Negli ultimi anni, la situazione dei Centri di Permanenza per il Rimpatrio in Italia ha sollevato serie preoccupazioni, sia in termini di costi che di efficienza nel rimpatrio degli stranieri. Un rapporto di ActionAid del 2024, frutto di una collaborazione con il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Bari, offre un’analisi approfondita della condizione attuale di questi centri e delle sfide che affrontano. Nonostante enormi spese, il numero di rimpatri effettuati rimane allarmantemente basso, mettendo in luce un sistema che appare sempre più inefficace.
I numeri dei rimpatri nei Cpr
Secondo il rapporto, nel corso del 2023, solamente il 10% degli stranieri soggetti a provvedimenti di espulsione è stato effettivamente rimpatriato dai Cpr, corrispondente a 2.987 persone su un totale di 28.347. L’intero sistema di rimpatri, considerando anche altre modalità come quelle effettuate in frontiera o negli aeroporti, ha visto un totale di 4.267 rimpatri. Questo risultato si traduce in un aumento delle persone detenute nei Cpr, che dal 2014 al 2023 sono state circa 50.000.
I dati indicano anche che i Cpr operano attualmente a una capacità media del 53%, con solo 10 strutture funzionanti su 12. Questa inefficienza è evidenziata dagli esperti, come Fabrizio Coresi di ActionAid, il quale ha descritto i Cpr come un modello di gestione inadeguato e disumano. La situazione si complica ulteriormente con la proposta di nuovi centri di trattenimento in Albania, voluti dal governo, che potrebbero riproporre le stesse problematiche.
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Ristrutturazione del sistema detentivo per stranieri
Un aspetto fondamentale emerso dallo studio è la trasformazione del sistema di detenzione, che appare mirato all’ottimizzazione dei rimpatri per i richiedenti asilo. Questo ha portato alla creazione di un circuito detentivo specializzato, in cui i Cpr sono coinvolti nella gestione dei rimpatri accelerati. Lo studio ha rilevato che in questo contesto, i Cpr sono diventati parte della strategia per l’espulsione dei cittadini tunisini, che sono risultati la maggioranza dei rimpatri nazionali.
La percentuale di altri stranieri effettivamente rimpatriati è calata drasticamente, quasi a diventare irrilevante. In particolare, i dati provenienti dai Cpr siciliani mostrano che il 54% dei rimpatri nazionali avviene da queste strutture, di cui l’85% sono cittadini tunisini, un gruppo che rappresenta meno dell’11% degli arrivi complessivi in Italia nel 2023. Questa realtà suggerisce l’emergere di un circuito detentivo parallelo a quello già esistente.
Costi e sostenibilità dei Cpr
Il costo del mantenimento dei Cpr rappresenta un’altra problematica centrale. Tra il 2022 e il 2023, il sistema ha assorbito 39 milioni di euro, con una spesa media annuale per ogni struttura che ha raggiunto circa 1,76 milioni di euro. Il calcolo del costo per posto nei Cpr ha evidenziato cifre ingenti, con una media di quasi 29 mila euro annui. Questi costi non includono però le spese accessorie, che tendono a esacerbare ulteriormente la situazione finanziaria.
Il Cpr di Brindisi emerge come il più costoso, con un costo medio di oltre 71.500 euro per ogni posto, nonostante una capienza effettiva di soli 14 posti. La situazione è altrettanto critica per il Cpr di Torino, che nel 2022, nonostante la sua chiusura, ha comportato costi per oltre 3,4 milioni di euro, rendendosi di fatto il Cpr più costoso d’Italia. Ponte Galeria, a Roma, ha visto spese di quasi 93 milioni di euro dal 2018 al 2023, con oltre 33 milioni utilizzati per manutenzione straordinaria, suggerendo come l’inefficienza del sistema comporti un incremento esponenziale dei costi di gestione.
Questi dati pongono interrogativi sulla sostenibilità futura dei Cpr, che necessitano di una riforma urgente per migliorare la loro funzionalità e per rendere i rimpatri più efficienti.