Un tribunale di Bergamo ha emesso una sentenza di 21 anni e 4 mesi di reclusione nei confronti di un uomo di 67 anni accusato di molestie su due minori affidati alla moglie. I fatti, emersi nel corso del 2022, riguardano episodi avvenuti in tempi differenti, ma entrambi nell’ambito familiare. Le accuse riguardano abusi sessuali su una bambina tra i 3 e i 5 anni e su un bambino tra i 6 e i 7 anni. La sentenza prevede anche risarcimenti economici e misure di libertà vigilata al termine della detenzione.
I fatti contestati e le modalità degli abusi in famiglia
L’uomo è stato dichiarato colpevole per molestie sessuali nei confronti di due bambini, entrambi affidati alla moglie, che si sarebbero verificati nell’abitazione di famiglia. Le violenze sulla bambina si sarebbero protratte tra il 2020 e il 2022, periodo in cui la bimba aveva tra i 3 e i 5 anni. L’altro minore, invece, avrebbe subito abusi tra il 2012 e il 2013, all’epoca dei fatti aveva 6 e 7 anni.
Questi episodi si distanziano quindi di diversi anni l’uno dall’altro, a conferma della gravità delle accuse estese nel tempo. L’uomo non è mai stato arrestato né sottoposto a misure cautelari nel corso delle indagini. La presenza degli abusi in casa conferma uno scenario difficile, dove la vicinanza personale e la fiducia vengono tradite.
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Il pubblico ministero Guido Schininà aveva chiesto una pena di 15 anni, partendo dal minimo previsto dalla legge per i reati contestati. Oltre alla gravità dei fatti, la richiesta teneva conto del vincolo di continuazione, ossia la considerazione degli episodi come parte di un insieme di reati posti in essere dallo stesso autore. La difesa, rappresentata dall’avvocato Stefano Paganelli, aveva invece chiesto l’assoluzione sostenendo l’assenza di prove sufficienti.
La sentenza del tribunale di bergamo: durata e risarcimenti
Il giudice ha stabilito una condanna a 21 anni e 4 mesi per l’uomo, una pena superiore rispetto a quella chiesta dal pm. La maggiore severità della sentenza riflette la gravità delle molestie e la tutela riconosciuta alle vittime, ora cresciute o quasi.
Il ragazzo, che nel frattempo è diventato maggiorenne, ha ottenuto un risarcimento provvisorio di 50 mila euro. Ai suoi genitori sono stati riconosciuti 10 mila euro ciascuno a titolo di danni morali e materiali. Anche i genitori della bambina, oggi di 8 anni, riceveranno un risarcimento provvisorio di 10 mila euro.
Questi risarcimenti provvisori si aggiungono a eventuali indennizzi definitivi che potranno essere stabiliti nel corso della causa civile, qualora le vittime decidessero di procedere. L’assegnazione di somme anticipate è un passaggio che tutela le famiglie e riconosce il danno subito, anche prima della definizione completa del processo.
Le misure successive alla pena detentiva
Alla fine del periodo di carcere, la condanna prevede per l’uomo la libertà vigilata per tre anni. Questa misura servirà a monitorare il comportamento dopo la detenzione e a prevenire il rischio di ulteriori violenze.
Il regime di libertà vigilata comporta controlli regolari, obblighi di comunicazione con le autorità competenti e divieti specifici in relazione al contesto familiare e sociale. L’applicazione di questo strumento punta a garantire una fase di controllo che eviti il ritorno a comportamenti penali, soprattutto in presenza di reati gravi come gli abusi su minori.
Una combinazione tra punizione e prevenzione
Il carcere lungo e la libertà vigilata combinati evidenziano come il sistema giudiziario cerchi di bilanciare la punizione con la prevenzione futura. Il caso di Bergamo segna un esempio di intervento deciso per tutelare vittime vulnerabili anche anni dopo la commissione dei reati.
La vicenda, seguita con attenzione dal tribunale locale, è una delle tante che mette al centro di processi e sentenze temi delicati legati alla tutela dei minori e alla responsabilità nelle famiglie.
“La gravità delle accuse e la necessità di proteggere le vittime hanno giustificato una pena severa”, ha commentato un esperto legale.