La recente scomparsa di Pierluigi Zuffada, ex militante delle Brigate Rosse, getta un’ombra su un capitolo oscuro della storia italiana. Zuffada, 79 anni, è stato coinvolto in uno dei momenti più drammatici degli anni di piombo: il sequestro dell’imprenditore Vallarino Gancia e le sue tragiche conseguenze. La sua morte avviene mentre il mondo della giustizia rinnova l’attenzione su eventi che hanno segnato il paese tra gli anni ’70 e ’80. Questo articolo esplorerà non solo la vita di Zuffada, ma anche il contesto storico che ha portato a questi eventi sanguinosi.
Il sequestro di Vallarino Gancia e la sparatoria di Cascina Spiotta
Il 5 giugno 1975, l’unità dei Carabinieri intervenne a Cascina Spiotta, in un tentativo di liberare il sequestro dell’imprenditore Vallarino Gancia. I brigatisti, ritenuti responsabili del rapimento, avevano pianificato l’operazione come un modo per raccogliere fondi e rafforzare la loro causa. Ma quel giorno si trasformò in uno scontro armato. Durante il conflitto, l’appuntato Giovanni D’Alfonso venne ucciso e la brigatista Mara Cagol, moglie di Renato Curcio, perse la vita in circostanze tragiche e controverse. I racconti di quel giorno continuano a divergere: alcuni affermano che Cagol venne colpita mentre tentava di fuggire, altri sostengono che si consacrò alla lotta fino all’ultimo.
La sparatoria a Cascina Spiotta non solo segnò una perdita tragica per le forze dell’ordine, ma destabilizzò anche le Brigate Rosse. La morte di Cagol ebbe ripercussioni dirette sulla leadership del gruppo. Renato Curcio, già in arresto nel 1974, venne nuovamente catturato nel 1976. Con la sua detenzione, il comando del gruppo passò a volti come Mario Moretti, che guiderà i brigatisti per gli anni a venire, incluso il periodo cruciale dell’omicidio di Aldo Moro nel 1978.
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La giustizia e le indagini sul passato
Negli anni successivi agli eventi di Cascina Spiotta, la giustizia italiana ha cercato di ricostruire i dettagli di quella giornata sanguinoso. Le indagini hanno visto un susseguirsi di nuovi testimoni e documentazioni emergenti che hanno costretto la Procura di Torino a riesaminare i ruoli di ex brigatisti ancora in vita. Zuffada, a lungo considerato un membro fondamentale delle Brigate Rosse, è stato accusato di avere un ruolo chiave nella logistica del sequestro. Tuttavia, la complessità e la lunghezza delle indagini hanno comportato un’azione giuridica che si è protratta fino al 30 ottobre 2024, quando Zuffada è stato prosciolto con l’accusa dichiarata prescritta.
Mentre il processo si sta preparando ad Alessandria per il 25 febbraio 2025, Renato Curcio, Mario Moretti e il militante Lauro Azzolini dovranno affrontare le accuse di concorso nell’omicidio di D’Alfonso, riaccendendo il dibattito sulle responsabilità legate agli eventi delle Brigate Rosse. La giustizia si muove in un contesto dove le ferite del passato continuano a sanguinare, con opinioni divergenti sulla necessità di processare ex terroristi e sulla rilevanza di queste azioni per le famiglie delle vittime.
L’eredità di Zuffada e il futuro delle Brigate Rosse
Con la morte di Pierluigi Zuffada, si chiude un altro capitolo legato a quel periodo turbolento. La sua scelta di restare in silenzio dopo il proscioglimento è significativa; rappresenta l’incertezza e la complessità del pentimento per chi ha vissuto a contatto con la violenza politica. Zuffada non era solo un ex militante ma anche un testimone diretto di un periodo in cui il terrorismo di matrice politica ha segnato profondamente il tessuto sociale italiano.
La sua figura, insieme a quella di altri ex brigatisti, rimane avvolta nel mistero: i motivi del silenzio possono riflettere il desiderio di distaccarsi dalla loro storia, o forse una resa dei conti interiore con il passato. Con ogni passaggio della giustizia, le domande su pentimento o ambiguità rimangono aperte.
Mentre la giustizia si prepara a riaprire un caso che per molti rappresenta ancora una ferita aperta, il futuro della discussione sui fatti delle Brigate Rosse continua a dibattersi. La memoria di quegli eventi rimane viva nelle menti e nei cuori di chi è stato colpito, mentre i nuovi processi getteranno nuova luce su storie che, per troppo tempo, sono rimaste nascoste nell’ombra.