Un giovane di 22 anni di origine extracomunitaria è stato trovato impiccato lunedì mattina nel carcere di san vittore a Milano. Il pronto intervento del personale penitenziario ha permesso di soccorrerlo tempestivamente, e il ragazzo è stato trasferito d’urgenza in ospedale in condizioni gravissime. Ieri sera il suo cuore ha cessato di battere. Questo episodio si aggiunge a una catena drammatica: dall’inizio dell’anno sono già 36 i suicidi tra i detenuti italiani, un numero che evidenzia la profondità della crisi dentro le mura delle carceri. Nel bilancio tragico rientrano inoltre due agenti della polizia penitenziaria, che hanno perso la vita in seguito a condizioni di lavoro estreme.
Condizioni di detenzione e difficoltà del personale penitenziario
Il carcere di san vittore, come molte altre strutture italiane, soffre di problemi strutturali gravissimi. Le modalità di detenzione spesso violano i diritti fondamentali, con regole che risultano largamente inumane. Le persone recluse rischiano di cadere in situazioni di disagio psicologico che portano a gesti estremi come il suicidio, un fenomeno che fa emergere con forza la fragilità del sistema penitenziario. Dal canto loro, gli agenti penitenziari lavorano in condizioni estenuanti, senza il supporto adeguato e con un carico di responsabilità che mette a rischio la loro stessa salute mentale e fisica. Due operatori morti testimoniano la reale pericolosità di questa professione, spesso trascurata nelle politiche pubbliche.
Sovraffollamento e carenza di personale: un sistema al limite
I numeri denunciati da Gennarino De Fazio, segretario della Uilpa Polizia Penitenziaria, descrivono una situazione al collasso. Le carceri italiane ospitano 16mila detenuti oltre la loro capienza massima, un sovraffollamento che rende ogni giorno più arduo garantire sicurezza e dignità. Nel contempo mancano circa 18mila agenti di polizia penitenziaria. Questa carenza si aggrava per via di assegnazioni di personale a uffici ministeriali o altri incarichi extrapenitenziari, che sottraggono risorse proprio dove la pressione è più alta. Il risultato è un sistema che cade a pezzi, con equilibri precari e tensioni costanti. Il personale rimasto fatica a gestire tutte le necessità, e i detenuti pagano il prezzo più alto.
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Le parole di De Fazio mettono in allerta sull’evoluzione di un problema che appare lontano dall’essere risolto. Le condizioni dentro i penitenziari continuano a peggiorare, mentre le risorse umane ed economiche restano inadeguate. Il rischio di nuovi episodi tragici non si può escludere. Questa emergenza riguarda non solo chi è ristretto dentro le celle ma pure chi lavora per garantire l’ordine e la sicurezza, a volte in situazioni davvero disumane. Lo stato di diritto rischia così di essere calpestato più volte, con dolore, sofferenza e un sistema che non riesce a proteggere né i detenuti né gli operatori. La situazione italiana resta dunque un banco di prova urgente, che richiede risposte immediate e non rinviabili.