Da Londra al monte everest in una settimana grazie all’uso di xenon eclatante spedizione aerea e alpinistica

Da Londra al monte everest in una settimana grazie all’uso di xenon eclatante spedizione aerea e alpinistica

Quattro britannici completano la scalata del monte Everest in sette giorni partendo da Londra, grazie all’uso innovativo del gas xenon per un rapido adattamento all’altitudine e monitoraggio medico costante.
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Quattro britannici hanno scalato il monte Everest in soli sette giorni, da Londra al ritorno, grazie all’uso innovativo del gas xenon che ha accelerato l’acclimatazione e ridotto i rischi legati all’altitudine. - Gaeta.it

Un gruppo di quattro britannici ha completato un’ascesa vertiginosa sul monte Everest in solo sette giorni, partendo da Londra e facendo ritorno nella capitale inglese, un risultato che molti considererebbero irraggiungibile. Questa impresa ha attirato l’attenzione internazionale non solo per la rapidità ma anche per la tecnica innovativa adottata: l’uso del gas xenon per facilitare l’adattamento all’altitudine. L’agenzia austriaca guidata da Lukas Furtenbach ha così dimostrato che, con le giuste condizioni, si possono ridurre i tempi tradizionalmente necessari per raggiungere la vetta più alta del mondo.

Il viaggio lampo: da Londra al campo base in poche ore

La spedizione ha preso il via il 16 maggio dall’aeroporto di Londra. I quattro alpinisti si sono imbarcati su un volo diretto verso Kathmandu, capitale del Nepal, raggiunta già il giorno seguente, il 17 maggio. Da lì hanno viaggiato rapidamente verso la quota di 5.300 metri, sede del campo base Everest, un punto cruciale per la preparazione alla scalata vera e propria. Al loro arrivo, hanno subito superato una visita medica per verificare le condizioni fisiche. Quel controllo ha rappresentato la prima tappa fondamentale prima di affrontare la salita in altezza, consentendo di confermare l’idoneità agli sforzi intensi da affrontare nei giorni seguenti.

Ritmo serrato e preparazione logistica

Il passaggio veloce da Londra al campo base non solo ha abbattuto i tradizionali tempi di acclimatazione, ma ha preparato i partecipanti alle tappe successive, imponendo un ritmo serrato sin dall’uscita dal Regno Unito. La scelta di limitare le ore tra i vari fusi orari e ridurre le pause ha richiesto un’attenta pianificazione logistica, indispensabile per un’impresa che si punta a completare in meno di una settimana.

L’ascesa rapida verso la vetta: tappe e altitudini

Dopo il primo contatto con il campo base, la salita è proseguita il 18 maggio verso il campo 2, posto a un’altitudine di circa 6.450 metri. La progressione verso il campo 3 e poi il campo 4 è avvenuta con la stessa rapidità, siglando una marcia ininterrotta verso la vetta. Il 21 maggio, alle 7.03 del mattino, i quattro britannici hanno raggiunto la cima del monte Everest, che si eleva a 8.848 metri.

Innovazione medica e monitoraggio costante

Questa scalata, condotta in soli cinque giorni partendo dal campo base, rompe con molte delle tradizionali regole dell’alpinismo sull’Everest, dove si considera di norma indispensabile un acclimatamento più lungo per ridurre i rischi di malori legati alla bassa pressione atmosferica e alla carenza di ossigeno. La rapidità della salita è stata resa possibile dall’uso del gas xenon e da un accurato processo medico di monitoraggio. Ogni tappa è stata seguita da controlli per gestire lo stato di salute degli alpinisti, garantendo che nessuno si trovasse in condizioni di emergenza.

Il ritorno a valle e il ruolo medico dello xenon nella spedizione

Dopo la scalata, i quattro alpinisti sono scesi verso il campo 2, prima di proseguire di notte fino al campo base, dove sono arrivati il 22 maggio alle 6.30 di mattina. Una seconda visita medica ha certificato le condizioni fisiche dopo l’impresa, dando il via libera per il ritorno a Kathmandu e, successivamente, per il volo verso Londra. L’aereo è atterrato il 23 maggio alle 6.15. Una settimana esatta tra la partenza da Londra e l’arrivo dopo aver conquistato la vetta dell’Everest.

Lukas Furtenbach, fondatore dell’agenzia austriaca, ha difeso l’uso del gas xenon durante una intervista alla Tiroler Tageszeitung. Secondo lui, questo gas nobile, prima utilizzato soprattutto come anestetico, aiuta ad aumentare la produzione naturale di eritropoietina, l’ormone che stimola la produzione dei globuli rossi nel sangue, favorendo un acclimatamento più rapido. Furtenbach ha sottolineato che la procedura riduce i rischi di malori tipici dell’alta quota, mantenendo però necessari una preparazione tecnica elevata degli alpinisti e condizioni meteorologiche favorevoli per riuscire nell’impresa.

Prospettive future sulle spedizioni rapide con l’uso di xenon

Chiaramente l’obiettivo principale di Furtenbach, portatore di questa novità nell’alpinismo, era dimostrare la fattibilità di scalate lampo in contesti estremi, grazie a tecniche mediche e tecnologiche contemporanee. L’esperienza maturata porterà alla proposta di future spedizioni dalla durata più dilatata, probabilmente di due settimane, per permettere una certa flessibilità in caso di condizioni sfavorevoli.

Nuova frontiera nell’alpinismo ad alta quota

Il percorso appena tentato mette in luce una nuova frontiera nei metodi di arrampicata ad alta quota, che potrebbe aprire strade alternative nel mondo dell’alpinismo professionistico e non solo. Resta il fatto che per mantenere un equilibrio tra rischio e riuscita serve un’attenta preparazione degli scalatori, comprendente competenze fisiche, esperienza in alta montagna e un controllo medico puntuale. Un passo avanti visibile, ma ancora dipendente da moltissimi fattori ambientali e umani.

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