Assolti dopo sei anni di processo: il caso della casa di riposo ad Avellino si chiude

Assolti dopo sei anni di processo: il caso della casa di riposo ad Avellino si chiude

Assolti i professionisti di una casa di riposo accusati di negligenza nella morte di un’anziana nel 2018, il caso riaccende il dibattito sulla qualità delle cure per gli anziani in Italia.
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Assolti dopo sei anni di processo: il caso della casa di riposo ad Avellino si chiude - Gaeta.it

Un lungo capitolo giudiziario si è finalmente concluso alla Corte d’Assise di Avellino, dove un gruppo di professionisti legati a una casa di riposo per anziani è stato assolto dalle accuse mosse nei loro confronti. Le accuse riguardavano la morte di un’anziana ospite avvenuta nel 2018, un caso che ha sollevato interrogativi su pratiche mediche e responsabilità professionali.

Il caso della casa di riposo

Il processo ha avuto origine dalla scomparsa di un’anziana paziente, deceduta il 29 maggio 2018, solo tre giorni dopo il suo trasferimento in ospedale. I familiari della donna hanno presentato una denuncia che contestava l’abbandono di incapace da parte del personale della casa di riposo, situata a Montefalcione. L’amministratore della struttura, insieme a due infermiere e a un medico, è stato accusato di non aver fornito la necessaria assistenza e cure all’anziana, la quale presentava diverse complicazioni di salute, tra cui evidenti piaghe da decubito, segni di malnutrizione e anelasticità della pelle.

Le accuse hanno suscitato un acceso dibattito pubblico riguardo le responsabilità delle case di riposo e la qualità delle cure fornite. La vicenda ha messo in luce le problematiche legate all’assistenza agli anziani, un tema scottante che coinvolge famiglie e istituzioni. La procura, rappresentata dal Pubblico Ministero Luigi Iglio, ha portato avanti le sue argomentazioni nel corso di un dibattimento lungo sei anni. Durante questo periodo, sono stati ascoltati numerosi testimoni e sono state presentate prove conclusive.

Le richieste del pubblico ministero

Durante le udienze, il Pubblico Ministero ha chiesto l’assoluzione per la dottoressa Rossella Baldassarre, ma ha anche richiesto pene detentive per gli altri imputati. In particolare, ha chiesto condanne di nove mesi per Walter Vassallo, l’amministratore della casa di riposo, e per le infermiere Simona Puzo e Angela De Angelis. Il PM ha sottolineato come il personale non abbia gestito adeguatamente la condizione di salute della paziente, sottovalutando i segnali di allerta che evidenziavano la necessità di interventi medici tempestivi.

Le accuse si sono concentrate sulla presunta negligenza del personale, che, secondo la procura, avrebbe dovuto prestare maggiore attenzione alla salute della donna. Le questioni sollevate in aula hanno toccato il nervo scoperto della sanità nella cura degli anziani, sollevando interrogativi su quanto siano protette le persone più vulnerabili nelle strutture residenziali.

Il verdetto finale

Nel pomeriggio in cui è stata emessa la sentenza, il presidente del collegio, Gian Piero Scarlato, ha proclamato l’assoluzione per tutti gli imputati, stabilendo che non vi era prova concreta per sostenere le accuse mosse nei loro confronti. La decisione ha scosso la sensazione di malcontento già presente tra i familiari della vittima, lasciando aperto il dibattito sulla necessità di regolamentazioni più severe e controlli nella gestione delle case di riposo.

Quest’epilogo di un processo complesso ha offerto una visione su come la giustizia possa affrontare casi di negligenza professionale, ma ha anche messo in risalto l’urgenza di riforme nella cura degli anziani in Italia. Il caso ha evidenziato non solo la vulnerabilità degli anziani, ma anche le sfide legate alla responsabilità professionale, al fine di garantire che situazioni simili non possano verificarsi in futuro.

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