a roma il movimento flame of hope avvia il pellegrinaggio di pace con un incontro in vaticano col papa

a roma il movimento flame of hope avvia il pellegrinaggio di pace con un incontro in vaticano col papa

Il movimento Flame of Hope, avviato a Roma con il sostegno del Papa, promuove un pellegrinaggio di pace attraverso città simbolo come Gerusalemme, Hiroshima e New York, coinvolgendo figure storiche e riflessioni sulla leadership globale.
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Il movimento Flame of Hope, avviato a Roma con il sostegno del Papa, promuove un pellegrinaggio di pace che unisce discendenti di figure storiche opposte, toccando città simbolo per riflettere su conflitti, leadership e riconciliazione globale. - Gaeta.it

Il movimento Flame of Hope ha preso il via a Roma con una conferenza e l’udienza generale in Vaticano, che ha visto il Papa salutare la delegazione presente. Il pellegrinaggio ha l’obiettivo di promuovere la pace passando da città simbolo come Gerusalemme, Hiroshima, New York e l’Expo di Osaka. Nella delegazione figura anche Jennifer Teege, scrittrice nigeriana, che ha sollevato riflessioni sulla difficoltà della leadership mondiale attuale.

L’itinerario di pace di hope80: una fiamma che unisce eredità opposte

Il progetto Hope80 nasce come pellegrinaggio di pace portato avanti dai discendenti di figure storiche appartenenti a schieramenti contrari durante la Seconda Guerra Mondiale. A ottant’anni dalla sua conclusione, persone provenienti da diverse nazioni si sono ritrovate a Roma per dare il via a un viaggio che toccherà luoghi carichi di significato per la pace mondiale. Dopo Roma, la fiaccola della speranza farà tappa a Gerusalemme, teatro di conflitti millenari, Hiroshima, luogo simbolo della distruzione nucleare, New York sede delle Nazioni Unite e infine all’Expo di Osaka.

Il cuore del pellegrinaggio e la fiamma della speranza

Il cuore del pellegrinaggio è la “Fiamma della Speranza”, un’unica fiaccola originata da 16 piccole fiamme provenienti da siti sacri e simbolici quali Betlemme e il Nepal. Questa fiamma rappresenta un messaggio condiviso per superare i contrasti e affermare una cultura di pace. Nella mattinata di oggi, i partecipanti hanno preso parte all’Udienza Generale in Piazza San Pietro, dove Papa Leone XIV ha dedicato loro parole di saluto e incoraggiamento, inserendo il movimento in una cornice di rilievo internazionale.

Riflessioni di jennifer teege su guerre, leadership e riconciliazione

Jennifer Teege, nipote di Amon Göth, ufficiale nazista noto per i crimini durante l’Olocausto e autrice di un libro sulla sua storia familiare, si è unita alla delegazione ponendo l’accento sulle difficoltà attuali nel mondo. Di origini nigeriane, ha commentato con i media vaticani che “oggi il conflitto armato appare più come un’attività commerciale che come un fenomeno di vera disputa politica”. Secondo Teege, uno dei problemi principali deriva dalla mancanza di leadership con tratti fondamentali quali empatia e intelligenza.

La scrittrice sottolinea che molti politici sembrano non agire nell’interesse dei propri popoli, riflettendo un vuoto nei valori morali e nelle capacità decisionali. La sua presenza in questo evento vuole essere un richiamo a rompere antiche stigmatizzazioni e a costruire nuove modalità di convivenza, capaci di superare i traumi del passato. Teege lamenta inoltre l’assenza di alcune figure chiave, come Magali Brosh, ambasciatrice per il Medio Oriente che rappresenta la condivisione tra popoli israeliani e palestinesi.

La sua analisi conferma che la pace rimane un obiettivo lontano. Secondo lei, la lezione della storia non è ancora stata appresa, e la guerra continua a manifestarsi come un circolo dannoso dal quale è difficile uscire. Il messaggio che porta è che “la riconciliazione richiede impegno reale e non è frutto di semplici desideri o intenzioni”.

