La denatalità in Italia sta assumendo proporzioni tali da minacciare non solo il tessuto sociale ma anche la stabilità economica del paese. Uno studio recente ha rivelato come il calo delle nascite possa diminuire il Pil nazionale di quasi un punto percentuale all’anno, con una perdita totale che supera i 480 miliardi di euro entro il 2050. Al centro del dibattito vi è il ruolo della procreazione medicalmente assistita , l’unica strategia sanitaria in grado di rallentare questo declino demografico, sostenere il sistema di welfare e contrastare gli squilibri territoriali.
Il calo demografico e le conseguenze sul prodotto interno lordo
Uno studio condotto da Spher-Social and Public Health Economic Research ha elaborato diversi scenari sulla natalità italiana fino al 2050. Nel peggior caso possibile, con un tasso di fertilità totale che scenderebbe fino a 1,02 figli per donna, il Pil potrebbe perdere quasi un punto percentuale ogni anno, tradotto in una perdita economica cumulata superiore ai 482 miliardi di euro. Questi dati evidenziano che la riduzione delle nascite si traduce in una popolazione sempre meno giovane, con effetti negativi sul mercato del lavoro e sulla capacità produttiva nazionale.
Va sottolineato che la natalità non incide soltanto sui numeri di nuovi nati, ma influisce sulla sostenibilità stessa del sistema previdenziale e sanitario. La diminuzione di popolazione giovane comporta meno contribuenti attivi, mentre aumenta la quota di anziani assistiti. I costi sociali diventano più elevati, e senza misure correttive il sistema di welfare rischia di mostrare segni di cedimento con ripercussioni sull’intero paese.
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Nel modello più favorevole, invece, l’attuazione piena dei Livelli essenziali di assistenza per la Pma consentirebbe di aumentare il tasso di fertilità fino a 1,39, contrastando così la discesa e portando vantaggi economici significativi, stimati attorno ai 263 miliardi di euro. La Pma si configura dunque come un’azione decisiva per invertire la tendenza negativa, sia sul piano demografico che finanziario.
Procreazione medicalmente assistita: strumenti concreti per affrontare la crisi demografica
La procreazione medicalmente assistita rappresenta l’insieme di tecniche usate per supportare coppie con difficoltà a concepire naturalmente. Le metodologie approvate in Italia includono l’inseminazione intrauterina, la fecondazione in vitro e l’iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo. Questi metodi permettono di superare molte delle cause di infertilità, offrendo una nuova chance a chi desidera un figlio.
L’inserimento della Pma nei Lea ha una valenza strategica per ridurre le disuguaglianze nell’accesso alle cure. Oggi accedere a questi trattamenti comporta spesso costi elevati, che limitano la possibilità per molte coppie di sottoporsi ai cicli necessari. Garantire uniformità in tutte le regioni consente quindi di portare avanti politiche di inclusione sanitaria e sociale, abbattendo le differenze territoriali.
Secondo gli esperti, l’estensione delle procedure di preservazione della fertilità rappresenta un ulteriore passo per contrastare il calo delle nascite. Questa pratica tutela la possibilità di concepire in futuro, intervenendo prima che condizioni mediche o l’età compromettano le risorse riproduttive. Anche migliorare il percorso nascita, con un’assistenza completa che inizi dal desiderio di gravidanza e prosegua fino ai primi mille giorni di vita del bambino, è ritenuto un elemento chiave per una presa in carico più efficace delle donne.
Dati e tendenze sull’uso della pma in italia negli ultimi anni
Negli ultimi vent’anni le tecniche di Pma hanno conosciuto una crescita significativa in Italia. Il numero di cicli eseguiti è raddoppiato, e i tassi di gravidanza da queste procedure sono migliorati sensibilmente. Sempre più bambini nascono grazie a trattamenti assistiti: oltre 217mila finora, con 16.718 nuovi nati nel 2022, che rappresentano il 4,3% del totale delle nascite.
Questo dato risulta ancora più rilevante nelle classi di età superiore ai 40 anni, dove circa una gravidanza su cinque è frutto della Pma. Molte donne si affidano a queste tecniche dopo aver superato tentativi naturali o terapie meno invasive senza successo.
La diffusione crescente di queste procedure dimostra quanto sia importante non solo mantenerle accessibili, ma anche rafforzare la prevenzione e l’educazione alla fertilità. Solo così sarà possibile agire in modo più tempestivo sui problemi riproduttivi, intervenendo senza lasciare che le difficoltà si accumulino fino a rendere difficile la gravidanza.
Le voci dei protagonisti e le strategie istituzionali per un sistema più equo
Le autorità sanitarie e politiche sottolineano l’importanza di creare un sistema di welfare che metta la salute riproduttiva tra le priorità. Il ministero della Salute insiste sulla necessità di finanziare stabilmente la sanità, puntando su innovazione e governance per assicurare risposte durature e omogenee.
Il presidente del Consiglio Regionale del Lazio evidenzia come la Pma non debba essere un lusso ma un diritto accessibile a tutti. Nel Lazio è stata attivata una rete di centri specializzati in grado di offrire assistenza diffusa su tutto il territorio. Questo esempio mostra quanto le istituzioni locali possano fare per rendere operativo il nuovo quadro normativo.
Infine, il settore privato contribuisce interpretando la fertilità come un tema da mettere al centro di un dialogo ampio e continuo. Organon, ad esempio, sostiene la creazione di alleanze tra diversi attori, mettendo a disposizione dati e studi che aiutino a orientare le scelte pubbliche. La necessità di risposte coordinate, tra istituzioni e società, esprime la complessità della denatalità e l’urgenza di agire senza ulteriori ritardi.