Assolto un giovane di Santi Cosma e Damiano: il gip valuta la confessione non valida

Assolto un giovane di Santi Cosma e Damiano: il gip valuta la confessione non valida

Un 26enne di Santi Cosma e Damiano è stato assolto dall’accusa di detenzione di stupefacenti per spaccio, grazie all’invalidità della confessione avvenuta senza difensore e alla mancanza di prove concrete.
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Assolto un giovane di Santi Cosma e Damiano: il gip valuta la confessione non valida - Gaeta.it

Un caso di detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio si è concluso con l’assoluzione di un 26enne di Santi Cosma e Damiano. Il gip del Tribunale di Cassino, Domenico Di Croce, ha emesso la sentenza dopo un’attenta valutazione degli elementi presentati durante il processo. La vicenda ha attirato l’attenzione per le modalità dell’arresto e le circostanze in cui sono stati rinvenuti gli stupefacenti.

L’arresto e le accuse iniziali

Il giovane era stato arrestato dai carabinieri di Formia lo scorso 8 agosto 2023. Durante una perquisizione domiciliare mirata all’esecuzione di un’ordinanza di arresti domiciliari per un’operazione antidroga chiamata “Anargiri 2”, i militari hanno scoperto 703 grammi di hashish, equivalenti a circa 8000 dosi. La droga era nascosta all’interno di un motore smontato di un’autovettura, un dettaglio che ha reso la situazione particolarmente grave. Insieme allo stupefacente, sono stati sequestrati circa mille euro in contanti e un bilancino di precisione, indicativi di attività di spaccio.

In quel frangente, il 26enne ha deciso di assumersi la responsabilità del possesso della droga, liberando i suoi familiari conviventi da ogni accusa. Questa scelta, però, non è stata sufficiente a garantire una condanna certa, poiché il suo avvocato, Pasquale Cardillo Cupo, ha deciso di contestare la validità della confessione avvenuta in assenza di un difensore.

La difesa e il processo

Dopo l’arresto, per il giovane è stata disposta la misura degli arresti domiciliari grazie alla richiesta dell’avvocato. La difesa ha successivamente fatto ricorso al rito abbreviato, puntando su argomenti legali per contestare le prove a carico del suo assistito. Nella discussione in aula, la Procura della Repubblica ha chiesto la condanna, supportando le accuse con la confessione del giovane e la quantità di droga trovata.

Tuttavia, il legale ha sostenuto che la dichiarazione di colpevolezza non poteva essere utilizzata come prova valida perché data senza la presenza di un avvocato. Secondo il difensore, questo aspetto avrebbe reso la confessione inutilizzabile ai fini processuali, e pertanto, espungendola dal fascicolo, non sarebbe rimasto alcun elemento concreto per collegare il giovane alla detenzione della sostanza stupefacente.

La sentenza di assoluzione

Dopo una lunga camera di consiglio, il gip ha accolto la richiesta della difesa, emettendo una sentenza di assoluzione per il 26enne. La decisione si basa sull’assenza di prove concrete e sulla debolezza della confessione, che non ha trovato riscontro in ulteriori elementi probatori. Con questa sentenza, il giovane è stato riabilitato da un’accusa che poteva costargli parecchi anni di carcere, un epilogo che sottolinea l’importanza delle garanzie processuali e del diritto alla difesa.

La vicenda rimane un esempio significativo dei complessi meccanismi della giustizia e della centralità del principio di presunzione di innocenza, che continua a essere fondamentale anche in casi delicati come quello della detenzione di sostanze stupefacenti.

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