Avvistata la foca monaca tra punta campanella e isola di capri: parte lo studio del dna ambientale

Avvistata la foca monaca tra punta campanella e isola di capri: parte lo studio del dna ambientale

La presenza della foca monaca nell’area marina protetta di Punta Campanella e Isola di Capri viene monitorata dall’ISPRA tramite analisi del DNA ambientale per proteggerla da minacce umane e garantire la sua sopravvivenza.
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La foca monaca, specie in pericolo nel Mediterraneo, è stata avvistata tra Punta Campanella e Capri; ISPRA e AMP utilizzano il DNA ambientale per monitorarne la presenza e proteggere il suo habitat da disturbi umani. - Gaeta.it

Nelle acque tra l’area marina protetta di punta campanella e il sito di interesse comunitario dell’isola di capri, nelle ultime settimane, è stata segnalata la presenza della foca monaca. Si tratta di una specie tra le più a rischio di estinzione nel Mediterraneo e soggetta a misure di protezione rigorose. L’ISPRA insieme all’AMP punta campanella ha avviato una ricerca mirata per monitorarne la presenza con metodi non invasivi, in particolare l’analisi del DNA ambientale. L’obiettivo è identificare i siti frequentati da questi animali per adottare interventi mirati a garantire la loro sopravvivenza.

La foca monaca: specie a rischio nell’area marina protetta di punta campanella

La foca monaca è uno dei mammiferi marini più minacciati nel Mediterraneo. Ormai rara, la sua presenza nell’area tra punta campanella e l’isola di capri indica che questi luoghi continuano a rappresentare habitat importanti per la specie. L’ISPRA ha confermato che la foca monaca è tutelata a livello comunitario dalla direttiva Habitat, che impone misure rigide di protezione per evitare l’estinzione.

L’area marina protetta di punta campanella è notoriamente ricca di biodiversità, con ecosistemi marini in cui convivono specie protette e delicate. Il fatto che la foca monaca ricompaia in queste acque alimenta interesse e preoccupazione, perché indica la necessità di monitorare con attenzione ogni segnale di ripresa o presenza stabile. I dati raccolti finora non bastano per capire in quali punti si rifugi questa specie, ecco perché si punta a nuove tecniche.

L’importanza dell’habitat per la foca monaca

L’habitat marino in queste zone offre rifugi naturali e risorse essenziali per la sopravvivenza della foca monaca, elementi fondamentali per la sua conservazione a lungo termine.

Il monitoraggio attraverso il dna ambientale: un metodo non invasivo e preciso

L’ISPRA e l’AMP punta campanella hanno scelto di utilizzare l’analisi del DNA ambientale, tecnica avanzata che permette di individuare tracce genetiche lasciate dagli animali nell’ambiente. Si tratta di un sistema non invasivo, efficace per registrare la presenza della foca monaca senza disturbare gli esemplari.

Questo metodo si basa sul prelievo di campioni d’acqua nelle zone interessate e sull’analisi in laboratorio. Il DNA ambientale può mostrare se nell’acqua sono presenti frammenti genetici della foca, confermandone la frequenza nelle diverse aree marine. In questo modo gli esperti possono mappare i luoghi frequentati con precisione, riconoscere eventuali siti critici e studiare i movimenti degli animali.

Innovazione nel monitoraggio marino

Questa attività scientifica rappresenta una svolta nei sistemi di monitoraggio marino, perché limita l’impatto umano sul territorio e migliora la qualità dei dati raccolti. Prevede poi un lavoro di squadra tra biologi, tecnici e operatori dei parchi marini.

I pericoli per la foca monaca: minacce umane e disturbi nei luoghi di riposo

La riduzione drastica della popolazione di foca monaca è dovuta soprattutto all’uccisione volontaria e agli incidenti legati alla pesca. In molte aree costiere, attrezzi da pesca intrappolano accidentalmente questi animali, causando ferite gravi o la morte. La presenza umana vicino ai punti di sosta e riproduzione crea problemi ulteriori: “quando si disturba troppo la foca, questa tende ad abbandonare le zone più adatte.”

Il disturbo umano riguarda in particolare accessi vicini ai luoghi di riposo e alle spiagge di riproduzione. Le foche, che curano i piccoli lungo la costa, sono molto sensibili ai rumori e movimenti delle persone. Il disturbo continuo può compromettere la loro salute e ridurre le possibilità di crescita della popolazione.

Limitare le attività umane per la protezione della specie

In questa prospettiva, il monitoraggio e la mappatura degli habitat servono a definire zone di rispetto e limitare o vietare certe attività nautiche o di pesca. Lavorare su questi punti è sostanziale per tutelare la foca monaca.

Il decalogo ispra per incontrare la foca monaca senza disturbarla

Per garantire la sicurezza sia della foca monaca che delle persone, l’ISPRA ha stilato un decalogo con indicazioni precise da seguire in caso di incontro ravvicinato con l’animale. Questi consigli aiutano a mantenere la distanza necessaria ed evitare movimenti bruschi o rumori forti che spaventano la foca.

Tra i punti fondamentali suggeriti ci sono la non perturbazione dei luoghi dove la foca si riposa, la riduzione di rumori e luci in prossimità e la scelta di posizionarsi in modo tale da non intralciare i suoi passaggi. Si raccomanda di non cercare di toccare né alimentarli, “azioni che possono risultare letali o alterare il loro comportamento naturale.”

Responsabilità e rispetto per l’ambiente marino

Il decalogo è un documento che vuole responsabilizzare chi frequenta le acque dell’area protetta, dal turista al pescatore, offrendo chiavi per un’interazione rispettosa. Le regole aiutano a proteggere una specie in grave crisi e a costruire un rapporto di convivenza con il mare e le sue creature.

L’attenzione all’ambiente marino, unita alle tecnologie di monitoraggio come l’analisi del DNA ambientale, rappresenta oggi un esempio di come la scienza possa contribuire alla tutela della biodiversità. La foca monaca, simbolo di un ecosistema delicato, continua a richiedere cure e osservazione puntuale per evitare che sparisca per sempre dalle nostre coste.

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