Acciaierie d'italia segnala richiesta cassa integrazione per quasi 4mila lavoratori dopo incendio a taranto

Acciaierie d’italia segnala richiesta cassa integrazione per quasi 4mila lavoratori dopo incendio a taranto

Acciaierie d’Italia richiede cassa integrazione per 3926 dipendenti dopo l’incendio all’altoforno 1 di Taranto, con impatti anche su Genova, Novi Ligure e Racconigi e conseguenze economiche locali.
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Acciaierie d'Italia ha richiesto la cassa integrazione per quasi 4.000 dipendenti dopo un incendio all’altoforno di Taranto, che ha dimezzato la produzione e coinvolto anche gli stabilimenti di Genova, Novi Ligure e Racconigi. - Gaeta.it

Acciaierie d’italia ha annunciato ai sindacati la domanda di cassa integrazione per 3926 dipendenti sparsi in diversi stabilimenti. La misura si rende necessaria dopo un grave incendio che ha colpito l’altoforno 1 di taranto lo scorso 7 maggio. Quel giorno, lo scoppio di una tubiera ha causato un incendio che ha bloccato la produzione, ridotta a metà.

Il fermo produttivo a seguito dell’incendio nel sito di taranto

Il 7 maggio 2025, un incendio si è sviluppato all’interno dello stabilimento di taranto nelle acciaierie d’italia, in seguito allo scoppio di una tubiera nell’altoforno 1. Questo impianto è uno dei principali per la produzione di acciaio nell’area. Le autorità locali hanno disposto il sequestro dell’altoforno per permettere un’indagine sull’incidente e gli interventi di messa in sicurezza.

L’interruzione ha causato un abbassamento della produzione a metà rispetto ai livelli normali. L’azienda ha dovuto adottare un drastico ridimensionamento delle attività lavorative per contenere i costi e fare fronte alla sospensione temporanea dell’impianto. A quel punto, Acciaierie d’Italia ha comunicato un primo impatto importante sull’occupazione nello stabilimento tarantino, con 3538 lavoratori coinvolti dalla cassa integrazione.

L’estensione della misura ai siti di genova, novi ligure e racconigi

Oltre a taranto, la richiesta di ammortizzatori sociali ha coinvolto anche altri stabilimenti di acciaierie d’italia. Nel sito di genova, saranno interessati 178 dipendenti da questa misura temporanea. A novi ligure la cassa integrazione riguarda 165 lavoratori, mentre a racconigi il numero scende a 45.

La richiesta di cassa integrazione mira a gestire la riduzione delle attività con un impatto complessivo di quasi 4mila dipendenti nei quattro siti. Questa situazione riflette le difficoltà che l’azienda sta vivendo nel bilanciare la sicurezza dello stabilimento e la continuità produttiva.

I motivi alla base della riduzione della produzione e le implicazioni per i lavoratori

Il dimezzamento della produzione nasce dalla necessità di interrompere l’uso dell’altoforno 1 sequestrato, ostacolando così il normale ritmo lavorativo. La tubiera esplosa aveva causato un incendio di grande entità che ha reso indispensabile un intervento urgente per garantire la sicurezza dell’impianto.

La cassa integrazione è stata richiesta per tutelare i posti di lavoro nel mentre si effettuano le operazioni di bonifica e verifica tecnica. L’azienda si trova a dover affrontare inoltre l’incertezza sui tempi di riattivazione dello stabilimento tarantino, elemento che influenza anche gli altri siti collegati. Per i lavoratori questa fase rappresenta una sospensione temporanea delle attività, con un impatto sui redditi e sulla pianificazione personale.

Le conseguenze per il territorio e il sistema produttivo locale

Lo stabilimento di taranto rappresenta un pilastro economico per la zona, con migliaia di famiglie dipendenti dai salari garantiti dall’acciaieria. La sospensione di una parte rilevante della produzione impatta direttamente sull’indotto e sulla vita sociale della città.

In aggiunta, la situazione coinvolge altri luoghi importanti come genova, novi ligure e racconigi, segnalando un effetto a catena nell’organizzazione lavorativa. Il ricorso alla cassa integrazione viene quindi interpretato come strumento di gestione di un momento critico per l’azienda e il territorio.

L’evolversi degli accertamenti da parte della procura e le decisioni dell’azienda nelle prossime settimane saranno determinanti per orientare la ripresa delle attività produttive e l’uscita dallo stato emergenziale.

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