Un giovane trentenne, rientrato in Italia dopo essere stato espulso dal Canada, è stato arrestato a roma con l’accusa di abusi sessuali su un minore. L’uomo aveva vissuto per cinque anni in casa di una famiglia italiana, dove aveva instaurato un rapporto di controllo e manipolazione sul figlio della coppia. La denuncia è scattata quando i genitori hanno scoperto prove di violenze sul cellulare del ragazzo.
La scoperta delle violenze all’interno della famiglia ospitante
Tutto è emerso dopo che i genitori del ragazzo hanno notato cambiamenti nel suo comportamento che li hanno allarmati. Per capire cosa stava succedendo, hanno controllato le chat sul telefono del figlio e hanno trovato messaggi che confermavano gli abusi subiti. Quella scoperta ha portato a una denuncia immediata alla polizia, che ha subito aperto un’indagine sui fatti. I genitori, pensando di proteggere il figlio, si sono affidati alle autorità per fare chiarezza e tutelare il ragazzo.
Le indagini hanno rivelato che la vittima subiva violenze da diversi anni, in un contesto domestico dove l’aggressore si era introdotto come figura presente e rassicurante. La polizia ha ascoltato testimoni e analizzato i dispositivi elettronici per raccogliere prove adeguate. Quel cellulare è diventato l’elemento chiave da cui è partita tutta l’operazione di accertamento, grazie anche alla collaborazione dei genitori fortemente intenzionati a far emergere la verità.
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Il metodo di manipolazione e controllo dell’accusato sul minore
Da quanto ricostruito dagli investigatori del III Distretto Fidene e dalla procura di roma, l’uomo aveva approfittato del rapporto di fiducia creato con il ragazzo per esercitare un controllo progressivo e sistematico. Le violenze sessuali, che duravano da anni, si consumavano nella stessa abitazione in cui il minore viveva. La strategia del trentenne includeva un controllo quasi ossessivo delle comunicazioni del ragazzo.
Lo strumento che ha usato per monitorare il ragazzo è stato l’installazione di un’applicazione spia sul cellulare della vittima. Questa app consentiva di leggere le chat del giovane e di intervenire sulle sue relazioni, limitando i suoi rapporti con coetanei e amici. Non si trattava solo di violenza fisica ma di un vero e proprio isolamento psicologico, volto a mantenere il completo dominio sulla vittima. Le indagini hanno precisato anche che il soggetto si faceva chiamare in modo affettuoso dal ragazzo per nascondere la gravità di quanto stava accadendo.
Le pressioni proseguite anche durante la permanenza in canada
Il trasferimento del trentenne in canada non ha interrotto questa condizione di abuso. Le autorità hanno accertato che l’uomo ha continuato a mantenere contatti e pressioni sulla vittima anche a distanza, utilizzando canali digitali per il controllo. Nonostante la distanza geografica, ha tentato di influenzare ancora il comportamento del ragazzo.
La situazione ha raggiunto un punto di rottura quando il minore ha deciso di interrompere ogni tipo di comunicazione con l’aggressore. Dopo questo gesto, il trentenne ha provato a ricontattare il ragazzo attraverso i suoi amici, cercando una nuova via per restare vicino e continuare il controllo. Questo comportamento ha mostrato la volontà dell’uomo di non lasciar andare la vittima, anche dopo l’allontanamento forzato dal territorio italiano.
L’arresto internazionale e il rimpatrio in italia per il processo
Grazie alla richiesta della procura di roma, il giudice per le indagini preliminari ha emesso una misura cautelare in carcere nei confronti del trentenne. Le forze dell’ordine italiane hanno collaborato con Interpol e il servizio di cooperazione internazionale di polizia per localizzare e arrestare l’uomo in canada. Il mandato d’arresto internazionale ha permesso di espellere il trentenne e riportarlo in italia, sua nazione d’origine.
All’arrivo all’aeroporto di fiumicino l’uomo è stato consegnato agli agenti del distretto Fidene e agli ufficiali di polizia di frontiera. Successivamente, è stato trasferito nella casa circondariale di Regina Coeli a roma, dove resta a disposizione dell’autorità giudiziaria che coordina le indagini. Qui dovrà rispondere dell’accusa di atti sessuali continuati su minore, reato grave passibile di pesanti pene.
Le ipotesi di reato e il percorso giudiziario
L’indagato, secondo quanto comunicato dalle autorità, resta presunto innocente fino a quando un tribunale stabilirà la sua colpevolezza attraverso un processo. Il capo d’imputazione sostiene che il trentenne abbia commesso in modo reiterato violenze su un ragazzo minorenne, abusando del rapporto di fiducia e della convivenza. Il titolo di reato è molto grave e, in caso di condanna, prevede una pena detentiva significativa.
Il fascicolo aperto dalla procura di roma proseguirà con approfondimenti e raccolta di testimonianze. Il giudice valuterà il materiale probatorio e deciderà se confermare o meno la custodia cautelare in carcere. Questo processo permetterà di chiarire tutti gli aspetti della vicenda, inclusi eventuali coinvolgimenti di altre persone o dinamiche ancora da accertare. Restano centrali i diritti della vittima e la tutela della sua privacy durante tutta la fase processuale.