La corte di appello di Genova ha confermato il diritto a un risarcimento superiore a 200mila euro per i familiari di un ex dipendente dell’arsenale marittimo della Spezia, morto a causa di un mesotelioma legato all’esposizione all’amianto. La decisione giunge dopo una battaglia legale che ha visto contrapporsi la famiglia del lavoratore e il Ministero della Difesa. Questo caso ripropone l’attenzione sulle condizioni di sicurezza negli ambienti lavorativi della Marina Militare e sulle responsabilità di enti pubblici nella tutela della salute.
La vicenda giudiziaria e la conferma della corte di appello di genova
La corte di appello di Genova ha respinto l’appello presentato dal Ministero della Difesa contro la sentenza originale pronunciata dal Tribunale della Spezia. Quest’ultimo aveva stabilito un risarcimento che poi era stato oggetto di contestazione da parte del ministero, il quale chiedeva una riduzione dell’importo riconosciuto. La conferma della cifra superiore a 200mila euro sancisce il riconoscimento formale del nesso tra il decesso del lavoratore e l’esposizione all’amianto nella base navale.
Lo scorso anno, infatti, i giudici genovesi hanno consolidato la decisione che garantisce un risarcimento adeguato agli eredi, considerata la lunga esposizione a un rischio sanitario noto e la gravità della patologia contratta. La Fnp Cisl della Spezia, attraverso il responsabile Antonio Montani, ha seguito da vicino la vicenda, supportando la famiglia nell’intero percorso legale. L’organizzazione ha annunciato la chiusura positiva del caso, sottolineando l’importanza di questa sentenza sia sul piano giuridico sia per il riconoscimento dei danni subiti dai lavoratori della Marina.
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Il profilo del lavoratore e la diagnosi di mesotelioma
L’uomo coinvolto nella vicenda aveva dedicato 38 anni della sua vita professionale all’interno dell’arsenale marittimo della Spezia, contribuendo alle attività della Marina Militare come dipendente stabile. La lunga carriera, svolta tra materiali e ambienti industriali, ha comportato un’esposizione intermittente ma significativa all’amianto, un minerale ampiamente utilizzato in passato come isolante e resistente al calore.
Nel 2022, dopo aver manifestato i primi sintomi, è stato diagnosticato un mesotelioma, un tumore aggressivo e difficilmente curabile che colpisce la membrana che riveste polmoni e altri organi e che si sviluppa proprio in seguito all’inalazione di fibre di amianto. La patologia ha avuto un decorso rapido e il lavoratore è deceduto nello stesso anno, lasciando la moglie e i figli ad affrontare tanto il dolore quanto la difficile situazione economica. Il nesso tra mesotelioma e esposizione professionale è stato accertato durante il procedimento giudiziario.
L’assistenza legale e il ruolo dell’avvocato nella battaglia per i familiari
A sostenere la famiglia in questa lunga battaglia legale è stato l’avvocato Cosimo Lovelli. Appena scoperta la malattia, il lavoratore si era rivolto a lui per avviare le pratiche necessarie a ottenere un riconoscimento e un risarcimento per i danni subiti. L’avvocato ha seguito minuziosamente ogni fase, raccogliendo prove, documenti medici e testimonianze, fondamentali per dimostrare l’origine occupazionale del mesotelioma.
Durante il processo, la strategia legale si è concentrata sul consolidamento della correlazione tra le condizioni di lavoro nell’arsenale e lo sviluppo della malattia, superando le obiezioni sollevate dall’amministrazione pubblica. Grazie a questo impegno, è stata mantenuta la sentenza favorevole del tribunale di primo grado, con la corte d’appello che ha respinto l’appello. Dal punto di vista giuridico, la vicenda funge da esempio di tutela per i lavoratori esposti a rischi ambientali e mette in evidenza l’importanza di un’assistenza qualificata.
Impatto e riflessi sul controllo della sicurezza nelle basi navali italiane
La conferma di questo risarcimento richiama l’attenzione sulle condizioni di salute all’interno delle aree operative della Marina Militare, specialmente in quegli ambienti caratterizzati da materiali potenzialmente pericolosi come l’amianto. L’utilizzo di questo materiale, vietato da anni, ha lasciato una pesante eredità in termini di esposizioni latenti che ancora producono conseguenze gravi.
Il caso ricorda la necessità di un controllo continuo e rigoroso sulle condizioni di lavoro, soprattutto nelle strutture militari dove la sicurezza può risultare meno visibile all’opinione pubblica. “La sentenza invita a una maggiore responsabilità negli ambienti di lavoro storici, dove esposizioni a sostanze tossiche possono provocare malattie terminali dopo decenni.” Le autorità competenti e gli enti pubblici sono chiamati a monitorare con attenzione questi contesti per evitare nuovi casi simili.