Negli ultimi dieci anni il valore del grano duro italiano quotato a foggia non ha subito variazioni significative. Dal maggio 2015 a maggio 2025, infatti, il prezzo alla borsa merci è rimasto sostanzialmente stabile, intorno ai 305-315 euro per tonnellata. Questa situazione avviene in un contesto in cui i costi per coltivare il grano sono però cresciuti in maniera consistente. Nel frattempo, i prezzi di prodotti come pasta e pane hanno raggiunto aumenti che superano il 30% e il 50%, lasciando gli agricoltori a fronteggiare una forbice sempre più ampia tra spese sostenute e ricavi effettivi.
La stagnazione delle quotazioni del grano duro alla borsa merci di foggia
A fine aprile 2015 la quotazione del grano duro fino alla borsa merci di foggia si attestava tra i 305 e 310 euro per tonnellata. Dieci anni dopo, il 30 aprile 2025, questa cifra si è appena spostata a 310-315 euro, un aumento praticamente inesistente se si tiene conto dell’inflazione e soprattutto dell’incremento dei costi di produzione. Per gli agricoltori italiani impegnati nella coltivazione del grano duro questa stabilità dei prezzi in realtà rappresenta una stagnazione che, sommata alle altre difficoltà di mercato, diventa un problema strutturale.
Aumento dei prezzi di pasta e pane
Nel frattempo, il prezzo della pasta è aumentato del 35%, passando da un costo medio al dettaglio di 1,20 euro al chilo nel 2015 a 1,62 euro nel 2025. Anche il pane ha subito un aumento più marcato, con un salto del 53% nel prezzo medio, salito da 2,75 a 4,20 euro per chilo nello stesso arco di tempo. Questi numeri segnalano una crisi della filiera: i consumatori pagano di più, ma il prezzo riconosciuto al coltivatore di grano rimane bloccato.
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Il disagio degli agricoltori e la pressione delle importazioni estere
Angelo Miano, presidente della Cia Agricoltori Italiani per la provincia di Foggia, ha sottolineato come questa situazione sia insostenibile per i produttori. Secondo lui, la enorme disparità tra costi di produzione e ricavi porta la cerealicoltura italiana verso un punto di collasso. Un fattore rilevante è la concorrenza crescente delle importazioni da paesi extra Ue, come la Turchia, che spesso entrano sul mercato senza i dojo controlli necessari.
La proposta di Miano prevede l’introduzione di dazi per proteggere la produzione italiana. Senza questo tipo di strumenti, le importazioni rischiano di travolgere il mercato nazionale, spingendo gli agricoltori fuori dal settore. È evidente, dice Miano, che senza una difesa adeguata la battaglia commerciale sarà persa, lasciando le colture italiane in uno stato di forte disagio. Nonostante la crescente richiesta di grano italiano da parte dei consumatori, la remunerazione resta bassissima.
Il ruolo delle importazioni
Le importazioni da paesi extra UE e le difficoltà di controllo rappresentano un problema significativo per la sostenibilità della produzione nazionale.
La minaccia della riduzione delle semine e le richieste delle associazioni di categoria
Gennaro Sicolo, presidente regionale e vicepresidente nazionale della Cia Agricoltori Italiani, parla di una vera e propria perdita di terreno. Anno dopo anno le semine di grano duro scendono a livelli minimi, segnale chiaro di una rinuncia da parte delle aziende agricole. Una situazione preoccupante, perché significa dipendenza crescente dalle importazioni estere per soddisfare il fabbisogno interno.
Proposte per la trasparenza e la tutela
Secondo Sicolo serve una trasparenza maggiore sui mercati e un riconoscimento reale dei costi sostenuti dagli agricoltori durante la coltivazione. Propone anche un sistema di tracciabilità più rigoroso e uno strumento che certifichi ufficialmente i costi di produzione. Questo assicurerebbe un dialogo più equilibrato nella negoziazione del prezzo e una tutela concreta per i coltivatori.
Se questa situazione di prezzi bassi dura ancora a lungo, la riduzione delle semine potrebbe accelerare ancora di più, portando a un crollo della produzione nazionale, come già accaduto in passato con altre colture chiave.
Le conseguenze per la filiera e le richieste urgenti al governo
La crisi del prezzo del grano duro ha ricadute importanti lungo tutta la filiera italiana del grano e della pasta. Un intervento del governo, dicono gli agricoltori, non può più aspettare. È necessario bloccare questa spirale al ribasso per evitare danni economici e occupazionali gravi. La dipendenza crescente dal grano straniero comporta inoltre rischi dal punto di vista della qualità e della sicurezza alimentare.
Non è raro che le importazioni provengano da canali poco chiari, con passaggi di merce da un paese all’altro che complicano i controlli. Al momento, il valore riconosciuto al grano italiano non copre nemmeno le spese di produzione. Ci sono poi la siccità e le carenze nelle infrastrutture ad aggravare ulteriormente la situazione.
Chiedere ai consumatori di scegliere pasta prodotta solo con grano italiano diventa per gli agricoltori un appello concreto a sostenere un settore che già oggi fatica a reggere. La difesa del prodotto nazionale passa anche dalla trasparenza e dalla correttezza lungo tutta la catena, dal campo fino alla tavola.
La situazione a foggia riflette tensioni e difficoltà diffuse anche in altre aree d’Italia, con ricadute dirette sulla capacità del paese di mantenere una produzione cerealicola che da sempre ha un peso rilevante nell’economia agricola nazionale.