Caos nel carcere di pescara, tentata rivolta fermata dalla polizia penitenziaria nel pomeriggio

Caos nel carcere di pescara, tentata rivolta fermata dalla polizia penitenziaria nel pomeriggio

Nel carcere di Pescara, una rivolta di detenuti nord africani è stata fermata dalla polizia penitenziaria nonostante gravi carenze di personale e strutture inadeguate, evidenziando criticità del sistema penitenziario.
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Il 3 marzo 2025 nel carcere di Pescara una rivolta di detenuti nordafricani, scatenata dal ritardo nella distribuzione del tabacco, è stata prontamente sedata dalla polizia penitenziaria, che ha evidenziato gravi carenze di organico e strutturali nell'istituto. - Gaeta.it

Nel pomeriggio del 3 marzo 2025 la casa circondariale di pescara ha vissuto momenti di forte tensione. Un gruppo di detenuti nord africani ha cercato di sollevare una protesta violenta, ma l’intervento tempestivo della polizia penitenziaria ha impedito che la situazione sfuggisse di mano. Dietro la rivolta, partita da un presunto ritardo nella distribuzione di tabacco, si cela un quadro preoccupante legato a carenze strutturali e organiche nell’istituto. La vicenda riporta al centro dell’attenzione le difficoltà che affliggono il sistema penitenziario abruzzese.

La rivolta nel carcere, dinamiche e momenti chiave

Attorno alle 14 del 3 marzo, un gruppo di detenuti nord africani ha forzato il cancello di accesso alle scale al piano terra della rotonda della struttura. Questi soggetti, con precedenti per atti contro il patrimonio e aggressioni nei confronti del personale, si erano preparati portando bastoni con l’obiettivo chiaro di affrontare la polizia penitenziaria schierata a difesa delle aree comuni. La scintilla che ha scatenato la protesta è stata la mancata consegna puntuale del tabacco, oggetto molto richiesto tra i detenuti.

Il ruolo della polizia nell’azione di contenimento

La polizia penitenziaria, pur disponendo di un numero limitato di agenti, ha mantenuto la calma e il controllo. Alcuni colleghi sono intervenuti dall’istituto di Lanciano per rafforzare lo schieramento. L’azione congiunta ha permesso di isolare e bloccare sette detenuti ritenuti gli istigatori della rivolta, evitando che la protesta degenerasse in eventi simili a quelli accaduti il 17 febbraio nello stesso carcere.

Il ruolo della polizia penitenziaria e le condizioni del personale

Gli agenti che hanno fronteggiato la protesta hanno dato prova di fermezza e coordinazione in una situazione delicata. La presenza limitata di personale, aggravata da un’organizzazione interna fragile, rendeva però l’operazione già complessa. A fronte dei circa 250 agenti previsti sulla pianta organica, infatti, la carenza effettiva raggiunge quasi il 40%, con una mancanza di circa 70 unità dovuta a distacchi ad altri istituti o uffici.

Questa disparità tra organico previsto e realtà si accumula in una pressione quotidiana sul personale rimasto, costretto a turni prolungati e a gestire una popolazione carceraria decisamente superiore alle previsioni. Nel carcere di pescara, infatti, i detenuti superano abbondantemente le 400 unità, ben oltre la capienza ipotizzata, con una sezione ancora off limits dopo gli episodi di febbraio. Questa condizione rende la gestione ordinaria sempre più difficile, alimentando malumori tra gli agenti e i detenuti.

Commenti sugli operatori penitenziari

“La situazione è estremamente complessa e richiede risorse immediate,” sottolineano fonti interne della polizia penitenziaria, richiamando l’attenzione sulle difficoltà quotidiane del personale.

Criticità strutturali e soluzioni richieste dagli operatori

Il carcere di pescara non è solo afflitto dalla carenza di personale. Le strutture appaiono inadeguate e in alcuni casi pericolose. Il muro di cinta, citato più volte come insufficiente in altezza, rappresenta un rischio concreto per fughe e incidenti, testimoniati anche negli ultimi anni. La concessione di un’area più adeguata e la costruzione di un nuovo complesso sarebbero le risposte indispensabili per garantire sicurezza e corrette condizioni di detenzione.

Il sindacato della polizia penitenziaria ha più volte richiesto di portare queste istanze alle autorità competenti, evidenziando un gap tra le necessità reali e le risorse attribuite. “Senza un intervento strutturale, sia nella dotazione di organico sia nelle infrastrutture, il carcere di pescara rischia di restare un luogo dove emergono continuamente situazioni di disagio e tensione,” dichiarano rappresentanti sindacali.

Trasferimenti e gestione degli istigatori dopo la rivolta

Dopo aver domato con successo la rivolta, la direzione del carcere di pescara ha disposto in tempi rapidi il trasferimento dei sette detenuti responsabili negli istituti considerati più adeguati. Questa misura mira a isolare le fonti di tensione per evitare ulteriori episodi di violenza e a garantire una gestione più tranquilla del personale e dei reclusi.

Il trasferimento si è svolto dopo ore di lavoro e controlli da parte degli agenti, che hanno mantenuto alta l’attenzione fino al termine dell’operazione. Il gesto sottolinea la capacità degli operatori di contenere la protesta senza ricorrere a misure eccessivamente violente, preservando la calma nell’istituto. Resta però assodata la necessità di un adeguamento rapido del sistema, affinché eventi simili non trovino terreno fertile in futuro.

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