Danny boyle racconta l’Oscar per the millionaire e il ritorno con 28 anni dopo

Danny boyle racconta l’Oscar per the millionaire e il ritorno con 28 anni dopo

Danny Boyle racconta la sua carriera, dall’Oscar per The millionaire al nuovo film 28 anni dopo con Jodie Comer, difendendo il valore del cinema in sala e l’influenza di grandi registi come Francis Ford Coppola.
Danny Boyle Racconta Le28099Oscar P Danny Boyle Racconta Le28099Oscar P
Danny Boyle ha presentato a Roma il suo nuovo film "28 anni dopo", riflettendo sull’esperienza dell’Oscar per "The Millionaire" e difendendo il valore unico della visione collettiva in sala. - Gaeta.it

Danny Boyle, regista britannico classe 1956, ha recentemente partecipato a una masterclass alla Casa del Cinema a Roma, in occasione dell’uscita del suo nuovo film “28 anni dopo”. Il regista ha parlato dell’Oscar vinto per la regia di “The millionaire”, riflettendo su come questa esperienza abbia influenzato la sua carriera e sul suo rapporto con il grande schermo. Il nuovo thriller horror distopico con Jodie Comer, Aaron Taylor-Johnson e Ralph Fiennes arriva nelle sale il 18 giugno, sotto distribuzione Eagle Pictures. L’evento, promosso da Fondazione Cinema per Roma e Sony Pictures, ha incluso la proiezione in anteprima di 28 minuti del film, suscitando grande interesse da parte di un pubblico numeroso.

Il valore della visione collettiva davanti al grande schermo

Danny Boyle difende con fermezza il cinema nelle sale. Ha commentato che le grandi aziende tecnologiche puntano a farci vivere attraverso smartphone e piattaforme digitali, connettendoci online. Il regista invece considera il cinema come un’esperienza unica e collettiva, paragonabile a un evento sportivo come una partita di calcio. Per lui, questa dimensione non si può perdere. È convinto che la magia della visione condivisa sul grande schermo sia irripetibile e che il film nelle sale mantenga un valore irrinunciabile nel mondo contemporaneo.

L’oscar per the millionaire, un pezzo di storia sullo scaffale

Danny Boyle ha raccontato con ironia che la statuetta vinta per “The millionaire”, uno degli otto Oscar assegnati al film, è rimasta per un po’ riposta su uno scaffale in casa sua. “Pensavo di poterlo guardare ogni tanto, ma in realtà è lui che ti guarda continuamente”, ha detto sorridendo durante la masterclass. Per questo motivo ha deciso di metterla in una scatola. Ha poi sottolineato come la vittoria dell’Oscar rappresenti sì un riconoscimento importante, ma un vantaggio che svanisce in fretta quando si tratta di iniziare un nuovo progetto. Boyle ha voluto ricordare che per ciascun film si ricomincia sempre dal primo gradino, anche dopo il successo più grande.

Il debutto al cinema e il legame con autori e film cult

Boyle ha scoperto il suo amore per il cinema da bambino, all’età di 11 anni, grazie a “La battaglia dei giganti” di Ken Annakin. Ha raccontato che persino George Lucas si è ispirato a questo film per il nome di uno dei personaggi di “Star Wars”. Tra i lungometraggi più amati dal regista britannico si trova “Apocalypse Now” di Francis Ford Coppola, che secondo lui è un maestro assoluto della regia. Nel suo ultimo lavoro “28 anni dopo”, infatti, si possono cogliere diversi riferimenti a questo capolavoro. L’influenza culturale di grandi registi ha rappresentato per Boyle un punto di riferimento costante.

Dalla consacrazione con trainspotting al cinema d’avventura e verità

Il successo internazionale è arrivato con il suo secondo lungometraggio, “Trainspotting” del 1996. Con quel film Boyle ha capito l’importanza di mantenere i piedi ben saldi a terra. Quella pellicola ha aperto a nuove opportunità, ma per il regista il punto chiave è sempre stato usare un successo per realizzare il progetto successivo. Un esempio è il film “127 ore”, basato sulla storia vera dell’alpinista Aron Ralston, costretto ad amputarsi un braccio per salvarsi. Boyle ha spiegato che senza la fama ottenuta con “The millionaire” nessuno studio avrebbe mai finanziato un film così rischioso e particolare.

I blockbuster e i desideri di regia nel cinema moderno

Boyle, da spettatore, apprezza anche i blockbuster, in particolare quelli capaci di stabilire un collegamento diretto con il pubblico. Racconta di aver visto “Mission Impossible”, ma di non sentirsi attratto dall’idea di dirigere un film così legato a uno studio grande e a star internazionali. Preferirebbe lavorare a un progetto come “Sinners”, che propone al pubblico sfide più dure e stimolanti. Questo riflette il percorso del regista, che ha sempre cercato di mantenere una certa autonomia creativa e una sensibilità particolare nei confronti delle storie raccontate.

Change privacy settings
×