Il ruolo di religions for peace europe e la creazione di spazi di fiducia

Luigi De Salvia, presidente di Religions for Peace Europe, ha accompagnato la delegazione all’incontro con il Papa, descrivendo un clima di gratitudine e speranza. De Salvia spiega che l’obiettivo del movimento non è solo osservare la sofferenza causata dai conflitti, ma anche attivare processi concreti che favoriscano il dialogo e la fiducia reciproca. Il cammino di Hope80 ha un doppio scopo: ricordare il passato attraverso persone legate ad eventi storici, ma anche promuovere un futuro migliore, basato su consapevolezza e cooperazione.

Nelle tappe successive, il gruppo affronterà momenti pubblici importanti, come l’incontro al Parlamento italiano previsto il 19 giugno, dove si discuterà di pace e diritti umani. Alla conferenza stampa di oggi a Roma erano presenti anche personaggi di spicco legati a figure storiche internazionali: Lucy Sandys, pronipote di Winston Churchill; Hidetoshi Tojo, discendente dell’ex primo ministro giapponese; e Tushar Gandhi, erede del Mahatma Gandhi. La presenza di queste personalità indica l’ampiezza delle implicazioni storiche e politiche del progetto.

La voce di tushar gandhi sulle guerre e l’urgenza di un cambiamento

Tushar Gandhi ha salutato con favore gli interventi del Papa in Vaticano, riconoscendone il contributo nel dare stimolo a un dibattito urgente. In un’intervista, ha commentato la situazione del Medio Oriente, segnata da conflitti che lasciano ferite profonde e che vengono spesso giustificati da logiche di sicurezza o interessi geopolitici. Gandhi richiama la memoria storica dei massacri e denunzia che spesso la guerra si perpetua in nome di cause che celano altre motivazioni, a scapito delle vittime innocenti.

Conflitto israelo-palestinese e manipolazioni storiche

Particolare attenzione è riservata al conflitto israelo-palestinese, dove la narrazione delle radici storiche viene manipolata per consolidare posizioni di forza. Gandhi mette in guardia dal rischio che queste dispute si trasformino in fonti di divisione e disgregazione all’interno delle società. La sua riflessione sottolinea come le guerre si siano trasformate in un vero e proprio business, in cui la politica utilizza le tensioni per mantenere consenso e potere.

Riguardo al ruolo di leader come Netanyahu, Gandhi critica una gestione improntata più alla sopravvivenza politica che a un reale processo di pace, con il rischio di trascinare l’intera regione in ulteriori conflitti. Secondo lui, la gestione di molte democrazie si avvicina a regimi autoritari proprio a causa della manipolazione delle paure e delle divisioni sociali.

Società civile, responsabilità e il contributo di flame of hope

Gandhi invita la società civile a intervenire con decisione nelle questioni politiche, sottolineando che l’opinione pubblica resta uno strumento cruciale per ottenere cambiamenti. L’appello è a superare l’indifferenza e a diventare portavoce delle vittime e di chi lotta per il diritto a una vita dignitosa. Nel suo discorso, riconosce un impegno nel Papa che ha saputo esprimere preoccupazioni reali senza rinunciare a un linguaggio diplomatico.

Movimenti come Flame of Hope rappresentano questo sforzo collettivo di mantenere viva la possibilità di una pace duratura. Gandhi evidenzia che anche chi non vive direttamente i conflitti deve farsi carico della responsabilità di intervenire, perché il silenzio favorisce chi vuole la guerra. Riprende infine una frase del nonno Mahatma Gandhi, secondo cui “la verità, anche se non rumorosa, resta una fonte di speranza”.

Il ruolo attribuito al movimento è dunque quello di far emergere la verità e coltivare speranze concrete, elementi fondamentali per provare a costruire un mondo meno diviso e violento. Flame of Hope procede così lungo un percorso segnato dalla memoria e da scelte coraggiose, di fronte a un presente complesso e incerto.

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