Il caso di Garlasco, uno dei processi più seguiti in Italia, continua a suscitare dibattiti, in particolare sull’uso delle prove scientifiche e sulle interpretazioni che influenzano l’opinione pubblica. Selvaggia Lucarelli ha recentemente preso posizione, sollevando dubbi sulle fonti e le modalità con cui alcune teorie vengono trattate dai media. Al centro dell’attenzione anche le dichiarazioni di una sensitiva, accusata di alimentare false certezze attorno al caso.
Le riflessioni dell’avvocato cataldo intrieri sulla prova scientifica nel caso garlasco
L’avvocato Cataldo Intrieri, esperto cassazionista, è intervenuto con un’intervista pubblicata su Il Fatto Quotidiano, dove ha discusso il ruolo della prova scientifica nel processo contro Alberto Stasi. Intrieri ha puntualizzato che una teoria scientifica deve sempre poter essere messa in discussione. Ha citato il filosofo Karl Popper per spiegare che una tesi è scientifica se consente di essere falsificata da un’altra teoria.
Uso deformato della scienza nelle indagini
Intrieri ha sostenuto che nel caso Garlasco si assiste a un uso deformato della scienza, visto che spesso la ricerca scientifica serve a confermare ipotesi già prefissate. Ha aggiunto che i tecnici coinvolti negli accertamenti possono inconsapevolmente piegare i risultati alle aspettative di chi li commissiona.
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Interrogato dalla giornalista Lucarelli sul fatto che la scienza sembri usata come uno strumento per rafforzare una tesi piuttosto che per verificarla, Intrieri ha confermato questa impressione, definendola una “grande illusione”. Questo approccio secondo lui può generare errori giudiziari e falsare il corso della giustizia.
Sul caso specifico di Stasi, Intrieri ha ricordato le sentenze di assoluzione precedenti alla condanna definitiva, ritenendo che questo avrebbe dovuto suggerire cautela. Ha invitato a fermarsi, perché proseguire nella ricerca di una soluzione definitiva rischia di far commettere un altro errore, con analogie al comportamento di un arbitro che corregge un fallo inesistente con un altro sbagliato.
Il commento di selvaggia lucarelli sulla diffusione delle parole della sensitiva
Negli ultimi giorni, Selvaggia Lucarelli ha reagito sulle sue pagine social a un articolo della direttrice di Giallo, Albina Perri, che aveva diffuso la versione di una sensitiva, Maria Grazia Montani. La donna avrebbe detto di ricevere messaggi dall’aldilà da Chiara Poggi, vittima dell’omicidio, e di aver riferito queste comunicazioni alla madre della ragazza.
Montani si era dichiarata certa della colpevolezza di Alberto Stasi, una convinzione che, secondo Lucarelli, potrebbe aver influenzato anche la famiglia Poggi, portandoli a un’accettazione netta di questa versione. La giornalista ha definito questa dinamica come una possibile truffa emotiva che alimenta sicurezze infondate.
Critica al giornalismo di giallo
Lucarelli ha criticato apertamente la direttrice del magazine Giallo, sottolineando l’incongruenza di dare spazio a dichiarazioni di una sedicente sensitiva all’interno di un giornale specializzato in cronaca nera. Il messaggio lanciato è stato chiaro: un’informazione seria non può fondarsi su elementi privi di fondamento oggettivo, sia quando riguardano questioni giudiziarie delicate sia nella gestione delle speranze delle famiglie coinvolte.
La complessità del caso e la necessità di cautela nelle ricostruzioni
Il delitto di Garlasco ha coinvolto diverse sentenze e ricostruzioni che ne hanno fatto un processo simbolo della tensione tra giustizia e mediazione scientifica. La vicenda ha visto alternarsi ipotesi contrastanti, con la condanna definitiva di Stasi che continua a essere discussa anche a distanza di quasi vent’anni.
Le parole di Intrieri e Lucarelli mettono in luce due aspetti centrali: da una parte la difficoltà di affidarsi esclusivamente alle analisi scientifiche quando possono essere condizionate da interpretazioni, dall’altra il rischio connesso alla diffusione di notizie infondate o suggestive, come i messaggi dall’aldilà riferiti da una sensitiva.
In un caso così complesso, ogni nuova ricostruzione deve essere valutata con rigore, senza cedere a colpi di scena mediatici né lasciarsi trasportare da emozioni o teorie non supportate da prove concrete. Sia nel procedimento giudiziario, sia nel racconto pubblico, serve rigore, soprattutto quando riguarda vite umane e le loro conseguenze.