Le indagini della DDA di Napoli hanno portato alla luce l’attività criminale del clan Fabbrocino, un’organizzazione camorristica strutturata e radicata nel territorio vesuviano. Grazie a tre anni di indagini, l’inchiesta denominata “Palm Beach” ha concluso con l’emissione di tredici misure cautelari, nonostante il pubblico ministero avesse richiesto 27 arresti. I dettagli di questa operazione rivelano un sistema di controllo capillare delle attività illecite a Palma Campania e nei comuni limitrofi.
svelato il clan tradizionale: nomi e vertici
biagio bifulco e mario fabbrocino: i capi del sodalizio
Al vertice del clan Fabbrocino si trovano Biagio Bifulco e Mario Fabbrocino, entrambi figure di spicco nell’ambiente camorristico. Biagio Bifulco, scarcerato solo un anno e mezzo fa, continua a esercitare il suo potere attraverso l’intermediazione dei figli, mentre Mario Fabbrocino, omonimo dello zio fondatore, svolge il ruolo di capo sostituto. In occasione dell’arresto, Biagio Bifulco era in grado di detta ordini diretti ai membri del clan, in particolare attraverso permessi e comunicazioni riservate.
Questa struttura gerarchica ha permesso la gestione e la promozione di attività illecite come il traffico di droga e le estorsioni ai commercianti locali. Il clan, attivo a Palma Campania, San Gennaro Vesuviano e nei comuni limitrofi come Piazzolla di Nola, ha mantenuto il controllo attraverso la violenza e la paura, alimentando un clima di omertà tra la popolazione.
il sistema di estorsioni e controllo del territorio
L’organizzazione camorristica operava un sistema di estorsione ben organizzato, specialmente nel settore edilizio. Le figure di spicco, come Michele La Marca e Massimo Iovino, erano responsabili della mappatura delle nuove attività commerciali da sottoporre a estorsione. Le aziende nel settore delle costruzioni dovevano fornire materiali specifici, come il calcestruzzo, da ditte associate al clan, con una sorta di “tassa” sui profitti derivanti da tali operazioni.
Questa intrusione nel mercato ha permesso al clan non solo di ricavare guadagni dalle estorsioni ma anche di infiltrarsi negli appalti pubblici, grazie anche a complicità interne. Le modalità operative vertevano sull’uso di minacce e intimidazioni, con un particolare focus sulle persone vulnerabili e sugli imprenditori locali che volevano mantenere una reputazione nel mercato.
operazione palm beach: numerosi arresti e sequestri
il collasso del clan e il ruolo della dda
L’operazione Palm Beach ha rappresentato una tappa fondamentale nella lotta contro la criminalità organizzata a Napoli. Le indagini, avviate tre anni fa, hanno evidenziato i dettagli dell’organizzazione e la complessità delle sue operazioni quotidiane. La DDA ha documentato le pratiche estorsive attraverso una serie di testimoni e intercettazioni, preparando il terreno per le misure cautelari da parte del gip Leda Rossetti.
La responsabilità di gestire il clan è passata, in assenza di Biagio Bifulco, a Mario Fabbrocino, che ha continuato a gestire le operazioni con una rete di collaboratori e alleati. Le varie personalità coinvolte, come Francesco Maturo e Pasquale La Marca, hanno fornito supporto amministrativo e logistico, vigilando affinché gli ordini del vertice venissero eseguiti senza intoppi.
nomi e dettagli degli indagati
La lista degli indagati comprende ben 27 nomi, tra i quali figure consolidate nel tessuto del clan e nuovi elementi. Le misure di custodia cautelare emesse dal Tribunale hanno portato all’arresto di esponenti di primo piano, tra cui Fabbrocino Mario e Bifulco Biagio, nonché molti altri complici che si occupavano di vari aspetti della gestione criminale. Le accuse variano dall’estorsione alla gestione di traffico di droga, fino ad arrivare a minacce e atti intimidatori.
Inoltre, il giudice ha disposto il sequestro preventivo delle quote societarie di due aziende collegate al clan, nomine eseguite per garantire che non possano più generare profitto per l’associazione criminale. L’amministratore giudiziario designato, dott. Francesco Capone, avrà il compito di monitorare e gestire questi beni per garantire che non venga commessa alcuna violazione futura al fine del reinvestimento nell’attività illegale.
Le ripercussioni di questa operazione sono destinate a farsi sentire nel tempo, sia nel tessuto sociale che in quello economico delle aree colpite. La presa di coscienza e la reazione delle autorità contro il clan Fabbrocino si pongono come un importante passo avanti nella lotta contro le organizzazioni mafiose nel territorio campano.
Ultimo aggiornamento il 19 Settembre 2024 da Armando Proietti