Tra Trento e l’Indiana: il viaggio di Matteo Conci, il portiere che ha reinventato il ruolo dagli undici metri

di Emiliano Belmonte

Quando nel calcio giovanile italiano si pronuncia il nome Matteo Conci, molti pensano subito a una scena precisa: un ragazzo di sedici anni, maglia della Rappresentativa Allievi Trentino, che para rigori a raffica contro il Sassuolo al Trofeo Beppe Viola, uno dei tornei Under 17 più prestigiosi d’Europa.

In quella partita, Conci neutralizza un rigore nei tempi regolamentari e altri tre nella serie finale, diventando il protagonista assoluto della giornata. I giornali locali lo ribattezzano subito “portiere para-rigori” e “calciatore trentino del momento”. I grandi media nazionali si accorgono di lui, raccontando la sua impresa paragonandolo ai grandi specialisti italiani dagli undici metri come Toldo. Per un portiere ancora minorenne, è un livello di attenzione riservato a pochissimi.

Quello, l’inizio di un percorso che porterà Conci a diventare uno dei portieri più dominanti del college soccer negli Stati Uniti, punto di riferimento per allenatori e compagni e caso di studio per chi si occupa di preparazione dei portieri.

 

Trento, Sassuolo e il giorno in cui tutto cambia

Matteo cresce nel settore giovanile dell’A.C. Trento 1921, club storico che con la prima squadra ha calcato i campi di Serie C, due gradini sotto la Serie A. In pochi anni scala tutte le categorie giovanili, fino a diventare titolare negli Allievi Elite e nella selezione provinciale Rappresentativa Allievi Trentino.

Il Trofeo Beppe Viola è il suo biglietto da visita internazionale. Di fronte c’è il Sassuolo, con in attacco un certo Giacomo Raspadori, destinato a vincere un Europeo con la Nazionale maggiore e lo scudetto in Serie A. Conci però non guarda ai curricula: studia i tiratori, resta freddo sulla linea, si affida a lettura del corpo e timing. Il risultato è una delle prestazioni più memorabili della storia recente del torneo: quattro rigori parati in un’unica partita.

I media se ne innamorano. La Repubblica ne racconta i sogni e la disciplina (“adesso fa il para-rigori”), Fox Sports sottolinea come “chiuda la saracinesca” davanti agli attaccanti emiliani, i quotidiani trentini titolano sulle “parate di Super-Conci”. Il torneo lo premia inserendolo nella Top 11 ufficiale, unico portiere in una selezione di talenti provenienti da alcuni dei migliori vivai europei.

Per un ragazzo di provincia, è un segnale chiarissimo: non è più solo una promessa locale, ma un prospetto che si misura con l’élite continentale.

 

L’America e i numeri da record: 34 clean sheet, 275 parate

Dopo l’Italia, per Conci si apre una sfida radicale: trasferirsi negli Stati Uniti e difendere la porta di Grace College, in Indiana, nel sistema NAIA/NCCAA. Cambiano lingua, cultura e modello sportivo, ma non cambia il ruolo: ancora una volta viene scelto come portiere titolare.

Nel giro di quattro stagioni Conci riscrive completamente il libro dei record del programma. I numeri ufficiali parlano da soli:

  • 81 partite giocate e circa 7.400 minuti in campo;
  • una media gol subiti (GAA) attorno a 1,08 a partita su un campione enorme;
  • 275 parate complessive;
  • soprattutto, un nuovo record assoluto con 34 clean sheet in carriera, distruggendo il precedente primato fermo da decenni a 20 partite senza gol subiti.

Per un allenatore o un direttore tecnico, sono cifre che identificano un profilo fuori dalla norma. Non a caso, le organizzazioni nazionali lo premiano: Conci viene inserito più volte nelle selezioni All-American, riceve premi settimanali a livello nazionale per le sue prestazioni contro squadre top-5 e viene riconosciuto come uno dei migliori portieri del paese.

Nel panorama del college soccer, dove raramente un portiere mantiene numeri del genere su quattro anni, Conci diventa il metro di misura: a Grace College, d’ora in poi, qualsiasi estremo difensore verrà inevitabilmente paragonato ai suoi 34 clean sheet.

 

Il “metodo Conci”: quando i rigori diventano scienza

Se i numeri raccontano un portiere affidabile e dominante nel lungo periodo, sono i rigori a definire la sua identità tecnica. Quella che al Beppe Viola sembrava un’esplosione di talento istintivo, in realtà è il frutto di un approccio sistematico che Conci ha raffinato negli anni. Glielo facciamo raccontare direttamente.

