La recente fase politica globale ha visto riaffiorare forme di cortigianeria e sottomissione diplomatica che sembravano appartenere a epoche passate. Il ritorno di Donald trump sulla scena mondiale ha portato con sé un clima di adulazione e cedimenti evidenti, sorprendendo per il modo in cui sono stati accettati e persino condivisi da diverse istituzioni e leader. Questo cambio di rotta si osserva tanto nei rapporti tra stati quanto nelle dinamiche interne delle democrazie occidentali, sollevando domande su equilibri e strategie.
Un messaggio di adulazione e la nuova simbologia nei rapporti internazionali
Al centro di quest’atmosfera, un episodio rilevante si è svolto alla vigilia di un vertice Nato che ha visto segnare un traguardo importante per l’alleanza: l’aumento al 5 per cento delle spese militari europee. Mark Rutte, segretario generale della Nato, ha rivolto a trump un messaggio privato che definisce il momento come “davvero importante” e ha utilizzato il soprannome “daddy” per indirizzare il presidente Usa. L’appellativo, spiegato come riconoscimento di una gestualità paternalistica nelle mediazioni diplomatiche, ha destato più di qualche sorpresa. Trump, a sua volta, ha dichiarato senza imbarazzo di credere che questo affetto fosse sincero. Il tono gioioso del presidente americano ha sottolineato come l’adulazione non fosse stata interpretata come una presa in giro, ma come segno di apprezzamento reale.
L’evoluzione del linguaggio diplomatico occidentale
Questo scambio rappresenta un cambio significativo nel linguaggio e nei modi con cui i leader occidentali si relazionano tra loro, con un Brasile svelato di deferenza che ricorda modelli di corte secolari, più che trattative di pari dignità. Questa nuova modalità manifesta anche un’accentuata disponibilità a mostrarsi subordinati pur di ottenere concessioni o evitare conflitti apertamente ostili. Quel che prima veniva vissuto come scontro ora si traduce in un dialogo carico di apprezzamenti e compromessi, segno di una mutata bilancia di poteri e di un clima globale incerto.
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La global minimum tax e la piega fiscale nelle relazioni economiche internazionali
Nel frattempo si profila il cedimento di un’importante misura introdotta da 35 paesi nel 2023, la global minimum tax, che imponeva una tassazione minima del 15% sulle multinazionali. Pensata per evitare il trasferimento artificioso delle sedi fiscali in paesi a bassa imposizione, questa disciplina aveva il potenziale di recuperare 220 miliardi di dollari l’anno. A fronte di tale valore, la sua rimozione rischia di lasciare a mani vuote i contribuenti europei, aprendo la porta ad esenzioni per giganti come amazon e altri big tech.
Il Canada, prima di allentare la tensione, aveva opposto una ferma resistenza all’abolizione della tassa, ma sotto la pressione degli Stati Uniti e i rischi di isolamento internazionale ha riconsiderato la sua posizione. Seguono previsioni che il Giappone e l’Europa possano allinearsi in una rinuncia diffusa, anche se l’Unione europea cerca di mantenere una posizione rigorosa. Questa situazione conferma come le scelte economiche subiscano la pressione del potere politico e militare, spesso a discapito di interessi collettivi e trasparenza.
Le strategie negoziali sotto il segno della sottomissione preventiva
Uno degli aspetti più rilevanti di questo contesto è la trasformazione del metodo negoziale nella politica internazionale. La cortigianeria, con la sua piega di adulazione smaccata e genuflessione preventiva, diventa elemento centrale di gestione dei rapporti tra potenze. Si passa da un confronto duro a un atteggiamento di maggiore disponibilità a cedere sovranità per ottenere accordi.
Tregue e aperture nei rapporti commerciali Usa-Cina
Anche nelle questioni commerciali, come i dazi tra Stati Uniti e Cina, questa tendenza risulta evidente. L’impossibilità di decoupling e il peso economico reciproco hanno fatto sì che entrambi gli attori si orientassero verso tregue e aperture. Seppure la Cina mantenga una posizione forte, i negoziati indicano un cedimento reciproco, che si riflette anche nel più fragile equilibrio europeo. L’Europa, che aveva mosso passi decisi per affermarsi come attore globale indipendente, sembra in poco tempo aver rinunciato ai propri obiettivi più ambiziosi, sospinta da una stanchezza che condiziona scelte e fermezza.
