Gli ultimi eventi militari tra Israele e Iran hanno scosso i mercati finanziari globali, spingendo le borse asiatiche e australiane a registrare perdite mentre i prezzi delle materie prime, specialmente petrolio e oro, sono saliti. Le reazioni sulle diverse piazze indicano il clima di incertezza che grava sulle prospettive economiche, con segnali di nervosismo che si riflettono soprattutto nei settori energetico e dei metalli preziosi.
Andamento delle borse asiatiche e australiane dopo l’attacco
Le borse asiatiche hanno subito un calo diffuso nella giornata successiva all’attacco di Israele contro obiettivi iraniani e la risposta di Teheran con decine di droni. A Tokyo il Nikkei ha perso l’1,14%, risentendo del deterioramento della situazione geopolitica che mette a rischio la stabilità regionale e i flussi commerciali. Shanghai ha registrato un ribasso dello 0,77%, mentre Hong Kong ha chiuso la seduta a -0,95%, mostrando come i mercati cinesi siano particolarmente vulnerabili alle tensioni internazionali.
Anche la borsa australiana ha sofferto, seppur in modo più contenuto, limitandosi a una diminuzione dello 0,30%. Il dato segnala una certa cautela da parte degli investitori, ma indica anche una risposta meno marcata rispetto alle altre piazze asiatiche, forse legata a minori legami diretti con l’area mediorientale. Nel frattempo il Kospi coreano ha mostrato uno scivolamento più netto, chiudendo a -1,24% e mettendo in luce come anche l’economia sudcoreana avverta l’incertezza politica e strategica in atto.
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Tensioni che pesano sui mercati asiatici
Questi movimenti evidenziano una generale freddezza dei mercati finanziari asiatici, che temono possibili ricadute sull’andamento del commercio internazionale e sulle filiere produttive, soprattutto nel settore tecnologico.
Previsioni e andamento di wall street alla vigilia dell’apertura
Wall Street non ha ancora aperto al momento della rilevazione, ma i future lasciano pochi dubbi sulla direzione prevista per la prima seduta del 2025. Gli indici principali mostrano un calo medio intorno all’1,5%, anticipando una giornata in rosso legata alle tensioni geopolitiche che pesano sull’umore degli investitori.
Questa anticipazione registra l’effetto domino dei recenti eventi di guerra nella regione mediorientale, in particolare l’aumento del rischio geopolitico che spinge molti operatori a rivedere al ribasso le loro strategie. Gli investitori seguono con attenzione le prossime mosse e le eventuali dichiarazioni ufficiali, in attesa di capire se la situazione potrà degenerare o invece normalizzarsi nel breve termine.
Il mercato americano appare quindi pronto a scontare una fase di avversione al rischio, con possibili vendite su titoli più esposti o sulle azioni legate a settori sensibili come il trasporto aereo, il turismo e l’energia.
Come il rischio influenza wall street
Rincaro del petrolio e reazione dei prezzi del greggio
Il petrolio rappresenta una delle materie prime più sensibili agli eventi geopolitici mediorientali. Dopo l’attacco di Israele all’Iran e il lancio massiccio di droni da parte di Teheran, i prezzi del greggio sono saliti con decisione, spinti dalle preoccupazioni su possibili interruzioni delle forniture energetiche.
Il Brent ha guadagnato 5,50 dollari netto, crescendo del 7,89% fino a 74,83 dollari al barile, mentre il WTI ha mostrato un incremento dell’8,23%, attestandosi a 73,64 dollari al barile. Questa impennata riflette i timori per la stabilità delle rotte di trasporto petrolifero nel golfo persico e di altre aree strategiche.
L’aumento dei prezzi ha implicazioni dirette sui costi globali dell’energia, sull’inflazione e sui mercati finanziari. Le compagnie che dipendono dal petrolio monitorano con attenzione le prossime evoluzioni, sapendo che un periodo prolungato di tensioni potrebbe modificare significativamente i bilanci e i progetti di investimento.
Corsa dell’oro come bene rifugio tra tensioni geopolitiche
L’oro, tradizionalmente considerato un valore sicuro nei momenti di crisi, ha reagito con un altro rialzo, raggiungendo un livello superiore a 3.400 dollari l’oncia. La crescita dell’1,20%, che porta il prezzo attuale intorno a 3.421 dollari, segnala una domanda rafforzata da parte di investitori alla ricerca di stabilità.
Questa dinamica si spiega con la paura di un’escalation militare e con il desiderio di proteggersi da un possibile aumento della volatilità finanziaria. La quotazione dell’oro serve spesso anche come indicatore della tensione globale e questa recente impennata conferma l’apprensione diffusa nei mercati.
Le oscillazioni del prezzo dell’oro si riflettono sulle strategie di portafoglio di fondi e gestori, che tendono a ridurre l’esposizione su asset rischiosi e a intensificare l’acquisto di metalli preziosi come beni rifugio nei momenti più critici.