L’Abruzzo affronta una crisi che punta i riflettori sulle condizioni di vita e lavoro dei giovani. Il Rapporto annuale Istat 2025 delinea una realtà fatta di disoccupazione, instabilità contrattuale, difficoltà abitative e migrazioni verso altre regioni. La campagna referendaria dell’estate 2025, promossa dai Giovani Democratici d’Abruzzo, punta a invertire questa rotta con cinque quesiti che riguardano lavoro, sicurezza e cittadinanza.
La condizione dei giovani abruzzesi tra disoccupazione e precarietà abitativa
Il Rapporto Istat 2025 descrive un’emergenza che si palesa ogni giorno tra i giovani abruzzesi. Oltre al 15% di famiglie under 35 che vivono in povertà assoluta, un numero significativo di giovani soffre di gravi difficoltà nel trovare una casa dignitosa. In Abruzzo, il 12,1% dei giovani è in condizioni di grave deprivazione abitativa. Questo fatto spinge associazioni e rappresentanti politici a chiedere un riconoscimento del diritto alla casa nella Costituzione, come ha fatto la proposta “Ma quale casa”.
Il mercato del lavoro per i giovani della regione resta fragile, segnato dalla prevalenza di contratti precari e da una presenza femminile inferiore rispetto alla media nazionale. La lieve crescita dell’occupazione non compensa la qualità fragile dei posti di lavoro disponibili. Tra il 2019 e il 2024 sono state chiuse o abbandonate oltre 35.600 attività giovanili, un calo superiore al 24%, segno di difficoltà a mantenere iniziative imprenditoriali. Questo scenario genera una condizione di “precarietà esistenziale”, una stabilità assente che ostacola la progettualità personale e sociale per molti giovani.
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La fuga di cervelli e la perdita di potenziale umano
A questo quadro va aggiunto il fenomeno della mobilità in uscita, spesso definito come “fuga di cervelli”. L’Abruzzo vede un saldo migratorio interno negativo, con oltre 50.000 fuorisede per studio o lavoro. In cinque anni, più di 8.000 giovani sotto i 35 anni hanno lasciato il territorio regionale per l’estero, con una diminuzione di residenti under 35 di 55.000 persone nell’ultimo ventennio. Questi dati denunciano una mancata attrattività della regione e una perdita continua di potenziale umano in età economica e sociale.
I cinque quesiti referendari e il loro impatto sui diritti dei giovani
Gli appuntamenti referendari dell’8 e 9 giugno assumono un’importanza particolare nel contesto abruzzese. I cinque quesiti toccano temi essenziali del lavoro e dei diritti civili, cercando di invertire tendenze negative diffuse nel tessuto sociale. La proposta principale sul lavoro riguarda il reintegro contro i licenziamenti ingiusti, estendendolo anche alle imprese medio-grandi, con lo scopo di tutelare maggiormente i lavoratori.
Si chiede tutela anche per i lavoratori nelle piccole imprese, un gruppo finora escluso da alcune garanzie sul reintegro e con indennizzi insufficienti. Il referendum mira a ripristinare l’obbligo di indicare cause certe nei contratti a termine, per limitare l’abuso del precariato. Sottolinea anche la necessità di maggior sicurezza nei luoghi di lavoro, estendendo la responsabilità, anche in casi di appalti e subappalti, al fine di ridurre incidenti e negligenze.
Modifiche alla cittadinanza per i giovani stranieri
Infine, uno dei quesiti punta a modificare le condizioni per ottenere la cittadinanza: si propone di ridurre da 10 a 5 anni il periodo di residenza richiesto per gli stranieri che vivono regolarmente in Abruzzo e rispettano gli altri requisiti. Questo cambiamento si rivolge a molti giovani “di fatto” italiani, che chiedono un riconoscimento dei diritti civili nel territorio dove vivono e lavorano.
La mobilitazione dei giovani democratici abruzzesi e le iniziative sul territorio
La campagna referendaria è stata animata dai Giovani Democratici d’Abruzzo, coordinando banchetti, incontri pubblici e diffusione di informazioni sulle ragioni del voto. Saverio Gileno, segretario regionale, ha guidato l’impegno insieme a Monaim Mouatamid e Aurora Bruno, promotori particolarmente attivi per il referendum sulla cittadinanza.
La mobilitazione ha coinvolto decine di attivisti, che hanno raggiunto diverse località abruzzesi: da Archi a Vasto, da Montebello di Bertona a Montesilvano, passando per Isola del Gran Sasso, Martinsicuro, L’Aquila e Pescasseroli. I Giovani Democratici hanno collaborato con la CGIL, Arci e altre associazioni impegnate nella campagna referendaria, costruendo un fronte condiviso su temi cruciali per la regione.
Questa presenza capillare sul territorio ha diffuso con costanza le ragioni dei cinque SÌ, cercando di raggiungere chi vive quotidianamente le difficoltà segnalate dai dati Istat. Lo sforzo vuole tradurre le necessità dei giovani in scelte concrete, che passano anche attraverso la partecipazione al voto popolare. Il momento di giugno non si presenta come un semplice appuntamento politico, ma come un passaggio chiave per affrontare alcuni dei problemi che pesano sulla vita di migliaia di abruzzesi.
La sfida del voto per contrastare l’esodo e la marginalizzazione giovanile
Quello che si gioca nelle urne tra l’8 e il 9 giugno è uno snodo decisivo per il futuro della regione e dei suoi giovani. I quesiti referendari rappresentano un tentativo di affermare diritti che oggi mancano in vari ambiti della vita economica e sociale. Per molti giovani abruzzesi è una possibilità per opporsi a un sistema che li porta a lasciare la regione, a rassegnarsi al lavoro precario o a rinunciare a costruire qui la propria esistenza.
La scelta di votare SÌ si presenta come un modo per rivendicare protezioni più solide contro licenziamenti ingiusti, per la sicurezza sul lavoro e per condizioni contrattuali meno svantaggiose. Al contempo, il referendum sulla cittadinanza riconosce una realtà diffusa, quella dei tanti giovani di seconda generazione o immigrati che vivono l’Abruzzo come casa, senza però godere di piene garanzie civili.
L’esito di queste consultazioni disegnerà linee importanti per il modo in cui la regione potrà affrontare la sfida di fermare l’esodo e il declino demografico, condizioni che altrimenti mettono a rischio equilibri sociali e economici. Lo sguardo della comunità politica e civile resta fisso sulla partecipazione di chi, con il voto, può decidere la direzione di un cambiamento concreto.