La malattia di Crohn colpisce oggi una parte significativa della popolazione italiana. Gli ultimi dati mostrano un incremento delle diagnosi superiore al 500%, un numero che supera le 100 mila persone affette. Questo aumento, registrato negli ultimi anni, modifica il panorama sanitario e richiede un’attenzione particolare da parte dei medici, soprattutto sul fronte della prevenzione, diagnosi e gestione. Dorme un ruolo centrale anche l’alimentazione, che diventa una componente chiave nel trattamento quotidiano di chi convive con questa patologia. Il 2025 si apre con nuove iniziative e campagne di sensibilizzazione rivolte ai professionisti della salute, pensate per migliorare il supporto e le cure offerte ai pazienti.
Fattori ambientali e sanitari al centro dell’aumento delle diagnosi di malattia di Crohn
L’incremento drastico delle diagnosi di malattia di Crohn in Italia trova spiegazioni in diversi fattori legati all’ambiente e alle abitudini moderne. Alcuni esperti dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano segnalano, in particolare, l’effetto dell’alimentazione contemporanea e l’uso frequente di antibiotici durante l’infanzia. Questi ultimi possono danneggiare il microbiota intestinale, cioè la flora batterica che ha un ruolo importante per l’equilibrio intestinale. Non si tratta però solo di questo: l’espansione urbana e l’inquinamento stanno modificando il contesto in cui vivono molte persone, contribuendo a spiegare in parte questo fenomeno.
Il ruolo dell’evoluzione diagnostica
L’evoluzione delle tecniche diagnostiche gioca un ruolo fondamentale. Oggi il corpo medico individua la malattia con più precisione e tempestività rispetto al passato. Sono più chiari i sintomi e migliorano gli strumenti per identificarli, facendo emergere casi che in altre epoche sarebbero probabilmente rimasti non riconosciuti. Gli specialisti osservano, quindi, un cocktail di fattori ambientali, medici e sociali che insieme favoriscono questo aumento degli accertamenti e delle diagnosi.
Leggi anche:
L’alimentazione come pilastro nella gestione della malattia di Crohn
La dieta non è solo un elemento collegato alla comparsa della malattia ma un mezzo fondamentale per il controllo e la gestione della patologia. Secondo i gastroenterologi impegnati nella cura di questi pazienti, in particolare i più giovani, l’alimentazione ha raggiunto un ruolo centrale. Si tratta di valutare regolarmente lo stato nutrizionale del paziente, per monitorare e adattare la dieta alle condizioni cliniche specifiche.
Gli studi recenti indicano che un’alimentazione ben controllata rappresenta un vero e proprio trattamento complementare, capace di ridurre l’infiammazione e migliorare lo stato di salute generale. “Questa consapevolezza spinge gli specialisti a integrare il supporto nutrizionale nei programmi terapeutici, spingendo perché ogni paziente riceva indicazioni specifiche e periodiche sul proprio regime alimentare”. La dieta contribuisce anche a prevenire complicazioni legate alla malattia, come ad esempio le stenosi, ovvero quei restringimenti intestinali che possono causare forti sintomi e peggiorare la qualità di vita.
L’approccio clinico alla nutrizione e l’attenzione ai sintomi nella pratica quotidiana
Nella pratica medica, la valutazione del quadro nutrizionale diventa parte integrante del percorso di cura. Gli specialisti non si limitano a prescrivere medicinali, ma ascoltano con attenzione i segnali che arrivano dai pazienti, specie quelli legati ai disturbi digestivi e ai possibili restringimenti nell’intestino. Il trattamento diventa così più mirato, basato su un quadro complessivo che comprende sintomi, analisi cliniche e indicazioni nutrizionali.
Dieta personalizzata per ogni paziente
Questo modo di operare si traduce in un approccio personalizzato, che considera ogni paziente nella sua unicità. La dieta, quindi, non è una ricetta standard, ma uno strumento modellato sulle esigenze e sulle risposte individuali, per raggiungere un controllo migliore della malattia. L’obiettivo è garantire un’assistenza che non si fermi al sintomo ma che si estenda alla gestione attenta della salute intestinale e alla prevenzione delle ricadute.
Le difficoltà psicosociali dovute alle restrizioni alimentari nella vita quotidiana
Seguire una dieta stretta porta con sé rilevanti implicazioni nella vita di chi ha la malattia di Crohn. L’esclusione di alcuni cibi provoca spesso tensioni sociali e difficoltà psicologiche, dovute soprattutto alla sensazione di isolamento. La necessità di evitare limitazioni alimentari, differenti da quelle degli amici e della famiglia, incide sulle occasioni di convivialità e può generare stress elevato.
Tanti adulti e bambini affrontano un senso di disagio che li porta a rifiutare spesso il regime alimentare raccomandato. La rinuncia a pasti fuori casa, feste o momenti condivisi diventa una costante. “Questo aspetto rappresenta una componente importante della gestione della malattia, che deve affrontare anche queste conseguenze psicologiche, oltre agli aspetti fisici”. Per questo il supporto informativo e umano resta fondamentale.
Il ruolo degli specialisti nel fornire indicazioni chiare sulla dieta da seguire
Il dialogo costante tra pazienti e professionisti della salute è essenziale per aiutare chi convive con la malattia di Crohn. Gastroenterologi, dietisti e nutrizionisti devono mettere a disposizione informazioni precise sul regime alimentare. Tra le strategie adottate, la dieta a esclusione, nota come CDED, viene impiegata per evitare alimenti che alterano il microbiota o la funzionalità intestinale.
Questa terapia dietetica ha dimostrato la sua efficacia sia nei bambini che negli adulti, contribuendo a mantenere la malattia sotto controllo, in particolare durante le fasi acute. La messa a punto di protocolli alimentari personalizzati consente una gestione quotidiana più efficace. “L’accompagnamento specialistico e la chiarezza nelle indicazioni sono indispensabili per superare le difficoltà legate alla dieta e preservare la qualità della vita.”