L’escalation tra Israele e Iran si è intensificata nella notte con il lancio di numerosi missili verso obiettivi militari israeliani, mentre dall’altra parte l’esercito israeliano ha risposto colpendo infrastrutture a Teheran. In questo contesto, l’ex presidente Donald Trump ha rilasciato dichiarazioni forti sulla possibilità di un intervento militare diretto contro la repubblica islamica, ponendo in evidenza la tensione crescente in Medio Oriente. Queste tensioni seguono giorni di violenze che hanno causato decine di morti soprattutto in Iran e alcune vittime in Israele.
Attacchi missilistici e sirene di allarme in israele e teheran
Nella notte tra il 14 e il 15 febbraio 2025, Teheran ha scatenato una serie di attacchi missilistici indirizzati soprattutto verso basi dell’aeronautica israeliana nelle regioni centrali e settentrionali del paese. Fonti ufficiali iraniane hanno riferito che i missili lanciati includevano armamenti ipersonici, un elemento che indica un salto di intensità nel conflitto. Le sirene di allarme hanno suonato in molte città israeliane, contribuendo a creare uno stato di apprensione tra la popolazione civile.
Nel frattempo, l’esercito di difesa israeliano ha replicato con raid mirati su Teheran, colpendo specifiche infrastrutture militari. Prima di questi attacchi, le forze israeliane avevano segnalato ai residenti del distretto 18 della capitale iraniana di evacuare l’area, un segnale chiaro della gravità degli attacchi in corso. L’assenza di segnalazioni immediate di vittime da entrambi i lati in queste azioni recenti lascia intendere che finora si tratti di colpi calibrati più per danneggiare strutture chiave che per causare perdite umane su larga scala.
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Questi nuovi raid arrivano dopo giorni in cui i combattimenti hanno provocato la morte di più di 200 persone in Iran e 24 in Israele. La diffusione rapida degli eventi e la natura dei missili impiegati indicano che la situazione resta altamente volatile, con enormi rischi di escalation.
Le parole di ali khamenei evocano una nuova fase del conflitto
Ali Khamenei, guida suprema dell’Iran, ha pronunciato un messaggio chiaro e deciso attraverso un post sul social X. Ha evocato la figura di Haidar — un titolo onorifico riferito a Ali, primo imam per i musulmani sciiti — per sottolineare l’inizio di una risposta militare forte contro ciò che ha definito il “regime terrorista sionista”. Nel suo messaggio, Khamenei ha dichiarato che “non ci sarà pietà per il nemico”, assumendo una posizione di chiara durezza nel contesto del conflitto.
Questo discorso rappresenta un segnale diretto alla popolazione iraniana e agli avversari, in particolare a Israele, puntando a rafforzare la convinzione che l’Iran non arretrerà di fronte alle tensioni in corso. Le parole di Khamenei rivelano il cambio di tono nella comunicazione ufficiale iraniana, che ora mostra una determinazione aperta a proseguire la lotta anche a costo di ulteriori scontri armati.
Le citazioni riportate rimangono strettamente legate ad un linguaggio tipico dei leader religiosi sciiti, con riferimenti simbolici che rimandano alla tradizione e alla legittimazione religiosa. Questo rende il messaggio meno vulnerabile a controversie interne, ma allo stesso tempo più duro nei confronti dell’avversario.
La posizione ambigua di donald trump e la possibile guerra americana
Donald Trump, ex presidente degli Stati Uniti, ha aggiunto un’ulteriore tensione alla crisi in Medio Oriente con delle dichiarazioni su social. Trump ha affermato che gli Stati Uniti conoscono la posizione di Ali Khamenei e considerano il leader supremo iraniano “un bersaglio facile”. Tuttavia, ha chiarito che non ci sono piani attuali per eliminarlo e che questa opzione non è esclusa ma rimane sospesa “almeno per ora”. Questo messaggio offre uno squarcio importante sulla strategia statunitense: da un lato afferma capacità militari significative, dall’altro mostra una certa cautela nell’agire direttamente.
Il tycoon ha anche lanciato un monito contro il lancio di missili su civili o soldati americani, avvertendo che la “pazienza si sta esaurendo”. I suoi messaggi, molto netti e a tratti sibillini, si rivolgono direttamente a Teheran, chiedendo una resa incondizionata. Queste parole contrastano però con alcune recenti dichiarazioni del premier israeliano Benjamin Netanyahu, che aveva negato l’esistenza di un veto statunitense sull’eliminazione di Khamenei.
Possibili sviluppi militari e intervento degli stati uniti
Nelle ultime ore Trump ha inoltre avuto un colloquio con Netanyahu, suggerendo il possibile avvicinarsi degli Stati Uniti ad un coinvolgimento diretto nel conflitto. Fonti dell’amministrazione riportate dal Wall Street Journal affermano che la decisione finale non è ancora stata presa. L’ex presidente ha riunito i consiglieri per la sicurezza nella Situation Room della Casa Bianca per discutere le opzioni militari legate all’eventualità di un attacco diretto contro l’Iran, portando così la crisi su un piano più alto e grave.
Questa fase testimonia la rapidità con cui un confronto regionale rischia di trasformarsi in un conflitto più ampio, con le potenze mondiali che entrano nel gioco con atteggiamenti ambivalenti ma sempre più decisi.