Clan fabbrocino e sistema illecito per permessi di soggiorno, arresti a napoli e provincia

Clan fabbrocino e sistema illecito per permessi di soggiorno, arresti a napoli e provincia

L’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Napoli smantella una rete criminale legata al clan Fabbrocino che sfruttava il click day e spid per truffare oltre 40mila domande di permessi di soggiorno.
Clan Fabbrocino E Sistema Ille Clan Fabbrocino E Sistema Ille
Un’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Napoli ha smantellato una rete criminale che, sfruttando il click day del decreto flussi, otteneva permessi di soggiorno in modo fraudolento, coinvolgendo camorra, avvocati, imprenditori e centri caf. - Gaeta.it

L’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Napoli ha portato alla luce un sistema organizzato che sfruttava il click day previsto dal decreto flussi per ottenere permessi di soggiorno in modo fraudolento. Oltre 40mila domande sono finite sotto esame e 34 arresti hanno smantellato una rete criminale riconducibile anche al clan fabbrocino, la camorra attiva nell’area nolana. L’operazione conferma l’attenzione delle autorità verso episodi di corruzione e manipolazione nel settore dell’immigrazione.

Struttura e metodo della truffa sui permessi di soggiorno

Il meccanismo descritto dagli investigatori si fondava su strumenti tecnologici avanzati, come computer di ultima generazione e connessioni fibra ultraveloce, essenziali per partecipare al click day tramite sistemi spid. La truffa è stata orchestrata da un gruppo con base in provincia di Napoli, capace di superare la normale concorrenza nella raccolta delle domande per i permessi temporanei per lavoro.

L’uso di credenziali spid fornite da imprenditori, alcuni consapevoli e altri ignari, permetteva di simulare richieste di assunzione da parte di aziende fittizie. Questo facilitava l’invio massivo delle domande, escludendo così chi ne aveva effettivamente bisogno. Il sistema coinvolgeva anche centri caf gestiti da avvocati, che coordinavano il lavoro e gestivano i passaggi burocratici.

Ruolo della tecnologia e complicità

All’interno di questa rete, la tecnologia ha avuto un ruolo centrale, ma è stata la complicità di persone in posizioni chiave a permettere alle pratiche contraffatte di passare inosservate e ottenere il nulla osta. La pratica, che spesso neanche veniva ritirata dai migranti, prevedeva un iter costituito da più fasi e richieste di denaro significative, evidenziando una frode con un alto valore economico.

I protagonisti e i reati contestati nell’operazione

L’indagine, condotta dalla squadra mobile della questura di Napoli e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia, ha portato all’identificazione di 45 indagati. Tra questi, 34 sono stati arrestati: 11 in carcere e 23 ai domiciliari. Gli atti contestati includono associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina aggravata, estorsione con metodo mafioso, truffa e falso ideologico.

Tre avvocati avrebbero avuto un ruolo di vertice nel sistema, gestendo il giro di pratiche e denaro, che secondo le accuse ha raggiunto cifre in milioni di euro. Uno di loro aveva acquistato una Ferrari, poi sequestrata dalla polizia durante l’operazione. L’inchiesta ha evidenziato come questa rete si sia infiltrata in più livelli della procedura per i permessi, dall’avvio della domanda, al rilascio del nulla osta per il visto, applicando un costo elevato a ogni passaggio.

Le accuse toccano anche imprenditori coinvolti nella fornitura dei dispositivi spid, necessari per accedere alle piattaforme digitali del click day, indispensabili per completare la presentazione delle domande. Seppure alcuni abbiano agito inconsapevolmente, la loro partecipazione ha contribuito a dirottare risorse pubbliche verso un circuito illegale.

L’impatto sull’immigrazione e il ruolo della politica

L’attenzione politica sull’indagine è stata forte – un anno fa la premier Giorgia Meloni aveva già denunciato irregolarità sul sistema click day con un esposto alla procura nazionale antimafia e antiterrorismo. Meloni ha richiamato quella iniziativa, sottolineando “come fosse stata oggetto di critiche,” e ha rimarcato la necessità di perseguire chi sfrutta i meccanismi previsti per l’immigrazione regolare.

Il sistema colpito dall’operazione ha riguardato decine di migliaia di domande e, in Campania, circa 40mila pratiche sono state stimolate da questa rete illegale. Le ricadute sono pesanti sulla possibilità di regolarizzazione per chi cerca un permesso di soggiorno in modo legittimo. La truffa ha causato un danno all’intero procedimento previsto dal decreto flussi, complicando la gestione dei permessi validi e l’effettivo controllo della manodopera straniera.

Questo caso fa emergere le criticità della burocrazia e la vulnerabilità dei sistemi digitali quando non sono adeguatamente controllati, mettendo a rischio la trasparenza delle procedure e la sicurezza dei migranti che sperano in opzioni regolari per lavorare in Italia.

Modalità operative e diffusione geografica dell’organizzazione

L’organizzazione sfruttava il click day come strumento di accesso rapido alle risorse disponibili per i permessi temporanei di lavoro. Attraverso una catena di approcci, cominciava con procacciatori di cittadini extracomunitari, in particolare dal Bangladesh, che promuovevano l’offerta di regolarizzazione con modalità illegali.

Il percorso prevedeva la collaborazione tra procacciatori, avvocati, imprenditori e gestori di caf. I professionisti coinvolti avevano il controllo dei passaggi amministrativi e della documentazione, mentre gli imprenditori fornivano le credenziali spid per accedere alle piattaforme digitali necessarie a presentare numerose domande in tempi rapidissimi.

L’uso della fibra ottica ha consentito di bypassare i limiti tecnici imposti per evitare l’invasione di richieste in pochi istanti, il cosiddetto “click day“, progettato per gestire l’accesso alle quote di immigrazione regolare.

In Campania, le attività si sono concentrate tra San Giuseppe Vesuviano e Ottaviano, da dove è partita gran parte delle 4mila domande attribuibili all’organizzazione. Queste mosse hanno avuto riflessi ben oltre la provincia, influenzando la distribuzione complessiva delle 160mila domande su scala nazionale.

Gli investigatori hanno raccolto testimonianze e dati che hanno delineato un sistema collaudato, dove si caricavano le pratiche artificialmente e si intascavano ingenti somme. I costi per approvare una domanda andavano da 2-3mila euro per la fase iniziale, fino a 10mila per completare il percorso burocratico e ottenere il permesso effettivo.

L’operazione si configura come un colpo importante contro la corruzione legata all’immigrazione, rompendo una catena che sfruttava la tecnologia e la complicità di figure chiave per deviare risorse pubbliche e danneggiare chi aspira a un regolare inserimento nel mercato del lavoro.

Change privacy settings
×