Nel febbraio 1995, una chiamata alla polizia segnò l’inizio di una tragedia a cagliari, quando qualcuno segnalò la presenza di una ragazza nel canyon dell’antica necropoli punica di tuvixeddu. Quella giovane, una 16enne residente in città, fu ritrovata senza vita in circostanze mai del tutto chiarite. Ora, a trent’anni di distanza, le sorelle della vittima sono riuscite a ottenere la riapertura delle indagini. La vicenda è tornata d’attualità in una città che ancora conserva molte domande su quel giorno e su cosa realmente accadde.
La telefonata che segnalò la presenza della ragazza nel canyon di tuvixeddu
Il 5 febbraio 1995, la polizia di cagliari ricevette una telefonata che parlava di una ragazza nel canyon situato all’interno della necropoli punica di tuvixeddu, luogo storico e archeologico noto nella città. Da quel momento partirono le ricerche che portarono al ritrovamento del corpo della 16enne cagliaritana. La giovane era sparita dal giorno precedente, ed era uscita di casa indossando pantaloni da pigiama sotto dei jeans, un dettaglio che colpì gli inquirenti e gli stessi familiari. Sul tavolo di casa aveva lasciato rossetto e profumo, elementi che suggerivano una serata pensata da lei stessa.
Quel luogo aveva attirato subito l’attenzione di chi cercava risposte. La necropoli, estesa e con zone impervie, non era facile da sorvegliare. La chiamata in questione aiutò a concentrare i primi interventi proprio nel canyon, dove alla fine venne trovato il corpo senza vita della ragazza. Nel clima che seguì, si dette una prima lettura alla dinamica: i magistrati ipotizzarono che la giovane si fosse gettata dal dirupo. La versione ufficiale chiuse presto il caso, ma non convinse la famiglia.
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La ricostruzione dei fatti della giornata precedente e le testimonianze raccolte
La sera prima del ritrovamento, la ragazza era uscita di casa con l’abbigliamento insolito per una serata all’esterno, cioè i pantaloni del pigiama sotto i jeans. Un dettaglio particolare, che in molti ricordano ancora come indicativo di uno stato d’animo e di una preparazione poco ordinaria. Sul tavolo lasciò alcuni oggetti personali come rossetto e profumo, componenti femminili che sembravano indicare una volontà di apparire a proprio agio per qualche motivo specifico.
Un testimone riferì di averla vista salire a bordo di un’auto blu, un indizio che portò subito a ipotizzare la presenza di terze persone coinvolte. Tuttavia, le verifiche fatte sul momento non portarono a identificare con certezza gli occupanti di quel veicolo. L’auto blu rimase un elemento misterioso, mai chiarito pienamente durante le prime indagini. La giovane non si trovò in situazioni di pericolo conclamate, almeno dai racconti raccolti allora.
Le autorità conclusero che si trattò di un gesto volontario, una decisione presa dalla ragazza di gettarsi dal dirupo all’interno della necropoli di tuvixeddu, data la posizione del corpo e le condizioni ritrovate. La pressione della famiglia, però, contestò questa versione. Le sorelle della vittima insistettero sul fatto che la giovane sarebbe stata spinta o vittima di una situazione più complessa e non emersa completamente ai tempi.
Il caso archiviato e la lotta delle sorelle per riaprire le indagini
Con la morte dichiarata come suicidio, il fascicolo venne archiviato e la vicenda chiusa in modo definitivo per circa trent’anni. I familiari continuarono a ricordare la ragazza in silenzio, ma senza mai credere alla versione ufficiale. Il sospetto di un possibile coinvolgimento esterno o di un’aggressione rimase vivo in famiglia.
Solo recentemente, le sorelle della giovane hanno raccolto nuovi elementi e testimonianze che hanno spinto gli inquirenti a riaprire l’inchiesta. Le ragioni che portarono alla riapertura del caso nel 2025 non sono state rese del tutto note, ma si parla di ulteriori accertamenti su quella fatidica serata e sulle dinamiche che circondarono la morte nella necropoli.
La riapertura rappresenta uno sviluppo importante per chi da sempre ha cercato la verità, e porta a riflettere sul metodo usato ventotto anni fa nelle indagini. Ora la magistratura ha in mano la possibilità di scavare più a fondo, ascoltare nuovi testimoni, rivalutare le prove conservate e magari scoprire elementi che allora non emersero o non furono valutati con attenzione. Il caso, dunque, riaccende l’interesse di cagliari, dove la memoria della ragazza e la sua morte ancora pesano nella comunità locale.
La necropoli di tuvixeddu tra storia, cronaca e mistero
Tuvixeddu, l’antica necropoli punica di cagliari, è da sempre uno spazio carico di valore archeologico ma anche di mistero. La sua estensione e la conformazione naturale con dirupi e gole hanno creato nel tempo un paesaggio che alterna fascino e pericolo. È proprio all’interno di questa cornice che si svolgono spesso racconti legati a episodi di cronaca come quello della ragazza del 1995.
La zona è frequentata da visitatori, studiosi e anche da locali, ma le condizioni non sempre permettono una facile sorveglianza, soprattutto nelle ore notturne o in periodi festivi. La storia di quel corpo rinvenuto nel canyon ha rinnovato la percezione di quel luogo, finito troppo presto nelle cronache come teatro di una tragedia senza una spiegazione completa.
Tuvixeddu è un segnale della città vecchia e della sua stratificazione storica, ma qui, nel 1995, ha trovato spazio una tragedia ancora aperta. Continuare a monitorare e approfondire fatti come questo serve a garantire che la memoria non si perda e che ogni vicenda tragica possa avere risposte concrete anche dopo molti anni.
Quell’episodio nella necropoli punica di tuvixeddu a cagliari, restato per molti un mistero irrisolto, ha riacceso il dibattito su come furono condotte le indagini all’epoca. La riapertura dei fascicoli potrà portare nuovi sviluppi su una vicenda che ancora riguarda la comunità locale e chi da sempre ha chiesto la verità su quella ragazza nel canyon.