Dati allarmanti sulla natalità in Italia: scende a 1,2 figli per donna, il minimo dal dopoguerra

Dati allarmanti sulla natalità in Italia: scende a 1,2 figli per donna, il minimo dal dopoguerra

Il tasso di natalità in Italia raggiunge un minimo storico, con solo 1,2 figli per donna nel 2023. Esperti avvertono su gravi conseguenze sociali e necessità di interventi urgenti.
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Dati allarmanti sulla natalità in Italia: scende a 1,2 figli per donna, il minimo dal dopoguerra - Gaeta.it

La situazione demografica in Italia sta attraversando un periodo di significativo declino, con dati che evidenziano un tasso di natalità mai così basso dal secondo dopoguerra. Le informazioni pubblicate dall’Istat per l’anno 2023 rivelano che la media dei figli per donna è ora di 1,2, una cifra preoccupante che contribuisce a delineare un quadro demografico critico. Assimilare queste informazioni è fondamentale per comprendere le sfide future della società italiana, specialmente in relazione al tema della medicina della riproduzione e della genitorialità.

Diminuzione delle nascite: un trend negativo

I dati Istat del 2023 mostrano una flessione significativa nel numero delle nascite, che si attesta a 379mila nuovi nati, segnando una diminuzione del 3,6% rispetto all’anno precedente. Nel 2022, il tasso di natalità era di 6,7 per mille, ora ridotto a 6,4 per mille. Questo abbassamento del numero di nascite non è un fenomeno isolato, ma un trend che perdura dal 2008, l’ultimo anno in cui il Paese aveva registrato un incremento delle nascite. In questo lasso di tempo, il calo totale ammonta a ben 197mila unità, pari a una diminuzione del 34,2%. Concentrandosi sul numero medio di figli per donna, si passa da 1,24 nel 2022 a 1,20 nel 2023, avvicinando pericolosamente il precedente minimo storico di 1,19 registrato nel 1995.

Le preoccupazioni degli esperti sulla situazione attuale

Interviene Rocco Rago, direttore dell’Unità operativa di Fisiopatologia della riproduzione dell’ospedale Sandro Pertini di Roma, sottolineando che la situazione è da considerarsi “gravissima”. Durante la XVIII edizione delle Giornate di Andrologia e Medicina della Riproduzione, Rago ha messo in evidenza che l’età media delle donne che ricorrono a tecniche di procreazione assistita ha raggiunto i 37 anni, e sale a oltre 42 anni nel caso dell’eterologa. Prevedendo una proiezione per il 2024, il numero di nati in Italia potrebbe scendere ulteriormente, stimato tra i 350mila e 360mila, un forte abbassamento rispetto ai 399mila nati del 2021. Resta significativo il confronto con il passato, dal momento che nel 1964 le nascite in Italia superavano il milione e 350mila.

Fattori contribuenti al calo della natalità

Il cambiamento delle dinamiche sociali e culturali contribuisce sostanzialmente al calo della –natalità in Italia. Rago evidenzia la posticipazione delle nascite, fenomeno che ha un impatto particolarmente significativo sulla fertilità. Questa tendenza è dovuta a vari fattori, tra cui il posticipo nelle scelte di maternità, ora 10 anni più tardi, e l’emergere di problematiche legate alla salute come le patologie oncologiche. Inoltre, cambiamenti negli stili di vita e nei valori culturali influenzano negativamente il desiderio di diventare genitori. Le difficoltà di concepimento e l’infertilità di coppia assumono un ruolo centrale nel dibattito pubblico, rendendo essenziale la sensibilizzazione della popolazione sulle cause e le conseguenze.

La necessità di una maggiore sensibilizzazione

Un aspetto essenziale per invertire questo trend negativo è l’informazione. Gran parte della popolazione, in particolare i giovani, presenta ancora molte sconoscenze riguardo alle cause dell’infertilità e alla temporizzazione delle scelte familiari. Rago sottolinea l’importanza di diffondere una cultura della fisiologia della riproduzione, evidenziando che la fertilità femminile inizia a declinare intorno ai 35 anni. Allo stesso modo, è fondamentale educare sulle conseguenze a lungo termine delle scelte di vita orientate all’individuo, che talvolta possono non allinearsi con il desiderio di maternità.

Investimenti in infrastrutture di supporto

Rago prosegue affermando l’importanza di investire in infrastrutture che possano supportare le donne nel conciliare lavoro e maternità. Il modello di famiglia allargata, una volta presente in Italia, è ora quasi scomparso, rendendo difficile per molte donne rientrare al lavoro senza un adeguato supporto. Servizi accessibili, sia economicamente che in termini di disponibilità, sono essenziali per garantire una qualità della vita che possa stimolare anche la natalità. In questo contesto, la creazione di politiche pubbliche efficienti in questo ambito potrebbe rappresentare un passo fondamentale per affrontare le sfide demografiche del Paese.

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