Le parole di Carmelo Canale, ex ufficiale dei carabinieri e collaboratore storico di Paolo Borsellino, offrono nuovi spunti sul lavoro del magistrato poco prima della strage di via d’Amelio. Canale rivela dettagli sull’agenda rossa mai ritrovata e sull’intenzione di Borsellino di arrestare un alto dirigente della procura di Palermo. L’intervista al Tg1 fa luce su alcuni aspetti poco conosciuti di quel periodo cruciale nella lotta alla mafia.
Carmelo canale conferma: borsellino voleva arrestare giammanco
Carmelo Canale ha dichiarato al Tg1 che Giorgio Borsellino, nei giorni precedenti alla sua morte, aveva in programma di arrestare Giuseppe Giammanco, allora procuratore capo di Palermo. L’ex carabiniere, che ha lavorato a stretto contatto con il magistrato antimafia, ha sottolineato l’importanza di questa rivelazione per comprendere pienamente il contesto in cui avvenne la strage. Una svolta che avrebbe potuto modificare gli equilibri di potere all’interno della magistratura siciliana, fino ad allora in parte legata a interessi contrastanti.
Canale ha ribadito che questa informazione è contenuta negli appunti di Borsellino, raccolti con attenzione e custoditi. L’arresto di Giammanco, figura di spicco della procura, avrebbe rappresentato un cambiamento radicale. La notizia aggiunge una nuova chiave di lettura agli eventi che portarono al tragico attentato del 19 luglio 1992, dove il magistrato perse la vita insieme agli agenti della sua scorta.
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L’agenda rossa: un mistero che resiste da trent’anni
Il grande interrogativo intorno alla figura di Borsellino rimane l’agenda rossa, mai ritrovata dopo la bomba esplosa in via d’Amelio. Carmelo Canale ha ricordato che dentro quell’agenda il magistrato appuntava informazioni cruciali, che avrebbero potuto far luce sulle indagini e sulle reti mafiose ancora attive. Il contenuto di quel taccuino è per molti un documento chiave che, purtroppo, è sparito nel nulla proprio in uno dei momenti più delicati.
Canale ha annunciato di aver raccolto ulteriori appunti, tratti da una seconda agenda che Borsellino teneva con sé. Questi scritti verranno presto messi a disposizione della commissione Antimafia, nella speranza di ricostruire pezzi mancanti e di chiarire al meglio l’attività del magistrato. L’interesse pubblico su questa storia resta alto. L’agenda rossa è un simbolo di un’indagine incompiuta e di una verità ancora da decifrare.
La figlia di borsellino mostra la borsa del magistrato come simbolo di legalità
Accanto a Canale, in trasmissione è intervenuta la figlia di Paolo Borsellino, che ha ricevuto dalla famiglia la borsa lasciata da suo padre in macchina il giorno dell’attentato. Questa borsa aveva con sé l’agenda rossa scomparsa e ora rappresenta un emblema della dedizione del magistrato. Durante l’intervista ha espresso orgoglio per poterla far vedere al pubblico, sottolineando il legame con i valori di legalità e impegno con cui Borsellino affrontava ogni giorno.
Il gesto di consegnare un oggetto così significativo ai figli e, indirettamente, alla memoria collettiva ricorda quanto sia importante mantenere vivi i ricordi legati a quel periodo. La borsa diventa testimonianza materiale di un impegno coraggioso contro le organizzazioni criminali. In questo modo, il simbolo si trasforma in un richiamo per le nuove generazioni a continuare a difendere ciò che Borsellino rappresentava.
I nuovi documenti e l’impegno della commissione antimafia
I documenti custoditi da Carmelo Canale, provenienti dagli appunti inediti di Borsellino, possono rappresentare un tassello importante nelle indagini ancora aperte sul contesto della strage di via d’Amelio. La commissione Antimafia, cui saranno consegnati nei prossimi mesi, ha il compito di approfondire quei materiali. L’obiettivo è ricostruire in modo più dettagliato le ultime settimane della vita del magistrato e far emergere possibili nomi, fatti e mosse ancora sconosciute.
L’attività della commissione resta un punto fermo per cercare verità e giustizia. Il confronto con testimonianze, documenti e ricordi mette sotto la lente aspetti che per decenni hanno alimentato dubbi e teorie. Il materiale appena recuperato fornisce un nuovo contributo per chi cerca di chiarire cosa davvero accadde e quali interessi si celavano dietro quel periodo di forti tensioni a Palermo.
Lo sguardo resta rivolto a quel luglio del 1992, quando il sacrificio di Borsellino segnò un momento cruciale nella storia della lotta antimafia in Italia. Gli elementi emersi da questa intervista fanno capire che la storia non è ancora chiusa. Il lavoro sulle tracce lasciate dal magistrato continua a coinvolgere operatori della giustizia, familiari e cittadini.