La politica interna americana tra scontri, intimidazioni e accenti grotteschi
Sul fronte domestico, gli Stati Uniti mostrano segnali di crescente tensione e controversie che accompagnano la permanenza di trump nella scena politica. La nuova legge fiscale, che favorisce i più ricchi a discapito dei meno abbienti, è stata approvata con un margine risicato in Senato, grazie al voto decisivo del vicepresidente J.D. Vance. Gli incontri individuali e le attenzioni rivolte ai rappresentanti titubanti hanno illustrato il livello di pressione esercitata dal presidente sui suoi stessi sostenitori.
Nel contempo, personalità come il giovane candidato democratico Zhoran Mamdani, incarna una possibile svolta alle elezioni di New York. Clamorosamente bollato come “comunista pazzo” da trump, diventa simbolo di contrasto e scontro culturale. Intellettuali e imprenditori come Elon Musk, fino a ieri forte difensore del presidente, subiscono minacce non velate di rappresaglie economiche o legali, in un clima interno sempre più ostile e polarizzato.
L’eco storica dell’adulazione e il richiamo a pensatori come machiavelli e montaigne
Nel dibattito attuale torna alla mente un tema che attraversa la storia politica: l’adulazione e la servitù volontaria davanti al potere. Il fenomeno non è nuovo e non riguarda solo fenomeni contemporanei, ma risale a secoli fa e, anzi, è stato ampiamente osservato e criticato da autori come Plutarco, Erasmo, Montaigne e Machiavelli.
Erasmo aprì l’attenzione verso l’evitamento dell’adulazione come pericolo per ogni sovrano, mentre Montaigne nella sua opera sottolineava i danni reciproci che cortigiani e potenti si infliggono nella dinamica dell’ipocrisia. Machiavelli invitava alla prudenza e ammoniva il principe a guardarsi dagli adulatori come da un morbo. In una visione più ampia, il francese Étienne de la Boétie aveva formulato la diagnosi della “servitù volontaria”, che richiama l’idea che la schiavitù moderna sia una scelta dettata da abitudini, convenienze e paura più che imposto con la forza.
Il richiamo a questi pensatori suggerisce che ciò che osserviamo oggi potrebbe essere il riemergere di dinamiche antiche, dove la sottomissione e l’adulazione accompagnano governi e società, portando a scelte che sacrificano la libertà politica e la tenuta democratica per timori e comodità immediate.
La servitù volontaria tra politica e società contemporanea
La riflessione di de la Boétie, ripresa nel Novecento dalla psicologia politica di Erich Fromm, offre uno sguardo profondo sul perché intere popolazioni scelgano l’asservimento. Il fenomeno si lega a ragioni culturali, economiche e psicologiche. Le persone si abituano a piegarsi alle autorità per sfuggire alle frustrazioni e incertezze della libertà, spesso sostituendola con la sicurezza apparente di un ordine imposto dall’alto.
Questa condizione comporta non solo la perdita di diritti, ma anche uno scambio pericoloso nel quale il potere dispotico si nutre della sottomissione dei suoi stessi sostenitori, eliminando senza pietà anche coloro che sono più fedeli. Il tiranno, da sempre, non si fida né di amici né di servitori, esigendo non solo obbedienza ma anche compiacenza e anticipazione dei suoi desideri.
Nei contesti contemporanei, questa dinamica si traduce nell’assenza di contrappesi efficaci e in un esercizio arbitrario del potere che, pur mantenendo forme democratiche, imita talvolta le tirannie di un tempo. Il ritorno di certi modi cortigiani, oggi, segna un passaggio in cui parole e gesti manifestano un clima di sudditanza che sfida la razionalità di un equilibrio politico aperto e pluralista.
Il mondo politico attuale ci mostra con chiarezza che, nonostante progressi e apparenti conquiste, alcune fondamenta restano fragili e il richiamo ai modelli antichi non è mai così lontano come vorremmo credere.