila Wijesuriyauna, di origine cingalese e 51 anni d’età, è stata uccisa. Il secondo aggredito, Hani Fouad Abdelghaffar Nasr, italo-egiziano di 50 anni, è stato ferito gravemente in un tentativo di omicidio non riuscito.

Rapidità e gravità dell’azione

I dettagli indicano un’azione rapida e deliberata, consumatasi nell’arco di circa 48 ore. L’aggressore, dopo gli atti di violenza, si è diretto verso il centro di Milano. Il gesto estremo è terminato con il suicidio del detenuto dalla terrazza del Duomo, simbolo religioso e monumentale che ha fatto da triste cornice a questa tragedia.

La risposta delle autorità e l’indagine aperta

Dopo i fatti, il ministro della giustizia Carlo Nordio ha inoltrato a Milano una richiesta formale per avviare l’attività ispettiva sul carcere e sugli eventi correlati. Tale indagine mira a verificare gli atti amministrativi, le condizioni di custodia e le procedure applicate al detenuto. Il controllo intende accertare eventuali responsabilità o negligenze che hanno permesso la fuga e la violenza.

Gli uffici giudiziari milanesi hanno preso in carico le verifiche, valutando il materiale documentale e ascoltando i testimoni. La complessità del caso spinge a rivedere le norme riguardanti i permessi di lavoro dei detenuti e i sistemi di monitoraggio durante tali uscite. Lo scandalo si aggiunge a una serie di discussioni sul funzionamento del carcere di Bollate, già al centro di polemiche negli ultimi anni.

Le ripercussioni sul carcere di bollate e il dibattito pubblico sul reinserimento

Il caso di Emanuele De Maria alimenta il dibattito sulla possibilità di affidare a detenuti in apparente stabilità compiti esterni. Bollate, noto per la sua struttura aperta, è spesso considerato un modello nel reinserimento sociale ma questo episodio lascia dubbi sui criteri adottati.

Riflessioni su sicurezza e valutazione psichiatrica

La violenza improvvisa fa emergere la difficoltà di prevedere contraddizioni nascoste nello stato mentale dei detenuti. Sfida le procedure di valutazione e le misure di sicurezza legate ai permessi lavoro. Oggi più che mai, si spinge per rivedere protocolli e rafforzare controlli. Il confronto fra esperti, magistrati e istituzioni dovrà tenere conto di quanto emerso per evitare tragedie analoghe.

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