La scelta di celebrare in un unico funerale le esequie di Elena Bellolli, uccisa dal marito Rubens Bertocchi a Cene, ha acceso un acceso dibattito nel comune bergamasco. Questa decisione ha diviso la comunità e coinvolto direttamente le famiglie, mentre emergono posizioni contrastanti sul significato di una funzione religiosa condivisa tra vittima e assassino.
L’evento e la scelta delle famiglie per il funerale comune a cene
Elena Bellolli, di 52 anni, è stata uccisa con sei colpi di pistola dal marito, Rubens Bertocchi, di 54 anni, nel territorio di Cene, in provincia di Bergamo. La tragedia ha scosso il piccolo centro, dove si è deciso di celebrare un solo funerale per entrambe le salme. La decisione, concordata tra le famiglie dei due coniugi e il parroco don Primo Moioli, ha sorpreso molti e sollevato numerose critiche.
Secondo quanto riferito dal parroco, la scelta di un funerale unico nasce dalla volontà di rispettare il dolore e le richieste esplicite delle due famiglie, entrambe profondamente segnate dalla tragedia. I genitori di Elena, entrambi anziani e provati dal lutto, avrebbero insistito per questa soluzione, chiedendo al parroco di raccogliere le due comunità in un solo momento di preghiera. Questa particolare modalità ha però generato un contraccolpo emotivo e un confronto acceso nel tessuto sociale di Cene.
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Le reazioni del parroco e le critiche dall’opinione pubblica
Don Primo Moioli ha difeso la sua scelta con fermezza, ribadendo che non prova alcun rimpianto per aver organizzato un funerale congiunto. Ha sottolineato di aver valutato come opzione quella di due cerimonie separate, più semplice dal punto di vista logistico e pastorale, ma ha preferito ascoltare la richiesta delle famiglie, riconoscendo il peso del loro dolore.
Il parroco ha inoltre spiegato che la sua decisione rappresenta un “segno di fede”, una volontà di accogliere entrambe le anime nel contesto della comunità cristiana, indipendentemente dai fatti. Questa posizione ha però scatenato una risposta contraria da parte di più voci, soprattutto da chi ritiene che la convivenza simbolica nella stessa funzione religiosa equivalga a una nuova ferita per i parenti della vittima.
La stampa locale ha riportato con attenzione, da una parte, il coraggio del parroco nell’affrontare una scelta delicata e, dall’altra, le accuse di insensibilità da parte di qualcuno che crede che la funzione condivisa rappresenti un’offesa alla memoria di Elena Bellolli. Il dibattito solleva questioni difficili legate all’equilibrio tra pietà religiosa, giustizia morale e sensibilità dei familiari.
Impatto sociale e riflessioni sul lutto condiviso in casi di cronaca nera
Il caso di Cene non è isolato nella cronaca italiana, anche se la decisione di un funerale comune per vittima e colpevole è rara e delicata. Questo episodio mostra le tensioni che possono emergere quando le comunità tentano di conciliare sentimenti contrastanti dopo un delitto familiare.
La funzione congiunta, percepita come gesto di fede da alcuni, da altri viene letta come una mancanza di rispetto. Il dolore dei parenti di Elena ha una valenza molto pratica, legata a un evento che li ha privati di una persona cara in modo tragico. Anche il parroco, pur consapevole di questa sofferenza, ha cercato di offrire una risposta pastorale che includesse la dimensione spirituale di perdono e accoglienza.
Il ruolo del parroco e la gestione pastorale del caso a cene
Don Primo Moioli si è trovato al centro di una disputa morale e pubblica, a causa della decisione di unire in un’unica funzione religiosa la commemorazione di due persone legate da un evento tragico. Il suo ruolo di guida spirituale lo ha portato a considerare le richieste delle famiglie, accettando di farsi interprete di un dolore complesso.
Il parroco ha affermato che alle spalle della sua scelta ci sono anni di esperienza pastorale e una forte attenzione verso i bisogni delle persone coinvolte. Ha affrontato critiche dirette in particolare da parte di chi non vede di buon occhio la “gogna mediatica” che è scattata attorno alla vicenda. Don Moioli ha sottolineato il rapporto personale con i genitori di Elena, provati dalla perdita e desiderosi di trovare una forma di sollievo nella preghiera comune.
Questo episodio dimostra quanto il ruolo dei rappresentanti religiosi possa risultare delicato in situazioni di forte conflitto emotivo. La gestione del lutto, specie in contesti drammatici, richiede un equilibrio tra rispetto, sensibilità e volontà di offrire un momento di raccoglimento che possa coinvolgere tutta la comunità senza suscitare nuove tensioni. A Cene, questa sfida resta aperta nel confronto tra diversi punti di vista ed emozioni contrastanti.