L’omicidio di giuseppe marigliano, figura legata al clan sorrentino-sorprendente, si conclude con un colpo di scena giudiziario che ha modificato l’esito dell’inchiesta. Il delitto, avvenuto nel 1999 durante una faida tra clan criminali nell’area di napoli ovest, era stato al centro di indagini e procedimenti giudiziari per oltre due decenni. Ora, la decisione del giudice dell’udienza preliminare ha ribaltato le accuse nei confronti dei fratelli d’ausilio, lasciando aperti molti interrogativi sul caso.
Il contesto dell’omicidio e la faida tra clan a napoli ovest
Il 28 marzo 1999 giuseppe marigliano, esponente del clan sorrentino-sorprendente, fu trovato ucciso nel territorio di napoli ovest. Il delitto si inserisce in un contesto di violenza tra diversi gruppi criminali che si contendevano il controllo del territorio e delle attività illecite. In particolare, la faida opponeva il clan sorrentino-sorprendente ai clan d’ausilio, che a loro volta avevano radici profonde nella zona flegrea.
Questa guerra di potere portò a numerosi episodi di sangue e tensioni, segnando un periodo oscuro per molte comunità locali. L’omicidio di marigliano fu definito dalla procura un’esecuzione precisa e studiata, con colpi sparati a breve distanza che non lasciarono scampo alla vittima. L’attenzione della magistratura si concentrò presto su figure chiave legate al clan d’ausilio, ritenute coinvolte direttamente nell’agguato.
Leggi anche:
La posizione dei fratelli d’ausilio e il procedimento giudiziario
felice e michelangelo d’ausilio, figli di domenico d’ausilio, noto come mimì’o sfregiato, furono identificati come i principali indagati per l’omicidio. Secondo l’accusa, felice avrebbe avuto un ruolo da esecutore materiale, mentre michelangelo avrebbe guidato lo scooter da cui fu sparato contro marigliano. Questi dettagli erano alla base di un processo che ha visto coinvolti i fratelli per molti anni, con arresti e fasi di detenzione alternata al rilascio.
La direzione distrettuale antimafia di napoli aveva richiesto condanne importanti: 9 anni per felice, 16 per michelangelo. Le indagini si fondavano anche sulle dichiarazioni di alcuni pentiti, in particolare vincenzo alborino, la cui testimonianza aveva fornito elementi utili per la ricostruzione dell’accaduto. Nonostante l’attenzione mediatica e giudiziaria, la vicenda è rimasta complessa per i lunghi tempi e le difficoltà a ottenere prove definitive valide.
Il cavillo procedurale che ha cambiato l’esito del processo
Il 2025 ha portato un gesto giudiziario inatteso: il giudice dell’udienza preliminare linda comella ha disposto il non doversi procedere nei confronti dei fratelli d’ausilio per un vizio procedurale. Questo ha portato alla scarcerazione definitiva e all’archiviazione del caso per loro. Il motivo sta nella mancata riapertura formale delle indagini dopo un’archiviazione precedente, avvenuta nel 2016, nonostante nuove dichiarazioni emerse dal pentito alborino.
La difesa, rappresentata dall’avvocato claudio davino per michelangelo, ha puntato su questa lacuna procedurale per invalidare gli atti successivi. Il giudice ha infatti dichiarato inutilizzabili elementi emersi dopo la chiusura delle indagini del 2016, bloccando di fatto il processo in corso. Questa decisione ha spiazzato sia la procura antimafia sia l’opinione pubblica, perché riporta indietro gli sforzi giudiziari almeno di alcuni anni, lasciando l’omicidio senza una sentenza definitiva.
Le implicazioni per la lotta alla criminalità organizzata nella zona flegrea
La chiusura del processo senza condanne per l’omicidio marigliano rappresenta un passo indietro nell’azione giudiziaria contro i clan attivi nel territorio flegreo. La faida tra d’ausilio e sorrentino-sorprendente ha lasciato tracce profonde, sia sul piano della sicurezza che nella vita sociale di molte comunità. L’arresto dei fratelli e i tentativi di portare alla luce dinamiche criminali avevano mostrato una strada di contrasto possibile.
Eppure, con la decisione del gup, quell’episodio torna a una fase di stallo. Resta da vedere se la procura farà ricorso o se nuove indagini saranno avviate per superare il problema procedurale emerso. Intanto, il caso evidenzia le difficoltà della magistratura nel ricostruire fatti avvenuti decenni fa, soprattutto quando i protagonisti sono inseriti in organizzazioni delinquenziali strutturate e segrete. napoli ovest si trova a dover fare i conti ancora una volta con ferite profonde che la giustizia fatica a sanare.