Matteo, da fuori sembra che tu “senta” i rigori. Quanto c’è di istinto e quanto di studio?«L’istinto conta, ma se ti fermi lì non basta. Io cerco sempre prima di tutto il vantaggio informativo. Se posso, guardo video dei rigoristi: come corrono, dove hanno tirato in passato, cosa fanno quando sono sotto pressione. Mi appunto piccole cose, anche solo due o tre dettagli per giocatore

Quali sono questi dettagli?«La rincorsa e il linguaggio del corpo negli ultimi passi. Cerco di capire quando prendere la decisione, non solo dove buttarmi. Lavoro molto sull’idea di aspettare un attimo in più: se tutti decidono un frame prima, io provo a decidere un frame dopo. È rischioso, ma se ti alleni tanto su questo riesci a leggere l’anca, la spalla, la posizione del piede d’appoggio. Non è magia, è allenare l’occhio

E la testa? Come si allena la parte mentale del rigore?

«Tantissimo. Ho una routine fissa: respiro, conto i passi dell’avversario, mi ripeto una parola chiave che mi tiene presente il piano che ho scelto. In allenamento cerco di simulare la pressione: serie di rigori con compagni che guardano, penalità se sbaglio lettura, piccoli giochi per non far diventare il rigore una lotteria ma una situazione che conosco bene. Alla fine vuoi arrivare sul dischetto e pensare: ‘Questa scena l’ho già vista dieci volte in settimana’.»

Questo non rimane un segreto gelosamente custodito. In club come Flatirons FC (USL League Two) e Lubbock Matadors (NPSL, U.S. Open Cup), Conci porta questo approccio dentro il lavoro quotidiano dei portieri: analisi condivise, schede sugli avversari, esercitazioni ad hoc. Alcuni allenatori parlano esplicitamente di “routine di Matteo” quando programmano la settimana che precede una partita a rischio rigori.

È qui che il profilo del “pararigori” si trasforma in qualcos’altro: non più solo un talento che “sente” i rigori, ma un portiere-ricercatore che codifica, insegna e diffonde un modello di preparazione specifica. Il suo contributo va così al di là delle parate, influenzando la cultura della preparazione tra i pali.

 

Dalla porta al ruolo di mentore: valutare, insegnare, far crescere

Negli ultimi anni, accanto al rendimento in campo, è cresciuta un’altra dimensione del lavoro di Conci: quella di allenatore e valutatore di talenti. In realtà giovanili come Warsaw Wave Soccer Club, in Indiana, gli viene affidato il compito di giudicare il livello e la “prontezza” dei giovani portieri e giocatori di movimento.

Partecipa a panel di selezione, guida giornate di valutazione specifica per i portieri, compila schede con giudizi tecnici che determinano chi viene promosso nelle squadre d’élite, chi resta in formazioni di sviluppo, chi deve ancora lavorare prima di affrontare certe competizioni. È un ruolo di cui Conci va molto fiero, e lo riconosce come parametro tecnico dai dirigenti di squadra.

Allo stesso tempo, il suo percorso accademico negli Stati Uniti lo porta a coordinare progetti come l’Indiana College Cup, un torneo ideato per avvicinare realtà NCAA di diverse divisioni e college NAIA, creando nuove opportunità di confronto per il calcio maschile universitario nello Stato.

 

Un portiere globale nella generazione dei dati

Nel calcio di oggi, in cui tutto viene misurato, l’impatto di un portiere è ancorato a dati precisi. La storia di Matteo Conci regge alla prova dei numeri, ma anche a quella dei contesti: ha brillato in un torneo giovanile europeo d’élite, ha dominato statisticamente in un programma universitario americano, è stato scelto da club ambiziosi del percorso pre-professionistico USA e ha iniziato a influenzare il modo in cui altri portieri si preparano ai momenti decisivi.

Dai campi di Trento alle notti dell’Indiana, dai rigori parati a un futuro da specialista e formatore, il filo rosso è sempre lo stesso: la capacità di stare nel ruolo più esposto del calcio – la porta – con un misto di freddezza, studio e creatività.

In un’epoca in cui l’Italia continua a cercare nuovi interpreti affidabili tra i pali e in cui il calcio statunitense investe come mai prima sul ruolo del portiere, il nome di Matteo Conci è uno di quelli che vale la pena segnare in agenda: un “pararigori” che, numeri alla mano, si è guadagnato un posto nella ristrettissima élite dei portieri della sua generazione.