Barocco globale: come roma nel secolo di bernini si racconta il mondo attraverso l’arte

Barocco globale: come roma nel secolo di bernini si racconta il mondo attraverso l’arte

La mostra alle Scuderie del Quirinale esplora come Roma nel Seicento, sotto Bernini e i papi Paolo V e Innocenzo X, sia stata un centro globale di arte, diplomazia e scambi culturali con Africa, Asia e America.
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La mostra alle Scuderie del Quirinale esplora come la Roma del Seicento, nel secolo di Bernini, fosse un crocevia globale di culture, arte e diplomazia, evidenziando il ruolo della città nelle relazioni internazionali e nell’evangelizzazione. - Gaeta.it

La mostra alle Scuderie del Quirinale, intitolata barocco globale. il mondo a roma nel secolo di bernini, offre un’occasione unica per capire come la città di roma nel Seicento si sia presentata come un crocevia di culture e relazioni internazionali. Attraverso le opere d’arte, il percorso mette in luce come la città fosse un centro di scambi politici, religiosi e culturali capaci di superare i confini geografici, in un’epoca in cui l’accoglienza e il dialogo venivano, ora più che mai, messi alla prova.

Roma seicentesca tra arte, diplomazia e missioni

Roma nel XVII secolo non era solo la capitale religiosa e politica dei territori papali, ma si configurava come un vero e proprio nodo globale. La fondazione della congregazione di Propaganda Fide nel 1622 segnò un importante punto di svolta nelle strategie di evangelizzazione e nella diplomazia ecclesiastica. Questo organismo era incaricato di coordinare l’attività missionaria nei territori lontani, riflettendo la volontà della chiesa di stabilire contatti diretti e indipendenti con diversi popoli e culture. La creazione del collegio dei missionari, situato a Palazzo Farrattini in piazza di Spagna, serviva a formare ragazzi provenienti da paesi come l’Etiopia, l’India, l’Armenia e la Persia. Questi studenti diventarono figure chiave per costruire ponti tra Roma e il mondo extraeuropeo.

Adorazione dei Magi e universalità della redenzione

L’opera d’arte scelta per la pala della cappella del collegio, l’adorazione dei Magi di Giacinto Gimignani, simboleggia la riunione di popoli diversi nell’omaggio al Cristo. La rappresentazione si concentra sull’universalità della redenzione, incarnata nei tre Magi di etnie differenti: un bianco, un arabo e un moro. Questo dettaglio, pur trascurato spesso nelle arti visive tradizionali, era fondamentale per sottolineare la dimensione globale e multietnica dell’evangelizzazione romana. In particolare, la figura del moro turbandato rimanda all’Africa e indica l’interesse della chiesa di allora non solo alla diffusione religiosa, ma anche agli intrecci politici e alle alleanze che potevano nascere con quel continente.

Relazioni internazionali nella roma di paolo v e il ruolo delle ambascerie

Paolo V Borghese, Papa dal 1605 al 1621, dedicò attenzione particolare alle relazioni diplomatiche della chiesa con le nazioni straniere. Nel palazzo del Quirinale destinò una sala agli ambasciatori, decorandola con un fregio in cui si dipinse una sorta di loggia dove affacciavano figure spirituali e politiche provenienti da paesi lontani. Tra questi spicca il busto dell’ambasciatore del Congo Antonio Manuel Ne Vunda, una presenza che apre la mostra e ne definisce lo spirito di apertura al mondo.

La storia di ne vunda e il suo viaggio verso roma

Ne Vunda partì dal Congo cristiano per chiedere protezione a roma contro le aggressioni dei governi portoghese e spagnolo. Il viaggio durò quattro anni e fu segnato da pericoli, come attacchi di pirati e ostilità politiche. Giunto a roma nel gennaio del 1608, l’ambasciatore si ammalò gravemente e morì dopo pochi giorni. Fu sepolto nella chiesa di Santa Maria Maggiore, con una cerimonia funebre tenuta il giorno dell’Epifania. Il suo busto, vestito con i segni dell’alta nobiltà congolese, fu collocato nella stessa cappella che ospitava il celebre presepe di Arnolfo di Cambio. Questa vicenda rappresenta una testimonianza concreta della presenza e dell’importanza di figure africane nelle dinamiche politiche e spirituali di roma.

Arte e testimonianze di un orizzonte globale a roma

La mostra racchiude opere che dimostrano il ruolo di roma come città aperta al mondo e alla diversità, a dispetto di un’epoca segnata da chiusure e conflitti. Esempi emblematici sono il rilascio della libertà a uno schiavo da parte del pittore spagnolo Diego Velázquez, attraverso il ritratto di Juan de Pareja, servitore di origine indiana. Questo avvenimento, avvenuto nel 1650 e celebrato pubblicamente, racconta momenti di riconoscimento personale e sociale nella capitale pontificia.

Pietro della valle e la presenza delle culture orientali a roma

Un altro episodio importante è quello di Pietro della Valle, nobile romano che tra il 1614 e il 1624 compì viaggi in Turchia, Persia e India accompagnato dalla moglie persiana Sitti Ma’ani Gioerida. Al ritorno, dopo la morte della donna, Pietro volle un funerale imponente nella cappella di famiglia a Santa Maria in Aracoeli. Nel catafalco erano rappresentate virtù dedicate alla sposa con epitaffi in lingue orientali come il siriaco e l’arabo, mentre il volume illustrato del funerale la mostra con abiti e oggetti tipici persiani, simboleggiando la presenza e l’influenza delle culture extraeuropee nella Roma di quegli anni.

Bernini e pozzo: rappresentare il mondo attraverso l’arte barocca

L’arte monumentale del Seicento romano si prestò a visualizzare in chiave allegorica le diverse parti del mondo allora conosciute. Gian Lorenzo Bernini concepì per la Fontana dei Quattro Fiumi in piazza Navona le statue del Nilo, del Rio della Plata, del Danubio e del Gange. Queste figure tentano di rappresentare i grandi continenti ai quali la chiesa rivolgeva la propria azione evangelica sotto il pontificato di Innocenzo X. Le sculture traducono in forme umane un concetto geografico e culturale che mirava a proiettare Roma come fulcro della diffusione del cristianesimo.

L’opera di andrea pozzo e le figure femminili del mondo

Andrea Pozzo, per la decorazione della volta della chiesa di Sant’Ignazio, ideò invece un ciclo con figure femminili che impersonano Europa, Africa, America e Asia. Attorno a loro, oggetti che provengono da collezioni romane, testimonianze materiali della conoscenza appena acquisita del mondo. Entrambe le opere mettono in scena un’immagine di Roma come città immersa nei flussi globali, capace di accogliere e rappresentare diversità lontane in un linguaggio artistico che unisce simboli e riferimenti concreti.

Questi esempi dimostrano chiaramente come, nel corso del Seicento, la capitale papale abbia rappresentato un crocevia di culture e di incontri, mantenendo viva una memoria figurativa di relazioni internazionali che parla ancora oggi.

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