Nella Maiella orientale, provincia di Chieti, cresce l’impegno per salvaguardare e moltiplicare la coltivazione di vitigni rari e antichi presenti nelle zone montane e pedemontane. Questo sforzo coinvolge comunità locali, il Parco nazionale della Maiella e la Bio Cantina Sociale Orsogna, puntando a conservare un patrimonio agricolo e culturale che si intreccia con la storia di questo territorio. La riconquista di queste varietà si accompagna al recupero di un paesaggio plasmato da secoli di lavoro contadino e dal rispetto dell’ambiente naturale.
Rilancio di vitigni unici nelle comunità della maiella orientale
Le aree di Montenerodomo, Lama dei Peligni, Civitella Messer Raimondo e Altino ospitano da tempo vitigni rari come la “Ghiuppitte de Mundeneire“, la “Middialonghe” e l’”Uva Dellacea“. Queste varietà, spesso trascurate per l’agricoltura intensiva, sono tornate al centro di un progetto dedicato al recupero e all’espansione della coltivazione biologica. Il ritorno a queste piante permette di mantenere viva una tradizione enologica legata a una precisa identità culturale locale.
La storia nei vigneti antichi
Gli antichi vigneti non rappresentano solo una scelta agricola, ma narrano il lavoro di generazioni di coltivatori che hanno modellato i campi e i vigneti della Maiella. L’interesse a ridare vigore a questi vitigni valorizza un sapere contadino che ha resistito ai cambiamenti moderni, creando un legame diretto tra cultura e biodiversità. Le convenzioni firmate tra la Bio Cantina Sociale Orsogna, i Comuni coinvolti e il Parco nazionale della Maiella segnano un passo concreto per riportare quella sapienza nei campi, facendo tesoro di tradizioni che rischiavano di sparire.
Leggi anche:
Grotta del cavallone e l’invecchiamento di vini da vitigni antichi
Un’altra tappa di questo progetto si svolge presso la Grotta del Cavallone, lungo la Valle di Taranta, diventata meta turistica e luogo simbolico della letteratura grazie alla tragedia pastorale “La figlia di Iorio” di Gabriele d’Annunzio. Qui, il Parco nazionale della Maiella e i Comuni di Taranta Peligna e Lama dei Peligni collaborano per invecchiare i vini ricavati dai vitigni recuperati in queste zone.
Legame tra natura, arte e vino
La scelta di utilizzare la Grotta del Cavallone per affinare i vini lega la valorizzazione enologica a una tradizione culturale che unisce natura e arte. L’invecchiamento in questo ambiente rappresenta un modo per esaltare le caratteristiche uniche dei prodotti, mantenendo stretti i legami con il territorio e la storia locale. Questa iniziativa si inserisce nel contesto più ampio del progetto “Pe’ nin perde la sumente“, concepito per mantenere viva la biodiversità naturale e agricola, insieme al patrimonio culturale delle comunità della Maiella.
Il ruolo della bio cantina sociale orsogna nel recupero dei vitigni locali
La Bio Cantina Sociale Orsogna si conferma protagonista nella tutela della biodiversità viticola, da anni impegnata nella coltivazione biologica e biodinamica su circa 1.500 ettari di vigneti, con un gruppo di circa 300 soci attivi. La cantina ha riscoperto vitigni a rischio scomparsa, come il “Nero antico di Pretalucente” e la “Vedovella” a Gessopalena, o la “Verdacchiona” a Roccamontepiano.
Secondo Camillo Zulli, enologo e direttore della cantina, “il lavoro si fonda anche su una conoscenza tramandata, legata a tecniche agricole adottate in territori difficili, dove l’agricoltura intensiva non ha fatto breccia.” Attorno a queste piante c’è un patrimonio che rappresenta una parte importante non solo per il territorio ma per l’intera umanità. Grazie a queste coltivazioni, “si preserva un pezzo di storia contadina che ha plasmato il paesaggio e che si avvia a una nuova vita, con l’obiettivo di mantenere la biodiversità e rafforzare la produzione locale.”
Collaborazione istituzionale per la tutela dell’agricoltura e contro lo spopolamento
L’intesa tra Bio Cantina Sociale Orsogna, Parco nazionale della Maiella e i Comuni di Lama dei Peligni, Montenerodomo, Civitella Messer Raimondo, Altino e Taranta Peligna dimostra un impegno condiviso verso la valorizzazione di attività tradizionali e sostenibili. Oltre ai rappresentanti della cantina, alla presentazione hanno partecipato dirigenti del parco, sindaci e l’etnobotanico Aurelio Manzi.
Luciano Di Martino, direttore del Parco nazionale della Maiella, ha rimarcato l’importanza di “recuperare terreni abbandonati e riportare in vita varietà autoctone, così da combattere il declino delle attività agrosilvopastorali.” L’area orientale della Maiella fa parte della Strategia nazionale delle aree interne , dove contrastare lo spopolamento richiede azioni concrete a favore di produzioni rurali compatibili con il territorio e l’ambiente. Il progetto punta inoltre a preservare e rilanciare un sistema produttivo tradizionale, inserito in una cornice di tutela ambientale.