Un uomo condannato per traffico di droga è stato catturato ieri dai carabinieri di Viareggio mentre si trovava tranquillamente in un ristorante affollato della zona della Darsena. L’albanese, che era latitante dal settembre 2024, non ha opposto resistenza ed è finito in manette, nonostante tentasse di vivere una quotidianità apparentemente normale. Al suo fianco c’era la fidanzata, ora accusata di favoreggiamento per averlo ospitato e sostenuto durante la fuga.
La cattura inattesa in un locale molto frequentato della darsena
I carabinieri hanno individuato l’uomo mentre pranzava seduto a un tavolo all’aperto, con la fidanzata che gli faceva compagnia. Il menu scelto era a base di pesce, in un ristorante gremito di avventori che non avrebbero mai immaginato la presenza di un latitante condannato per spaccio. L’uomo, nonostante fosse fuggitivo, si mostrava rilassato e immerso nella conversazione con la compagna; un atteggiamento che ha sorpreso gli investigatori come anche i clienti presenti.
Il latitante si mimetizza nella vita quotidiana
Questo dettaglio rafforza l’idea che il ricercato si era inserito con successo nella vita di tutti i giorni, probabilmente per non attirare attenzione. Solo la sorveglianza intensa dei militari ha permesso di coglierlo in quel momento preciso, evitandogli ulteriori spostamenti o tentativi di fuga. Non appena gli agenti sono intervenuti, il latitante ha accettato senza opporre resistenza l’arresto, un episodio raro trattandosi di una persona ricercata da mesi.
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Il ruolo della compagna e le accuse per favoreggiamento
La donna che lo accompagnava sarà chiamata a rispondere di favoreggiamento, in quanto ha fornito assistenza a chi doveva essere arrestato. Le indagini hanno evidenziato che per lungo tempo lei abbia abitato con lui e garantito sostegno materiale e ospitalità. Un comportamento che ha allungato i tempi della latitanza e complicato il lavoro degli investigatori.
Supporto concreto durante la latitanza
Per gli inquirenti quella della compagna non è stata una semplice presenza affettiva, ma un supporto concreto che ha consentito all’uomo di muoversi con maggiore agevolezza, nascondendosi in modo efficace. Le accuse contro di lei sottolineano come spesso nelle indagini su criminali latitanti si vada oltre il singolo soggetto per ricostruire tutta la rete che ne sostiene la fuga.
La strategia di fuga tra documenti falsi e continui spostamenti
Gli investigatori hanno potuto localizzare il ricercato solo dopo una serie di accertamenti mirati nell’area della provincia di Lucca, dove sembrava essersi stabilito. Durante i controlli è emerso che l’uomo possedeva una carta d’identità contraffatta con dati anagrafici falsi, strumento essenziale per muoversi senza destare sospetti.
Oggetti e auto per una vita in movimento
L’auto usata per gli spostamenti conteneva valigie cariche di vestiti e altri oggetti personali indispensabili per un’esistenza in movimento. Questo armamentario ha stimolato una breve ma attenta attività di pedinamento da parte dei carabinieri, che hanno seguito ogni mossa in attesa del momento giusto per intervenire. La scelta di un luogo pubblico e affollato, come un ristorante, era probabilmente un tentativo di passare inosservato tra la folla.
La condanna definitiva e il destino ora in carcere a lucca
L’uomo era già stato condannato a 6 anni di reclusione per traffico di sostanze stupefacenti e una multa da 26.000 euro, una sentenza definitiva che ne ha decretato la responsabilità. La latitanza era iniziata dopo la condanna, prolungandone la permanenza clandestina sul territorio.
Adesso, questo capitolo si chiude con l’arresto e il successivo trasferimento nel carcere di Lucca, dove sconterà la pena stabilita. La vicenda ha messo in luce un episodio di cronaca nel lucchese, confermando la presenza attiva delle forze dell’ordine nel contrastare il crimine organizzato e la fuga dei condannati.