Un cittadino albanese è stato preso dalla polizia italiana insieme a quella albanese a Durazzo, in Albania, per reati commessi nel Parmense tra il 2005 e il 2010. È accusato di aver violentato sua figlia minorenne, che all’epoca aveva meno di dieci anni. La vicenda si estende su un periodo di cinque anni e riguarda abusi consumati sia in Italia sia durante le visite in Albania. L’arresto arriva dopo anni di indagini e la sua fuga immediata dopo la condanna iniziale.
Azioni giudiziarie e le ricerche avviate in italia
Nel 2021, due anni dopo la condanna, la Corte di Appello di Bologna ha emesso un ordine di carcerazione per una pena residua di 4 anni e 10 mesi. Le autorità giudiziarie hanno ordinato l’arresto immediato dell’uomo, considerando la sua fuga e la gravità dei reati.
La squadra mobile di Parma ha subito attivato le ricerche ma senza risultati. Le indagini si sono orientate sull’analisi dettagliata dei suoi spostamenti e contatti, con l’obiettivo di capire dove si nascondesse. Gli approfondimenti suggerivano la presenza dell’uomo fuori dall’Italia e per questo è stato chiesto un mandato di cattura internazionale per la sua cattura.
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La situazione ha sottolineato le difficoltà nel seguire soggetti che si muovono tra diversi paesi, spesso con pochi documenti aggiornati o passando inosservati. Molto del lavoro investigativo è stato proprio la raccolta di piccoli indizi e la verifica incrociata di dati internazionali.
Il contesto della condanna e i reati commessi nel parmense
Gli abusi risalgono agli anni tra il 2005 e il 2010, periodo durante il quale il cittadino albanese viveva tra l’Italia, nel parmense, e l’Albania. Secondo la ricostruzione degli investigatori, ha abusato della figlia minorenne quando raggiungeva la famiglia in Albania e, persino, quando la famiglia si spostava verso l’Italia per visitarlo. Nel novembre 2018 la Corte di primo grado lo ha condannato a 5 anni e 10 mesi di carcere esclusivamente per i fatti avvenuti in Italia.
Dopo la sentenza il condannato è sparito, rendendosi irreperibile. Il fatto che la pena riguardi solo gli episodi accaduti sul territorio italiano ha complicato le indagini e il recupero. La condanna ha segnato l’inizio di una lunga serie di ricerche coordinate tra le forze di polizia italiane e quelle internazionali.
Il coordinamento tra polizie e l’arresto in albania
L’arresto è arrivato grazie alla cooperazione tra la squadra mobile di Parma e il Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia, parte della Direzione centrale della polizia criminale. Questo gruppo ha condotto le attività necessarie per individuare il ricercato in Albania a Durazzo.
Le indagini hanno permesso di raccogliere elementi precisi che hanno localizzato l’uomo, riconosciuto e fermato tramite l’unità Fast. Questa unità fa parte della rete europea che si occupa della ricerca e cattura di latitanti pericolosi. Lavorano con partner locali e con esperti della sicurezza che operano direttamente a Tirana, capitale albanese.
Ora sono in corso le procedure per l’estradizione del condannato verso l’Italia, dove dovrà scontare la pena ancora da eseguire. L’operazione rappresenta un esempio concreto di cooperazione internazionale tra forze dell’ordine per rispondere a casi di abuso e assicurare giustizia anche oltre i confini nazionali.